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 2006  agosto 19 Sabato calendario

Sgozzata dal padre a 21 anni

• Muhammad Saleem, 55 anni, un pakistano operaio e piccolo imprenditore a Brescia, ha convocato a casa la figlia Hina, 21 anni, dicendole che era arrivato un parente, e qui l’ha sgozzata facendosi aiutare da due cognati, Muhammad Tariq e Mahmood Zaid. I tre hanno sepolto Hina nel giardino di casa con la testa girata verso la Mecca. Ma il fidanzato di Hina, il carpentiere Beppe Tempini, ne ha denunciato subito la scomparsa e questo ha scatenato le indagini in mezzo alla comunità pakistana di Brescia (novemila persone) e indotto i capi della comunità a rinunciare a ogni forma di protezione o aiuto. A due dei tre assassini che non avevano ancora varcato il confine per tornare in patria (il padre e lo zio Tariq), la comunità ha imposto di consegnarsi per non avere altri guai. Al momento dell’arresto il padre Muhammad ha detto: “Non volevo che diventasse come le ragazze di qui. Le avevo chiesto di cambiare vita, ma lei non voleva”. Il padre le aveva trovato uno sposo pakistano, Hina viveva già da cinque mesi con Tempini.

• Tempini ha 32 anni e un matrimonio fallito alle spalle. Hina lavoravava come cameriera nel bar pizzeria Antica India. Girava in jeans, magliettina con l’ombelico di fuori, infradito. Era nata in Pakistan, ma parlava italiano perfettamente. Voleva essere italiana. Tre anni fa era scappata di casa e quando era stata ritrovata aveva raccontato ai carabinieri che il padre la accusava di far troppo la cristiana. “Mi ha anche messo le mani addosso. Io gli dicevo: cosa stai facendo? Sono tua figlia, lo dico alla mamma. E lui: la mamma lo sa già”. La mamma, Bushra Begum, è prima scappata in Pakistan con tutta la famiglia poi, domenica sera, ha fatto sapere che rientrerà e si costituirà contro il marito.

• Anche il governo italiano vuole costituirsi parte civile contro papà Saleem, mossa piena di significati, il più importante dei quali è che questo delitto tocca tutta la comunità degli italiani. L’assassinio di Hina ha infatti aperto un milione di questioni. Una prima riguarda il conflitto – fino ad ora a noi invisibile – tra la prima e la seconda generazione di immigrati. Una seconda è relativa alla cittadinanza, che Saleem aveva chiesto e che avrebbe ottenuto (sta in Italia dal 90): la cittadinanza può essere concessa a chi non ha nessuna intenzione di integrarsi, di accettare un minimo gli usi e i costumi della comunità ospite? Terzo: commentatori di larghe vedute si sono affrettati a dire che anche da noi ci sono padri assassini di figlie e che abbiamo abolito il delitto d’onore solo nell’81, eccetera eccetera. un modo facile per sfuggire al problema “chi siamo noi" e “chi sono loro". Hina è stata ammazzata non solo dal padre, ma dall’intera sua famiglia, alla fine di un processo di cui non conosciamo i verbali ma che, dati i comportamenti emersi, non può non esserci stato. La sentenza di morte pronunciata dalla famiglia si basa sul concetto che la fornicazione fuori dal matrimonio (zina) è punita con 80 frustate secondo la sharia, con la lapidazione secondo la sunna. In Pakistan (e in India e ovunque in quel mondo), morti come quelle di Hina sono all’ordine del giorno. Sta nel nostro modo di essere, nel nostro principio di tolleranza, cercare di capire anche il punto di vista del padre assassino. E questo è giusto, è anzi la differenza essenziale che c’è tra noi e loro. Ma, nonostante la storia che abbiamo alle spalle (anzi: grazie ad essa) va pure ammesso che oggi la società occidentale, la società che loro chiamano “dei cristiani" si è evoluta abbastanza per poter affermare: non abbiamo niente a che vedere con tutto questo. [Giorgio Dell’Arti]