vanity, 15 settembre 2008
Il caso Alitalia
• Il caso Alitalia non è ancora concluso. Cerchiamo di capirci qualcosa elencando personaggi e interpreti.
La compagnia di bandiera, essendo rimasta senza un soldo, è stata commissariata e messa in liquidazione. Questa procedura prevede che si venda tutto il vendibile e che con i soldi incassati si paghino i creditori. Il personale è in teoria destinato alla cassa integrazione (sette anni, grazie a norme fatte apposta). Questo “vendibile” (detto dai giornali “polpa”) è stato finora valutato, dall’unica società disposta ad acquistare, 450 milioni di euro. I debiti di Alitalia ammontano però a due miliardi e mezzo. Come si potranno rimborsare due miliardi e mezzo di euro con 450 milioni? A questa domanda non ha ancora risposto nessuno. L’uomo che si occupa di Alitalia, cioè il commissario, si chiama Augusto Fantozzi. un professore di diritto tributario che fu ministro a metà anni Novanta.
• Cai: questa sigla significa “Compagnia Aerea Italiana” ed è il nome della società disposta – per 450 milioni – a rilevare la polpa di Alitalia e una quota di personale che all’inizio doveva essere di 11.500 persone (su 19 mila), poi è salita a 12.500. Cai è stata creata apposta per questa operazione. L’hanno messa insieme 16 soci persuasi da Berlusconi e diventati poi 18. I capi son il presidente Roberto Colaninno, ex scalatore di Telecom, e l’amministratore delegato Rocco Sabelli, ex campione di dama. Costoro voglion tagliare gli stipendi a tutti i 12.500 assunti di almeno un buon 20 per cento, aumentare la produttività di tutti i 12.500 assunti di un buon 30 per cento, chiudere le nove sigle sindacali che da vent’anni fanno lo stivaletto malese ad Alitalia in una Rsu (Rappresentanza sindacale unitaria) dove ognuno conterà pro-quota iscritti. Cioè: il padrone vuole un solo interlocutore, non nove.
• I sindacati Alitalia sono infatti nove o, a voler essere pignoli, dieci con il microscopico Cub. Vanno divisi in due gruppi: sindacati che fanno riferimento a uno schieramento politico, cioè possono essere definiti di sinistra, di centro o di destra (Cgil, Cisl, Uil e Ugl, l’ex Cisnal missina). Sindacati apolitici, cosiddetti “professionali”: Anpac e Up per i piloti, Avia e Anpav per gli assistenti di volo (hostess e steward), Sdl e Cub per il personale di terra. Nel corso degli ultimi vent’anni questi sindacati – e in particolare i sindacatini professionali – sono diventati micidiali centri di potere e di affari. Sergio Rizzo, che con Stella ha scritto il best seller La casta, ha descritto per esempio il sindacato piloti, il più irriducibile, cosi: «L’Anpac è in condizioni di influenzare le scelte degli uomini Alitalia in molte direzioni chiave, e di fatto controlla le posizioni nevralgiche nel fondo di previdenza e nella cassa sanitaria. Qualche anno fa il sindacato aveva creato anche un piccolo gruppo societario con l’ambizioso progetto di sbarcare in forze nel mercato delle consulenze. Di quel gruppo oggi sopravvive l’Anpac services, proprietaria dell’immobile del sindacato che garantisce utili di 50 mila euro l’anno» eccetera. Questi sindacati non vogliono perdere i loro privilegi e difendono non solo e non tanto i lavoratori che dicono di rappresentare quanto la propria sopravvivenza di organizzazioni. I più tenaci sono i piloti (900 iscritti), che non intendono confluire in nessuna Rsu. Alla fine ai piloti è stato offerto di diventare dirigenti e di continuare a esprimere il direttore delle operazioni di volo. Anpac però vuole ancora che Cai si doti di più aerei in modo da non subire tagli superiori alle 500 unità.
• I sindacatini, e in particolare i piloti, sono sempre stati legati ad An. Per Veltroni sarebbe un’ottima cosa far saltare il tavolo e condannare Berlusconi – attualmente al 68 per cento di gradimento nei sondaggi – alla prima, grave sconfitta. I sindacati politicizzati hanno firmato la notte di domenica una specie di complicato accordo-quadro separato, che i sindacatini non sembrano intenzionati a sottoscrivere e sulla cui opportunità lunedì mattina anche la Cgil ha manifestato – ragioni politiche? – parecchi dubbi. Epifani e Tremonti si sono tenuti il più lontano possibile da questo guazzabuglio, dove invece sguazza Bonanni, il capo Cisl, che a marzo fece il diavolo a quattro per non far entrare i francesi. Berlusconi accusa la sinistra di voler boicottare la salvezza di Alitalia per i suoi sporchi interessi. Gianni Letta, con le sue mediazioni, è allo stremo. Nell’accordo-quadro di domenica notte c’è scritto che si può continuare a trattare fino al 30 settembre. Ma il fallimento, con 20 mila cassintegrati e Cai libera di prendere sul mercato chi vuole, è molto vicin l’Eni, che deve ancora avere da Alitalia 13 milioni di arretrati, sabato non voleva vendere carburante alla compagnia se non in cambio di cash, e anticipato. Berlusconi ha dovuto telefonare personalmente al capo dell’Ente, Scaroni, per pregarlo di non fare scherzi. Un migliaio di dipendenti – corrispondenti ai 34 aerei messi a terra dal vecchio piano Prato – sono già in cassa integrazione da lunedì. [Giorgio Dell’Arti]