vanity, 29 aprile 2006
Franco Marini presidente del Senato
• Franco Marini è stato eletto presidente del Senato alla terza votazione, dopo un venerdì allo stesso tempo grottesco e drammatico in cui la seconda votazione è stata annullata e ripetuta per l’impossibilità di decidere se tre schede che riportavano il nome “Francesco Marini” fossero o no attribuibili a Franco Marini. S’è scoperto che il “Franco” di Franco Marini è il San Franco d’Assergi del 5 giugno e non il San Francesco d’Assisi del 4 ottobre. Ma a chi intendevano riferirsi i tre senatori che, potendo scrivere Franco, hanno invece scritto Francesco? Su disquisizioni come queste – che hanno indotto Feltri a uscire con il titolo “La Repubblica di Ridolini” – se ne sono andati il pomeriggio e la notte del venerdì. E il bello è che nella ripetizione notturna della seconda votazione è riapparso, beffardo, un “Francesco Marini”. Tutti hanno capito che i Francesco Marini, così come i “Marini senatore Franco” e via variando, erano voti firmati che servivano o a far capire ai sospettosi capi del centrosinistra che si era fatto il proprio dovere oppure, come ha detto Sebastiano Messina di Repubblica, ad avvertire Prodi che il voto che si dava era mezzo e che per averlo intero bisognava garantire qualche contropartita importante. Commercio puro e semplice, insomma. Benché non vi fosse alcuna prova, Mastella, capo dell’Udeur, è stato il più sospettato di questi giochetti e a un certo punto è quasi venuto alle mani, dentro Palazzo Madama, con un senatore della sua stessa parte politica. Intanto Andreotti, rivale nell’occasione di Franco Marini, ha dato una gran prova di sé rimanendo immobile per dodici ore consecutive sul suo scranno, tutto storto com’è e a 87 anni di età. A un cronista che era andato a chiedergli un commento ha solo risposto, con una delle sue battute: "Non si tratta di franchi tiratori, ma casomai di “franceschi tiratori”. Marini ha poi pronunciato un discorso di grande esaltazione del dialogo tra le parti, “condizione essenziale della democrazia bipolare che io stesso ho contribuito a fondare”.
• Bertinotti è il nuovo presidente della Camera, eletto come previsto alla quarta votazione. Non era previsto invece che D’Alema prendesse un centinaio di voti e che un bel po’ di questi voti venissero dal centrodestra. Il Foglio, con un articolo di Lanfranco Pace, ha ufficialmente candidato D’Alema al Quirinale, anzi ha chiesto al centrodestra di candidare D’Alema al Quirinale. Il ragionamento è questo: il paese è spaccato, i due leader non si parlano, la paralisi è probabile e d’altra parte l’economia va male, l’Europa ci pressa e un governo ci vuole e ci vuole al più presto; in una situazione simile scegliere per il Quirinale una personalità di secondo piano può essere un suicidio; d’altra parte il presidente deve essere del centrosinistra, che ha vinto; dunque D’Alema, perché è l’uomo che, sia ai tempi della Bicamerale sia poche settimane fa con un’intervista al Corriere della Sera, ha mostrato una chiara volontà di dialogare e di ricucire la spaccatura del paese. Il centrodestra ha accolto bene la proposta del Foglio e i cento voti della Camera dicono che esiste, da quel lato, una interessante disponibilità. Però Berlusconi sta zitto. E soprattutto sta zitto Prodi. Il centrosinistra voterebbe D’Alema presidente della Repubblica? Mistero.
• La questione adesso è: quando Prodi riceverà l’incarico di formare il governo? Il capo del centrosinistra vorrebbe essere chiamato subito, dall’attuale presidente della Repubblica Ciampi. Ma Ciampi, che preferirebbe in ogni caso lasciare questo compito al suo successore, aveva tuttavia ammesso che avrebbe corso il rischio di dare l’incarico solo se avesse avuto la sicurezza assoluta dei tempi. E cioè voto di fiducia di Camera e Senato prima del 13 maggio, giorno in cui dovrà necessariamente dimettersi. Ora, dopo quello che s’è visto soprattutto al Senato, si può star tranquilli che il governo passerà all’esame del voto di fiducia senza problemi? Se Ciampi risponderà di no a questa domanda, il compito di incaricare Prodi passerà al suo successore. [Giorgio Dell’Arti]