vanity, 26 novembre 2008
Assalti a Bombay
• Nella notte un centinaio di uomini ha assalito il cuore di Bombay, oggi chiamata Mumbay. Una quarantina di miliziani sono venuti dal mare, a bordo di un mercantile registrato in Vietnam e di un peschereccio in grado di navigare col gprs. Un’altra sessantina alloggiava già in città, e tra questi una decina s’era sistemata, portando con sé montagne d’esplosivo, nei due alberghi principali e più celebri, il Taj Mahal e l’Oberoi. L’attacco è avvenuto nel cuore della notte, cogliendo di sorpresa tutti: bombe e colpi di kalashnikov contro il Centro ebraico, il Leopold Café, la Victoria Station, gli uffici di polizia di Colaba e infine i due hotel. Gli alberghi sono stati dati alle fiamme, gli ospiti massacrati e tra questi ha perso la vita anche l’imprenditore di Livorno (ma nato a Roma) Antonio Di Lorenzo. Le forze di polizia sono intervenute solo dopo un’ora e hanno messo sotto assedio il Taj Mahal e l’Oberoi per 60 ore consecutive prima di aver ragione degli assalitori. I morti accertati fino a questo momento sono più di duecento, i feriti più di trecento. Due cifre destinate a crescere.
• L’unico terrorista arrestato ha detto che l’idea degli organizzatori era di realizzare un 11 settembre indiano e di uccidere almeno cinquemila persone. Le telecamere hanno mostrato qualche assalitore all’opera: tutti giovanissimi, poco più che bambini. L’unico arrestato, di nome Azam Amir Kasav, ha 21 anni. lui, con la sua confessione, ad aver permesso di capir qualcosa su quello che era successo, dato che all’inizio l’azione era stata rivendicata da una sigla mai sentita, quella dei Mujaheddin del Deccan, formazione che non si sapeva se attribuire ad al Qaeda o incasellare in uno dei mille gruppuscoli armati che da quelle parti reclamano la libertà di qualche territorio o sparano in nome di qualche sura di Allah. Kasav ha invece ammesso che il plotone assassino era stato armato da quelli di Lashkar-e-Taba, un’organizzazione separatista islamica divenuta famosa ai tempi della guerra per il Kashmir. Cioè da pakistani estremisti e anti-indiani. Queste rivelazioni hanno reso incandescenti le relazioni tra i due Paesi, che da qualche anno avevano cominciato a riavvicinarsi e che con l’elezione alla presidenza pakistana del vedovo di Benazir Bhutto, Ali Asif Zardari, sembravano prossimi a un’intesa ancora più stretta. Entrambi i governi hanno, nei mesi scorsi, reso più forte l’amicizia con gli Stati Uniti, i quali hanno investito molto nell’area e con risultati importanti. Il Pakistan è un punto chiave nella guerra contro i talebani e l’India è un indispensabile argine all’espansionismo cinese. Proprio la svolta filo-occidentale dei due governi è all’origine dell’attacco: i qaedisti, i talebani e gli altri fondamentalisti islamici lottano per il crollo dell’Occidente in generale, e più in particolare perché gli invasori dell’Afghanistan tornino a casa e perché ebrei e induisti siano spazzati via dalla faccia della Terra. Se questa è la strategia, l’eventuale armonia tra gli ex nemici India e Pakistan risulta una iattura da contrastare con ogni mezzo. [Giorgio dell’Arti]