vanity, 6 aprile 2009
Il terremoto in Abruzzo
• Nella notte un terremoto di potenza 5.8 (scala Richter) ha devastato l’Abruzzo, provocando almeno trenta morti. Tra questi ci sono almeno cinque bambini. Scriviamo di lunedì, come sempre, e la contabilità della catastrofe, i soccorsi, le valutazioni e le polemiche sono in pieno svolgimento. Berlusconi doveva partire per Mosca e ha rinunciato firmando subito il decreto per l’emergenza nazionale e affidando la gestione di tutto a Guido Bertolaso, folle hanno invaso le strade dell’Aquila e di Pescara, in troppi si sono messi al volante cercando di scappare alle scosse che, dopo l’apice raggiunto alle 3.32 di notte, sono continuate implacabili per molte ore. Il panico generale, impossibile da governare sulle prime, ha ostacolato l’arrivo dei mezzi di soccorso. Ma intanto la fuga in auto risultava vana: i viadotti dell’autostrada s’erano abbassati di qualche centimetro e la Protezione civile aveva ordinato di chiudere la A24 tra Valle del Salto e Assergi. Al momento, si prevedono cinquantamila sfollati, in parte già alloggiati nel campo sportivo dell’Aquila. In questa città sono anche crollati quattro palazzi e, tra questi, la Casa dello Studente. Colpite Sulmona e Pescara. Vasti danni nei piccoli centri: Onna e Paganica sono distrutte almeno al 50 per cento, Tempera – una frazione di Paganica – è stata rasa al suolo. Bertolaso ha detto che il sisma d’Abruzzo è il più grave disastro del millennio, volendo con questa strana iperbole indicare gli ultimi nove anni.
• La scala Richter misura l’energia sprigionata dalla scossa e non tiene conto dei danni che provoca (misurati invece dalla Scala Mercalli). Una magnitudine di 5.8 è considerata «media» (Enzo Boschi) o addirittura «moderata, di intensità 30 volte inferiore a quella che nel 1980 devastò l’Irpinia» (Giulio Selvaggi). Il problema è che l’epicentro del terremoto abruzzese è a soli dieci chilometri dall’Aquila, in una zona densamente abitata. Scossa modesta, o media, perciò, ma effetti assai gravi. Altro elemento moltiplicatore: il fatto che il sisma fosse poco profondo, appena 8,8 chilometri. Qualche ora prima (intorno alle 22.20 di domenica sera) una scossa non indifferente aveva colpito l’area compresa tra Forlì, Castrocaro Terme, Faenza e Forlimpopoli. Magnitudo 4,6 della Scala Richter, ma profondità di 28 chilometri. Non vi erano stati danni né alle cose né alle persone.
• Sul rapporto tra demografia ed effetti del terremoto si può ricordare Jean-Jacques Rousseau, che scriveva a proposito del terremoto di Lisbona (1755): «Dopotutto non è la natura che ha ammucchiato là ventimila case di sei-sette piani». Il fatto che la popolazione mondiale (e quella italiana) tenda a concentrarsi in grandi agglomerati urbani non può che rendere i terremoti sempre più devastanti. Gli abitanti delle città erano 100 milioni nel 1920, stanno superando adesso la metà della popolazione mondiale, tre miliardi di persone. Anche i sistemi di sicurezza – costruzioni antisismiche, eccetera – non devono illuderci troppo. sempre possibile immaginare un terremoto di forza tale da divellere qualunque manufatto umano comunque costruito. E poiché i terremoti si susseguono con una certa ciclicità, si sa già che a un certo punto si produrra la scossa sufficiente a distruggere tutto quello che c’è da distruggere. Si direbbe perciò che le indispensabili messe in sicurezze servano solo ad allontanare nel tempo le catastrofi. E a garantire che quanto più le allontanano, tanto più apocalittici saranno gli effetti della scossa quando alla fine arriverà, tra centomila o tra un milione di anni.
I terremoti sono infatti inevitabili: se ne registrano nel mondo parecchie migliaia ogni giorno di intensità superiore alla magnitudine 3. La Terra giace su tredici placche, che interagiscono una con l’altra, spingendosi una con l’altra e qualche volta accavallandosi alla ricerca di un aggiustamento definitivo che non arriva mai. La California, l’Italia e il Giappone sono le tre zone sismiche meglio studiate tra quelle fortemente a rischio. I terremoti, negli ultimi vent’anni, ci sono costati più di cento miliardi di euro in interventi post. Sarebbe naturalmente stato meglio investirli in interventi ante, cosa che però risulta impossibile alla mentalità non solo dei nostri governanti di qualunque colore, ma anche dei nostri concittadini. I morti da terremoto negli ultimi cento anni in Italia sono stati 126 mila, due volte la popolazione che oggi abita la sfortunata città dell’Aquila.
• L’altra questione è se il terremoto sia o no prevedibile. Mentre scriviamo, il nostro tavolo è invaso dai dispacci che raccontano la previsione, resa pochi giorni prima della scossa del 6 aprile, da Giampaolo Giuliani, ricercatore presso il laboratorio nazionale di Fisica del Gran Sasso. Il 24 marzo, in un’intervista rilasciata su Internet, Giuliani aveva previsto che una forte scossa avrebbe potuto interessare a breve la zona dell’Aquila. Denunciato da Bertolaso per procurato allarme, aveva poi smorzato la profezia: «Mi sento di poter tranquilizzare i miei concittadini». In ogni caso su YouTube si vede una sua lunga intervista, rilasciata a una tv locale, in cui spiega il suo metodo predittivo: precursori sismici piazzati tre metri sotto terra che rilevano le emissioni di radon, in aumento – pare – alla vigilia di un forte terremoto. Gli scienziati, senza ancora ammetterla, non hanno però neanche bocciato del tutto questa teoria e anzi la direzione dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha dato a Giuliani il permesso di interrare cinque suoi precursori chimici a Coppito, nel Laboratorio del Gran Sasso, presso la scuola locale De Amicis, a Fagnano e a Pineto. Ma, dopo il 6 aprile, essendo scoppiate polemiche intorno alla previsione di Giuliani neanche presa in considerazione, l’Istituto di Geofisica e Vulcanologia ha dovuto ribadire con un comunicato ufficiale che «allo stato attuale delle conoscenze […] non è possibile realizzare una previsione deterministica dei terremoti (previsione della localizzazione, dell’istante e della forza dell’evento)». Teniamo conto che credere a Giuliani avrebbe significato evacuare tutto l’Abruzzo, spostare cioè altrove un milione e 300 mila persone.
• «I dati ottenuti in questi 9 anni di studi, ci hanno consentito di rilevare un rischio sismico maggiore nel periodo invernale che va da novembre ad aprile. Senza voler banalizzare, ma per semplificare i concetti, posso aggiungere anche che l’attività sismica è strettamente correlata alle fasi lunari. In particolare quest’anno, il sistema Terra-Luna si è venuto a trovare al Perielio (punto più vicino al Sole, in inverno) con la Luna nello stesso periodo alla minima distanza dalla Terra, e con il Pianeta Venere allineato, in fase di Venere piena anch’essa vicina. L’attrazione gravitazionale delle masse sulla Terra hanno intensificato l’effetto marea sul nostro pianeta, rendendo gli eventi sismici più rilevanti, rispetto agli altri sciami, cui siamo stati interessati negli anni precedenti». Che la Luna potesse avere un effetto sui terremoti lo pensava anche Bendandi, un figlio di contadini nato nel 1893, che il 23 novembre 1923, davanti al notaio Savini di Faenza, predisse per il 2 gennaio un terremoto nelle Marche e praticamente ci prese dato che poi il terremoto arrivò effettivamente, il giorno 4. Bendandi: «La cagione dei terremoti non sia da cercarsi sotto ma sopra la Terra: nelle forze di attrazione dei pianeti e del Sole». Neanche i precursori sotterranei di Giuliani sono del tutto nuovi: Tark Abdoun, ingegnere civile del Rensselaer Polytechnic Institute (Usa), tiene a trenta metri di profondità una rete in pvc fatta di cavi larghi due centimetri a cui sono agganciati sensori. La possibilità di prevedere i terremoti ha in realtà una lunga storia: sarebbero capaci di indovinare l’arrivo della catastrofe gli animali. E sarebbero stati capaci di far previsioni sulle scosse gli etruschi. Segni premonitori: il moltiplicarsi delle vipere, l’intorbidirsi dell’acqua nei pozzi, i bagliori notturni, i boati sotterranei. La scienza ammette che questi fenomeni si verificano effettivamente prima di un sisma. Ma più di questo non azzarda. [Giorgio Dell’Arti]