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 2010  luglio 26 Lunedì calendario

La questione della Fiat

• Riunito il suo consiglio d’amministrazione nel Michigan (Auburn Hills), la Fiat ha fatto sapere: primo, che l’attività automobilistica sarà separata dal resto del gruppo e quotata a parte; secondo, che il nuovo modello L-0 non sarà costruito a Mirafiori, ma in Serbia, nella città di Kragijevac.

• Viste con un minimo di prospettiva, queste due decisioni significano: primo, che Fiat Auto sarà venduta e gli Agnelli in futuro si occuperanno d’altro; secondo, che nel giro di qualche anno l’Italia cesserà di essere un paese produttore di automobili.

• Gli Agnelli vogliono vendere dal 2003, la Fiat è da molto tempo una fabbrica con problemi seri che ha trovato sulla sua strada prima il put con GM (due miliardi di dollari entrati inopinatamente nelle casse dell’azienda) poi un manager di straordinaria abilità come Marchionne e infine l’accordo con Obama per il salvataggio di Chrysler. L’azienda è diventata da decotta quasi presentabile, e adesso si può dar via con profitto puntando però sul suo core business, cioè l’auto. Il cda di Auburn Hills ha fatto sapere che si creeranno due società, una detta Fiat Spa, l’altra Fiat Industrial, che nella prima resteranno i marchi automobilistici, cioè Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Maserati, Abarth, Ferrari, Chrysler, e nella seconda andrà tutto il resto. Dati i tempi tecnici necessari alla quotazione, vedremo i titoli nei listini non prima del prossimo febbraio. Il rapporto tra Spa e Industrial, in termini di fatturato, ricavi, eccetera, è di circa 7 a 3 e risulteranno più o meno divisi così dipendenti e liquidità. Non però il debito di 17 miliardi e mezzo, per il quale si è scelta la formula del 5 a 5 (metà e metà). Un altro modo per tenere in alto il prezzo di Spa (auto) e vendere meglio.

• La Serbia offriva: operai con stipendio esentasse a 400 euro al mese, contributo di 250 milioni da parte del governo, altri 350 milioni da parte della Banca Europea di Investimenti, bonifica dello stabilimento, bombardato nel ’99, interamente a carico dello Stato che lo regalerà poi alla Fiat, esenzione totale dalle tasse per dieci anni, diecimila euro di contributo per ogni assunzione. In Italia, zero assoluto da parte di Governo, Regione, Provincia e Comune. Quanto al sindacato, la Fiat aveva sondato il terreno a Pomigliano, imponendo un nuovo accordo che prevedeva di lavorare anche il sabato e la domenica e di smetterla con i finti assenteismi e gli scioperi per vedere la partita. Cisl, Uil, Ugl e Fismic avevano chinato la testa. La Fiom-Cgil s’era ribellata, accusando il Lingotto di voler far passare un testo anticostituzionale. Un referendum aveva confermato un’area di dissenso forte: quasi il 40% dei lavoratori s’era detto d’accordo con la Fiom, una percentuale che sfiorava il 50% tra quelli del montaggio.

• Mercoledì 28 si svolge, nel palazzo della Regione a Torino, un incontro tra sindacati, manager della Fiat e governo. È possibile che la riunione si chiuda con un paio di comunicati vagamente impegnativi. Il tema da discutere sarebbe in realtà se in Italia la regolamentazione del lavoro e la politica industriale possano restare quelle che sono. L’Istat ha fatto sapere che dal 2000 ad oggi tremila imprese italiane si sono trasferite all’estero. Anche a Pomigliano, la Fiat ha intenzione di costituire una nuova società, di scegliersi i lavoratori uno per uno e di far loro firmare contratti d’assunzione in deroga al contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici. Bonanni, capo della Cisl, adesso grida, ma a quanto pare la Fiat è pronta perfino a uscire da Confindustria (un colpo mortale anche per questa organizzazione) pur di farla finita col sindacalismo all’italiana. [Giorgio Dell’Arti]