vanity, 9 agosto 2010
Questioni politiche
• Berlusconi, dopo la cacciata
di Fini, si è trovato di fronte a un’emorragia di deputati e senatori più
cospicua del previsto. Alla Camera i finiani sono diventati 34, grazie al
trasloco dell’onorevole Chiara Moroni. Al Senato sono ancora dieci, ma già si
parla di possibili accordi con altre microforze, per esempio la formazione
IoSud della senatrice Adriana Poli Bortone. L’idea prima del presidente del
Consiglio era che si votasse al più presto possibile: si va al Quirinale, si
comunica a Napolitano che la maggioranza non c’è più, il presidente scioglie le
Camere e a metà novembre, o ai primi di dicembre, elezioni. Avrebbe potuto
essere sufficiente l’incidente di percorso Caliendo? Il Cavaliere lo aveva
pensato, ma dal Quirinale devono avergli spiegato che non basta, per fare la
crisi, un qualunque inciampo parlamentare. Bisogna che il governo sia messo
sotto su qualcosa di decisivo, qualcosa di politicamente pesante, che faccia
venir meno la stessa ragion d’essere dell’attuale coalizione. Il Cavaliere ha
perciò pensato di presentarsi alle Camere in un giorno di settembre
(Montecitorio riapre l’8 settembre, Palazzo Madama il 15) e di chiedere la
fiducia sul programma di governo del prossimo triennio, imperniato su quattro
punti: giustizia, Mezzogiorno, federalismo e fisco. Il discorso di Berlusconi
si propone di entrare nei dettagli, in modo che sia impedito ai finiani di
approvare i titoli e di fare melina poi sui contenuti reali dei provvedimenti.
Se i 44 di Futuro e libertà diranno di sì, la legislatura andrà avanti.
Altrimenti Berlusconi andrà a dimettersi, sicuro di vincere le elezioni.
• Lega. È l’ago della bilancia, ma tatticamente ha da giocare la partita più
facile. È assolutamente disponibile alle elezioni, ma dopo l’approvazione dei
decreti sul federalismo, che devono essere varati entro il 5 maggio 2011. Bossi
non ha smesso di dichiarare la sua fedeltà al Pdl, «con Berlusconi li spazziamo
via tutti» eccetera. Se però la situazione precipitasse e si dovesse votare
quest’anno, o prima della data fatidica, non ne faranno una tragedia.
• Quando Berlusconi verrà alle Camere a chieder la fiducia sul programma in
quattro punti, è molto probabile che i finiani risponderanno astenendosi: in
questo modo non firmeranno una delega in bianco al governo e nello stesso tempo
impediranno a Berlusconi di salire al Quirinale, dato che in questo modo i
quattro punti saranno approvati, e sia pure con un voto di minoranza (numeri
Caliendo). Fini ha bisogno di tempo per organizzare il partito e consolidarsi
sul territorio. La sua tattica sarà dunque quella di far soffrire Berlusconi,
ma senza farlo cadere. E mantenendo, attraverso la presidenza della Camera, il
controllo sui lavori di Montecitorio. Unico problema: l’affare
dell’appartamento a Montecarlo, sollevato dai giornali di destra (Il Giornale e
Libero) e ripreso poi da tutta la stampa nazionale, con relativa inchiesta
della magistratura. Si tratta di questo: la signora Anna Maria Colleoni,
missina sfegatata, lasciò erede del suo patrimonio immobiliare Alleanza
Nazionale. Tra le proprietà venute in possesso del partito c’era anche un
appartamento a Montecarlo, non si sa se di 40 o di 70 metri quadri, in pessime
condizioni, ma tuttavia stimato un miliardo e mezzo di valore. Feltri e
Belpietro hanno scoperto che questo appartamento è stato venduto a una società
con sede alle Antille (paradiso fiscale) per appena 300 mila euro, e rivenduto
poi per 330 mila a una seconda società-schermo, sempre domiciliata alle
Antille. Il guaio è che adesso ci abita Giancarlo Tulliani, giovane fratello
della compagna di Fini. Il presidente della Camera, dopo un silenzio troppo
lungo, ha dato la sua versione dei fatti domenica scorsa, con un comunicato in
otto punti in cui sostanzialmente dichiara che pasticci eventuali sono stati
combinati a sua insaputa, e cioè da qualche uomo del partito e dal medesimo
Giancarlo Tulliani.
• Il voto su Caliendo ha fatto credere alla possibile nascita di un
Terzo Polo, nel quale confluirebbo gli astenuti del 4 agosto, finiani,
rutelliani, Udc e autonomisti. Quelli di Fini hanno insistito
sull’impossibilità di un simile scenario: loro, benché scissionisti, fanno
parte della maggioranza, l’astensione su Caliendo è solo un episodio, Casini e
gli altri sono all’opposizione. E tuttavia: un eventuale Terzo polo è
accreditato dai sondaggisti di un 20-22 per cento di consensi e renderebbe
difficile la vittoria del Pdl al Senato, dove il premio di maggioranza è
regionale. L’attuale legge elettorale, col premio di maggioranza, favorisce le
coalizioni ed è possibile che, se si arrivasse al dunque, i quattro farebbero
di necessità virtù. Il Terzo polo trova un ostacolo obiettivo nella personalità
dei capi, Fini Casini e Rutelli essendo galli impossibili da mettere d’accordo,
dato che non si rassegnano a non cantare per far cantare qualcun altro.
• Partito democratico. Confusione massima. L’occasione è ghiottissima, ma come
sfruttarla? A parte Di Pietro e Nichi Vendola, nessuno vuole le elezioni.
Corteggiamento serrato (e per ora inutile) alla Lega, con la proposta da parte
di Bersani di fare presidente del Consiglio Tremonti (Bossi: «Tremonti mica è
scemo»). Rosy Bindi e molti altri chiedono la grande ammucchiata, da Fini a
Nichi Vendola, con l’unico obiettivo di metter fine al berlusconismo. Enrico
Letta punta all’alleanza col Terzo Polo. Tutti costoro chiedono all’eventuale
governo di transizione, o di responsabilità nazionale, di cambiare la legge
elettorale e solo dopo di chiamare il Paese alle urne. Ma quale legge
elettorale? I veltroniani sono maggioritaristi, Casini rivuole il
proporzionale, tutti gli altri coprono le infinite sfumature tra un sistema e
l’altro. E se si andasse al voto chi sarebbe il candidato di questa parte
politica? Anche qui, caos: Bersani, naturalmente, ma intanto si è messo a
disposizione anche Chiamparino, Nichi Vendola vuole le primarie, Rosy Bindi ha
detto che il candidato per vincere e tener tutti uniti sarebbe Casini, ecc. [Giorgio Dell’Arti]