vanity, 5 dicembre 2007
Grave incidente sul lavoro
• Nella notte una palla di fuoco da 800 gradi ha investito un gruppo di operai dell’acciaieria ThyssenKrupp di corso Regina Margherita, in Torino. Antonio Schiavone, di 36 anni, sposato con tre figli, bruciato sul cento per cento del corpo, è morto subito. Roberto Scola, di 32 anni, Angelo Laurino, di 43, e Bruno Santino, di 26, ustionati al 95 per cento («erano intatte solo le piante dei piedi») sono spirati il giorno dopo. Polemiche enormi: gli estintori erano mezzi vuoti, il telefono per chiamare i soccorsi non funzionava, gli operai erano al lavoro da almeno dodici ore. Lo stabilimento della tragedia è in chiusura: i tedeschi volevano dismettere Terni – dove lavorano 3.500 persone – e i sindacati li hanno persuasi a tenere in piedi il polo umbro e rinunciare a quello torinese. La cessazione dell’attività è prevista tra febbraio e ottobre 2008, e l’accusa che s’è levata da sindacati, giornali e politici è che la prossima chiusura ha spinto i dirigenti tedeschi a tirar via in tema di sicurezza e condizioni di lavoro. La Thyssen respinge con forza, però, ogni addebito: gli estintori erano mezzi vuoti perché li avevano adoperati, nei giorni precedenti, gli stessi operai, i quali non s’erano curati – come previsto dal regolamento – di portarli al centro dove si provvede alla ricarica. Il telefono per i soccorsi era addosso a una delle vittime ed è andato distrutto. I dati sulla sicurezza esibiti dall’azienda (190 mila addetti distribuiti in 70 paesi, 3,3 miliardi di utili prima delle tasse, +27 per cento rispetto all’anno scorso su un fatturato di 55 miliardi in crescita dell’8%) sarebbero rassicuranti: nel complesso del loro impero «l’indice di frequenza di infortuni indennizzati passa da un valore 53 del 1995 a un valore 19 del 2003». Secondo altri, la linea 5 – quella dove si è prodotta la palla di fuoco – avrebbe dovuto essere fermata prima di tentare la riparazione del flessibile da cui fuoriusciva olio. Ma fermare le macchine in uno stabilimento che lavora a ciclo continuo significava per gli operai andare in cassa integrazione e a Schiavone, il primo morto, era appena nato il terzo figlio, e aveva bisogno di soldi. Prodi, che ha problemi con la sua sinistra, ha gridato da Lisbona che la colpa è delle imprese, il ministro Ferrero (Rifondazione) vuole inserire in Finanziaria nuove norme sulla sicurezza, ma molti esperti hanno fatto osservare che le norme sulla sicurezza esistono e sono buone, il problema casomai è farle osservare, soprattutto nelle fabbriche e nei cantieri più piccoli. Cremaschi, il leader della sinistra Cgil, ha detto che bisogna slegare il salario dalla produttività, posizione che ricorda la vecchia teoria di Lama (anni Settanta), secondo cui «il salario deve essere una variabile indipendente dal profitto». [Giorgio Dell’Arti]