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 2009  giugno 08 Lunedì calendario

Elezioni in Italia

• Il Partito democratico ha perso le elezioni europee, come previsto. Ma le ha perse anche, inaspettatamente, il Popolo della Libertà. I risultati sono questi (tra parentesi le percentuali delle elezioni politiche dello scorso giugno):

Popolo della Libertà 35,24% (37,4%)
Lega Nord 10,25% (8,3)
Totale PdL+Lega 45,49 (45,7)

Partito democratico 26,15 (33,4)
Italia dei Valori 7,98 (4,4)
Totale Pd + Idv 34,13 (37,8)

• Alle 10 del mattino Berlusconi non ha ancora detto, ufficialmente, una parola. Ma l’entourage del Cavaliere segnala una forte irritazione verso i suoi, colpevoli di non avergli permesso di raggiungere un risultato che, al tempo del terremoto d’Abruzzo, pareva a portata di mano: il 40% dei consensi con la possibilità forse di arrivare addirittura al 45%. Del resto, in campagna elettorale, il Cavaliere lo aveva detto chiaramente al punto che, durante la notte tra domenica e lunedì, quando il PdL era ancora dato al 38 o al 39 – dunque più in alto del 2008 – questo risultato era considerato deludente. Il premier avrebbe anche affermato: «Tiro la carretta da solo, se non mi fossi presentato in tutte e cinque le circoscrizioni avremmo preso ancora di meno e l’affluenza alle urne sarebbe stata ancora più bassa, in fondo siamo il Paese con più votanti in Europa e questo è merito mio», eccetera eccetera. A caldo, le ragioni della sconfitta sembrerebbero queste: il forte astensionismo al Sud e specialmente in Sicilia e in Sardegna (la Sicilia, in particolare, è la Regione in cui il centro-destra fa solitamente il pieno); una caduta del consenso dal lato dei cattolici, disgustati dall’affare Noemi e dalle accuse di Veronica Lario; un’organizzazione della campagna elettorale forse non perfetta. Il Cavaliere si sarebbe lamentato della scarsa affluenza alla manifestazione di Milano e avrebbe anche detto che «se i risultati non saranno all’altezza nel partito dovranno cambiare molte cose». Tra i problemi alle viste, oltre a quelli con la Lega (vedi sotto), anche quelli con gli ex di An: sfilando dal 35 del PdL un 10-11 per cento di voti aennini ne viene che il primo partito italiano è il Pd e non Forza Italia.

• Lega Il saldo di consensi del governo è comunque più o meno sempre quello grazie al successo della Lega. Bossi aveva messo la sua asticella al 10% e quella percentuale è stata addirittura superata. Gli stessi leghisti dicono che questo risultato deve essere ascritto alla linea dura di Maroni e del partito sulla questione clandestini. In questo senso, il successo leghista va inquadrato nell’avanzata generale europea della destra: il Partito della Libertà di Geert Wilders ha avuto il 17% ed è diventata la seconda formazione d’Olanda; in Ungheria il Fidesz (destra moderata) ha preso addirittura il 67% e gli estremisti di Jobbik hanno superato il 14; in Francia, all’interno del successo di Sarkozy (+12% rispetto alle precedenti Europee), vanno segnalati i tre seggi conquistati da Le Pen, in Inghilterra il successo conservatore (con crollo forse addirittura al quarto posto dei laburisti e probabili dimissioni di Gordon Brown) è stato accompagnato dal risultato positivo del British National Party, un movimeno quasi nazista e che avrà un seggio a Strasburgo. In Spagna il Partito popolare, che è però più simile all’Udc che alla Lega, è tornato primo a dispetto dello sconfitto Zapatero. La vittoria del Carroccio porrà qualche problema all’alleanza di governo, specialmente in Veneto, e forse anche in Lombardia. Bossi vuole per sé queste due regioni ed è probabile che, almeno per quanto riguarda il Veneto (dove la distanza tra PdL e Lega è di appena un punto percentuale), Berlusconi ceda.

• Partito democratico: come si deve giudicare la perdita di sette punti abbondanti del Partito democratico? Franceschini ha detto che non intende dimettersi, che la vittoria del centro-destra è stata provocata «dalla disparità enorme di soldi, di mezzi, di tv, di giornali tra il Pd e Berlusconi. Non c’è una sola democrazia al mondo in cui il confronto politico sia così squilibrato. Nelle condizioni italiane, neppure Obama avrebbe mai battuto McCain» (così in un’intervista a caldo rilasciata ad Aldo Cazzullo). Altri fanno notare che, nel giorno in cui Veltroni si è dimesso, i consensi per il Pd stavano al 22%. Dunque, Franceschini avrebbe fatto riguadagnare al partito più di quattro punti. Inoltre, il risultato dei democratici va inquadrato in un contesto europeo in cui tutta la sinistra arretra: in definitiva quella italiana è, tra le formazioni europee, una delle più forti. Chi sa. un fatto che l’anima diessina del partito non si rassegnerà facilmente a lasciare il comando a un cattolico. E la concorrenza di Di Pietro si farà subito sentire, visto che Berlusconi intende andare subito all’attacco dei giudici facendo votare in giugno le leggi sulle intercettazioni e sulla riforma del processo penale.

• Di Pietro: il vero vincitore delle elezioni: voti quadruplicati rispetto alle Europee del 2004 e raddoppiati rispetto alle Politiche del 2008. La fronda a Veltroni e a Franceschini e il contrasto al Cavaliere soprattutto sulla questione morale hanno dato i loro frutti. Intervistato nella notte tra domenica e lunedì, Di Pietro, dopo aver dato ancora una volta del piduista a Berlusconi, ha sottolineato di non essere più tanto ”opposizione” quanto piuttosto ”alternativa”. Il sottinteso è che per crescere l’Italia dei Valori continuerà a far la concorrenza al Partito democratico e cercherà alleati ovunque possibile: l’Udc, i partitini della sinistra estrema, ma anche (chissà) lo stesso Bossi. Altro obiettivo dichiarato: spersonalizzare il partito, slegandolo sempre di più dal nome del suo leader.

• Udc: L’Udc col 6,5% ha guadagnato più di un punto rispetto alle politiche del 2008. un buon risultato, che non si sa bene come Casini sfrutterà. possibile che Berlusconi tenti un riavvicinamento, è possibile che Di Pietro gli proponga un qualche asse. anche possibile che il Pd si spacchi e che si possano assemblare con l’Udc gli ex della Margherita. Gli esponenti del partito hanno subito dato al voto questa interpretazione: siccome perdono i due partiti maggiori e guadagnano i minori, ne viene che gli italiani sono stanchi del bipolarismo-bipartitismo e vogliono tornare al proporzionale. Col proporzionale, naturalmente, il 6% dell’Udc diventerebbe decisivo per la formazione di qualunque maggioranza.

• A sinistra c’è un potenziale del 6,5% andato sprecato perché Rifondazione s’è spaccata e nessuno dei due assembramenti che ne sono venuti fuori (l’altro, capitanato da Nichi Vendola, si chiama Sinistra e Libertà) ha superato la soglia di sbarramento del 4%. Il Pdci di Diliberto stava con Rifondazione. Vaga poi un altro 2,4% di voti inutili presi dai Radicali. E, sul resto dello schieramento, c’è un altro 5% senza rappresentanza: il 2,2 del Mpa (Lombardo-Storace-Pernsionati-Dc) e un 2,8 dei cosiddetti Altri. Una quindicina di punti percentuali in tutto che forse, nei prossimi mesi – permanendo questa legge elettorale – , cercheranno una casa. [Giorgio Dell’Arti]