vanity, 26 novembre 2007
La Casa delle Libertà non esiste più
• Dopo il colpo di testa, o di genio, di Berlusconi, che ha fatto nascere un nuovo partito domenica pomeriggio 18 novembre, in San Babila a Milano, salendo sul predellino della macchina e dando a gran voce l’annuncio a una folla festante, i suoi due alleati Fini e Casini si sono ritirati con furore, proclamando rottura su tutta la linea, «non ci si invita a entrare in un partito con un fax», «basta col populismo», ecc. Berlusconi ha risposto a muso duro, riferendosi soprattutto a Fini, con cui lo scontro è più violento: «Dalle fogne ti ho pescato e nelle fogne ti faccio tornare», frase poi smentita ma che tutti assicurano autentica e, una volta tanto, a parte la mala grazia, storicamente plausibile: se Fini gira oggi col doppio petto politico, se non ci si scandalizza a immaginarlo a Palazzo Chigi, è perché Berlusconi, quando Fini era ancora fascista e voleva fare il sindaco di Roma, annunciò pubblicamente che, se fosse stato romano, avrebbe votato per lui. Tutto questo adesso non ha naturalmente nessuna importanza: mentre scriviamo, il capo di An sta incontrando Veltroni e si sa già che è disponibile a votare qualche riforma istituzionale, esattamente come Veltroni vuole. Alla vigilia di questo incontro Fini ha anche annunciato che ci vuole la riforma del sistema radio-televisivo, cioè l’approvazione della cosiddetta legge Gentiloni che il governo – dopo averla approvata in Consiglio dei Ministri – tiene prudentemente in un cassetto e non osa mandare alle Camere. Se c’è un modo per fare a botte con Berlusconi è certamente quello di dichiararsi favorevoli a una normativa che abbasserebbe il mercato pubblicitario di Publitalia dal 65 al 45 per cento. Qualcuno ipotizza addirittura che Casini e Fini possano diventare due stampelle di Prodi, evento che appare tuttavia altamente improbabile. Berlusconi ha a sua volta fatto capire che si darà da fare per svuotare di deputati, senatori, candidati ed elettori sia Alleanza Nazionale che l’Udc. Casini ha risposto: «Quando avrà il 101 per cento ci avverta».
Anche Berlusconi ha appuntamento con Veltroni, per venerdì 30 novembre. Dice di esser disponibile a un accordo sulla legge elettorale (proporzionale con sbarramento), ma solo se gli si garantisce che, subito dopo, il Parlamento verrà sciolto e si andrà a votare. Veltroni ha risposto che il governo non si tocca, che lui vuole fare le riforme istituzionali più urgenti e che c’è tutto il tempo per discutere e portare a casa il monocameralismo, il premier con più poteri, i nuovi regolamenti della Camera, eccetera: la legislatura – dice – dura fino al 2011. Due piccoli ostacoli: si sta alzando dentro il Partito democratico il mugugno contro la gestione troppo personalistica del medesimo Veltroni; e, mentre leggete questo articolo, il governo potrebbe già essere caduto, dato che martedì 27 novembre Prodi è intenzionato a mettere la fiducia sulla legge cosiddetta «del Welfare» e, nel momento in cui scriviamo, sembra probabile che o i centristi di Dini o i sinistri dell’estrema siano pronti a impallinarla. [Giorgio Dell’Arti]