vanity, 19 novembre 2007
La politica italiana
• Berlusconi ha annunciato la nascita di un nuovo partito che dovrebbe chiamarsi Partito del Popolo, o Partito del Popolo della Libertà, e che si aggiunge al Partito della Libertà fondato quest’estate con Michela Vittoria Brambilla, e naturalmente a Forza Italia. Nel nuovo partito dovrebbero confluire gli aderenti dei circoli della Libertà della Brambilla e quelli del Buongoverno di Dell’Utri, oltre agli ex di Forzitalia e a tutti i cittadini «che non ne possono più di questo governo e delle divisioni dei partiti», secondo le parole che lo stesso Berlusconi ha consegnato ad Augusto Minzolini della Stampa. In questa intervista a Minzolini è contenuta l’altra novità della settimana politica: il Cavaliere considera morte le illusioni bipolariste e si dice convinto che solo un sistema proporzionale alla tedesca vada bene per il Paese. Ora, il sistema proporzionale alla tedesca è quello reclamato a gran voce da Casini e avversato da Fini e mezzo adottato da Veltroni e detestato dai referendari eccetera eccetera. Quindi, proclamandosi tedesco, Berlusconi ha come rovesciato il tavolo e invitato tutti a ricominciare.
• Il ribaltone comincia giovedì 15 novembre, quando in Senato passa senza problemi (soprattutto senza voto di fiducia) la legge Finanziaria. Non è ancora il varo definitivo, perché ci vuole il sì della Camera e sicuramente un altro sì del Senato, ma la vittoria politica di Prodi è grossa: da un paio di mesi Berlusconi sta gridando a destra e a manca che il governo si squaglierà in Senato sulla legge di Bilancio e invece la maggioranza passa indenne per 715 votazioni e manda a casa l’opposizione addirittura in scioltezza (il centro-destra non è riuscito a far passare che tre suoi emendamenti). A questo punto, Fini Casini e Bossi si scatenano e tra venerdì e domenica coprono Berlusconi di contumelie: la tattica della spallata non ha funzionato, è inutile chiedere la crisi pretendendo che si voti subito e che quindi i parlamentari perdano i benefici che gli toccherebbero se si arrivasse almeno a metà legislatura, Prodi ha capacità di mediazione enormi e riesce sempre a restare in piedi, non ci sono i numeri, eccetera eccetera. Quindi – dicono i tre – noi apriamo a Veltroni e cominciamo la trattativa sulla legge elettorale e sulle riforme istituzionali che si possono fare, e cioè un po’ di federalismo, una riduzione del numero dei parlamentari, una struttura istituzionale imperniata su una sola Camera, qualche potere in più al premier e soprattutto una nuova legge elettorale.
• Il punto chiave è naturalmente la riforma elettorale, dato che il referendum comincia a profilarsi all’orizzonte. Problema: Fini Casini e Bossi possono aprire quanto vogliono, il fatto è che il dissenso sulla riforma elettorale è interno alla maggioranza, soprattutto dopo che Veltroni ha fatto conoscere la sua proposta, un misto di sistema spagnolo e sistema tedesco che si può riassumere così: si vota con un misto maggioritario-proporzionale (alla tedesca), ma in collegi elettorali molto piccoli (alla spagnola). Quando il collegio elettorale è piccolo può esprimere un numero ristretto di parlamentari e questo numero ristretto alza la soglia necessaria per passare. Cioè, rimpicciolendo i collegi, Veltroni introduce una soglia di sbarramento automatica o naturale che quelli della Sinistra democratica hanno calcolato addirittura del 7 per cento. Nello stesso tempo, il collegio piccolo sovradimensiona i partiti più grossi, cioè, anche qui, riconosce naturalmente un premio di maggioranza alle forze maggiori. Dire che su questa proposta il centro-sinistra sta litigando è poco. Figuriamoci la confusione ora che al tavolo vogliono sedersi anche An, Udc e Lega. I quali non propugnano affatto lo stesso sistema: Fini è un maggioritarista convinto e sostenitore forte del referendum (ha firmato e fatto firmare ai suoi); Casini vuole un proporzionale puro – che lui chiama “tedesco” – che consenta ai partiti piccoli come l’Udc di risultare ago della bilancia di qualunque alleanza (il giochetto che faceva Craxi vent’anni fa); alla Lega andrebbe bene anche il tedesco, ma spinge soprattutto perché una qualche idea di federalismo germogli già nella situazione attuale (la Lega è a sua volta divisa tra i destri di Calderoli e i sinistri di Maroni).
• In questo caos Berlusconi s’è buttato a pesce, profittando di una circostanza che i suoi avversari tendono a minimizzare: al momento del voto in Senato, Lamberto Dini ha sostenuto che l’attuale quadro politico va superato e che il governo di adesso, con questa maggioranza, non è in grado di far uscire il Paese dal declino al quale sembra inesorabilmente avviato. Prima di lui, un altro senatore, Willer Bordon, aveva pronunciato parole analoghe. Entrambi sostenevano che avrebbero votato sì alla legge di Bilancio per puro senso di responsabilità. Questo significa che in Senato il governo non ha più forse i voti per andare avanti e soprattutto che cadrà sulla legge del welfare concordata quest’estate con i sindacati, perché se la lascerà tale e quale dovrà soffrire i no della sinistra e se la cambierà verrà impallinato dai centristi. Dunque, il governo, nonostante il bel successo di Palazzo Madama, avrebbe i giorni o le settimane contati.
• In questo caos, quindi, Berlusconi s’è buttato a pesce: ha rinfacciato a Fini e Casini la debolezza della loro opposizione, ha sostenuto che il discorso di Dini è la prova che la maggioranza è implosa («tutto per merito mio»), infine ha convocato gli italiani per il sabato e la domenica e li ha invitati ad affollare i gazebi sparpagliati in tutte le città e a firmare una petizione che invochi il ritiro di Prodi. Una versione forzista delle primarie, come si è capito in corso d’opera: ai firmatari veniva anche chiesto un euro di contributo. E domenica pomeriggio, il Cavaliere ha annunciato trionfante che le firme raccolte erano sette milioni (il doppio di quelle che hanno eletto Veltroni) e che sarebbe nato questo nuovo partito fautore del sistema tedesco, cioè proporzionale con sbarramento. Il sistema che ha escogitato Veltroni potrebbe andar bene? Il Cavaliere potrebbe sedersi al tavolo e discutere con la principale forza avversaria? «Se la sinistra mi fa una proposta del tipo: questa è la legge elettorale, approviamola e poi ci impegniamo tutti ad andare alle elezioni, per me si può fare».
• Due parole sulla Finanziaria varata dal Senato e che comincia adesso il suo iter a Montecitorio. I punti chiave sono questi:
- dal prossimo governo si tornerà ai 12 ministeri della legge Bassanini con un numero massimo di 60 persone, compresi viceministri e sottosegretari. Ridotti anche gli assessori di Comuni e Province (da 16 a 12), tagliati i compensi dei consiglieri, a cui viene vietato di cumulare le indennità, limiti alle spese di viaggio, riduzione a 80 delle comunità montane;
- tetto di 274 mila euro annui ai dipendenti pubblici, esclusi gli artisti Rai e 25 dirigenti ministeriali scelti dal presidente del Consiglio;
- detrazione di 300 euro sull’Irpef per i poveri che stanno in affitto;
- calo dell’Ires dal 33% al 27,5%;
- assunzione nella Pubblica amministrazione di chi è precario da più di tre anni;
- istituita la class action, cioè la possibilità per i cittadini di mettersi insieme e far causa a un’azienda da cui si credano danneggiati. Furibondo Montezemolo. [Giorgio Dell’Arti]