vanity, 25 febbraio 2008
Due bambini morti a Gravina
• Un bambino di 11 anni, di nome Filippo, giocando a pallone in un casale abbandonato di Gravina di Puglia, una costruzione al centro della città dove i ragazzini vanno spesso a nascondersi o a rincorrersi, cade a un tratto in un buco invisibile profondo 25 metri. Da laggiù piange e grida. I compagni di gioco si precipitano a chieder soccorso. Arrivano i vigili del fuoco, si calano nel pozzo, e in un paio d’ore lo portano in salvo. Alla fine, però, uno dei vigili dice: «Guardate che giù ci sono altri due corpi». Sono quasi le otto di sera, la notizia si sparge in un baleno, i telegiornali la mettono d’apertura. Gravina è la piccola città di 50 mila abitanti da cui nel giugno 2006 sono scomparsi due fratelli di 13 e 11 anni, Francesco e Salvatore Pappalardi. Il loro padre, Filippo, sta in galera dallo scorso novembre perché i magistrati sono convinti che abbia ucciso lui i suoi due figli, nascondendone poi i corpi. Portati in superficie, i resti risultano effettivamente quelli dei due fratelli. Li ha buttati lì sotto il padre? Sono caduti per sbaglio, così come è capitato al piccolo Filippo? I primi accertamenti rivelano che la fine di Francesco e Salvatore è sopraggiunta dopo un’agonia di almeno 24 ore. Che li hanno finiti, tra l’altro, la fame e il freddo. Che sono morti, in definitiva, tra atroci sofferenze, soli, in un pozzo muto, facendo risuonare disperati, in quella tromba buia e gelata, grida d’aiuto che nessuno ha mai sentito. Può un padre – sia pure manesco e primitivo – aver fatto questo? Oltre tutto sul corpo dei bambini non risultano segni di percosse o maltrattamenti, manca un movente plausibile, non ci sono riscontri d’altro tipo per sostenere l’accusa di duplice omicidio e tutti gli indizi accreditano piuttosto l’ipotesi della disgrazia. I magistrati però non rinunciano mai volentieri alle loro tesi e, mentre scriviamo, il padre Filippo Pappalardi è ancora detenuto per un’accusa che, ogni giorno che passa, risulta sempre più sbiadita. [Giorgio Dell’Arti]