Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 22 Lunedì calendario

Il caso Carfagna

Berlusconi sottovaluta il caso Carfagna (chiamata all’improvviso «signora Carfagna…), ma ha forse torto. Si tratta di questo: a un tratto, nel pomeriggio di giovedì 18 novembre, l’Ansa ha battuto un dispaccio secondo cui il ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, avrebbe deciso di dimettersi il prossimo 15 dicembre per insanabili contrasti con i vertici campani del partito e per gli attacchi «volgari e maligni» di Giancarlo Lehner, Alessandra Mussolini e Mario Pepe, tutti berlusconiani. Due giorni dopo, attraverso un’intervista al “Mattino”, la conferma ufficiale: la Carfagna spiega che in Campania «è in corso una guerra tra bande dove vige la prepotenza e l’arroganza», «mi viene impedito di battermi a favore della legalità» eccetera. Il casus belli politico riguarda la costruzione di altri due termovalorizzatori in Campania, uno dei quali dovrebbe essere collocato nella provincia di Salerno. A chi spetterà la gestione dei finanziamenti (valutabili in miliardi di euro)? Fino al consiglio dei ministri di una settimana fa, proprio alle Province. Nel caso di Salerno: al presidente di quella provincia, Edmondo Cirielli, legato al coordinatore campano del Pdl Nicola Cosentino, inquisito per supposti rapporti con la camorra. Carfagna aveva ottenuto che la gestione dei termovalorizzatori fosse affidata a un commissario, individuato nella persona del presidente della Regione, Stefano Caldoro (Pdl anche lui), ma «quando il Consiglio dei ministri ha accettato la mia proposta, Cosentino, Cesaro e altri si sono ribellati minacciando di non fare entrare i deputati campani in aula per votare la Finanziaria» (così nell’intervista al “Mattino”). Il Cavaliere credeva di aver risolto il contrasto affidando la faccenda a Regione e Provincia insieme, e la Carfagna a questo punto ha annunciato le dimissioni da tutto (ministero, governo e parlamento). Ha fatto capire che potrebbe confluire nel movimento Forza Sud, appena fondato dal siciliano Gianfranco Miccichè (quello che nel 2001 fece fare cappotto in Sicilia a Berlusconi, 61 seggi al centro-destra, 0 al centro-sinistra). Altri la accusano di intese sotterranee con Bocchino e quindi di una naturale confluenza nel gruppo dei finiani. L’anno scorso, presentandosi alle Regionali, la Carfagna ottenne 58 mila preferenze, un numero davvero alto. Potrebbe anche puntare alla poltrona di sindaco di Napoli. Berlusconi è infuriato («l’ho creata io e mi fa questo»), le ha parlato per telefono e non si sa neanche se la riceverà per tentare una qualche opera di persuasione.

• Come mai la data delle dimissioni di Mara Carfagna è stata fissata al 15 dicembre? Perché il 14 dicembre, subito dopo aver approvato la Finanziaria, Camera e Senato voteranno insieme la fiducia a Berlusconi, una procedura mai seguita in passato e inventata da Napolitano per sanare il contrasto tra Berlusconi, che voleva andare prima al Senato, e Fini che voleva il voto prima alla Camera. In quello stesso 14 dicembre, la Corte Costituzionale dovrebbe emettere la sua sentenza sulla legge del cosiddetto “legittimo impedimento”, cioè dichiarare se è costituzionale o no. Una data-chiave, quindi. In attesa della quale i partiti si stanno posizionando con un tatticismo esasperato. Fini sta ammorbidendo i toni del suo attacco (un video-messaggio in cui si richiamano tutti al senso di responsabilità, l’annuncio che il Fli non voterà la sfiducia a Bondi), domenica Casini ha cautamente aperto a Berlusconi, dicendosi disponibile a un Berlusconi bis, però senza la Lega. La Lega ha ricominciato a chiedere le elezioni, sostenendo che una maggioranza a Montecitorio di un paio di voti servirebbe a poco. Berlusconi sta facendo infatti campagna acquisti tra i deputati, spaventati dalla prospettiva di uno scioglimento delle Camere (niente pensione), e secondo calcoli del lunedì mattina avrà la fiducia anche nell’aula di Fini, per un 318 voti. La sinistra è fuori gioco, la lotta si svolge tutta a destra. Bersani ha oltre tutto subito un grosso smacco a Milano dove, alle primarie per la candidatura a sindaco della città, il suo candidato Stefano Boeri ha perso nettamente contro il vendoliano avvocato Giuliano Pisapia, già rifondarolo e noto ipergarantista. [Giorgio Dell’Arti]