vanity, 13 novembre 2010
Il premio Nobel Aung in libertà
• Aung San Suu Kyi, la lady birmana premio Nobel per la pace, è tornata in libertà dopo aver trascorso quindici degli ultimi vent’anni agli arresti domiciliari. L’Occidente prese definitivamente coscienza della sua lotta tre anni fa quando, a seguito di un forte rincaro dei prezzi, il popolo birmano scese in strada guidato dai monaci buddisti. La folla circondò la casa a due piani dove Aung era rinchiusa, Aung uscì e recitò con i monaci i Sutra buddisti. Manifestazioni di giubilo si sono svolte nei giorni scorsi a Rangoon e nel resto della Birmania. Aung ha tenuto un comizio domenica 14 novembre: nessun rancore verso la giunta che l’ha tenuta prigioniera, e anzi mano tesa verso il dittatore, generale Than Shwe: «Sarebbe bello se potessi discutere con lui di qualsiasi questione cui tengo». Sarebbe sorprendente però se Than Shwe accettasse l’invito: è noto che per questa donna il capo della giunta militare prova disprezzo e paura. In Birmania ci sono altri 2.200 prigionieri politici, ma ogni iniziativa internazionale per rendere più umano quel regime si scontra con la protezione cinese. La Birmania subisce sanzioni economiche da vent’anni, ma è dubbio che queste indeboliscano davvero i militari, mentre è certo che facciano soffrire ancora di più la popolazione, tra le più povere del mondo. L’ultima volta che Aung partecipò a una competizione elettorale – 1990 – prese l’82 per cento dei voti. Fu allora che i generali decisero di rinchiuderla, annullando le elezioni. [Giorgio Dell’Arti]