vanity, 29 novembre 2010
Le mezze rivelazioni di Wikileaks
• La rete è impestata dalle
mezze rivelazioni di Wikileaks, il sito svedese dell’australiano Julian Assange
specializzato in fughe di notizie. A partire da venerdì 26 novembre – quando
s’è saputo che ci stava per precipitare addosso un’altra valanga di
informazioni – fino a domenica notte, quando le informazioni sono
effettivamente apparse, il mondo diplomatico e giornalistico è stato messo in
subbuglio. Gli americani hanno gridato che molte persone avrebbero rischiato di
essere uccise, Hillary Clinton in persona ha telefonato ai primi ministri di
mezzo mondo, compreso quello cinese, per concordare una strategia difensiva,
alla fine i tecnici del Dipartimento di stato hanno sabotato il sito di
Wikileaks rendendolo impossibile da raggiungere. Assange aveva però già passato
i suoi files a New York Times, Spiegel, Guardian, Le Monde, El Pais, e questi
cinque giornali – a partire da domenica pomeriggio – hanno pubblicato. Si tratta
di 251.287 rapporti confidenziali mandati via mail a Washington, soprattutto
negli ultimi tre anni, dalle 297 sedi diplomatiche americane sparse sul
pianeta. Dentro c’è di tutto, ma, a parte qualche pettegolezzo divertente,
nessuna rivelazione vera sull’orribile mondo del potere. Non sapevamo già tutto
sui festini di Berlusconi e sul desiderio americano di unificare le due Coree?
La valanga mette in luce piuttosto quest gli Stati Uniti hanno spie o
informatori dappertutto, compresi i paesi amici, compresa l’Onu; fanno il
mestiere di spia anche i diplomatici, il che, da chi si intende di queste cose,
viene giudicato un errore grave; Internet è uno strumento comunque pericoloso
per i potenti: se pure Assange non ci ha raccontato in fondo niente di nuovo,
come non ammettere che qualcosa di davvero segreto (e pericolosamente segreto)
verrà prima o poi alla luce?
• I cablo che riguardano
l’Italia sono relativamente pochi. I più succosi, spediti l’anno scorso,
descrivono Berlusconi come un uomo «vanitoso, inutile e incapace», «debole
fisicamente e politicamente», troppo dedito alle «feste selvagge» (wild
parties) che gli impediscono di riposare come dovrebbe. Inquietante è la sua
amicizia, troppo stretta, con Putin: regali generosi, contratti lucrosi nel
settore energetico e un mediatore-ombra «russian-speaking» cioè che parla
russo. Questa potrebbe essere la rivelazione più preoccupante, perché certo non
c’è bisogno di un mediatore (go-between) per far incontrare Berlusconi e Putin,
e dunque questo signore – se esiste – dovrebbe esser quello che si occupa del
lato sporco di queste faccende, cioè delle tangenti (che, nel settore
energetico specialmente, esistono da sempre). Infine: «Berlusconi appare sempre
di più come il portavoce (mouthpiece) di Putin in Europa». Mentre Putin, capace
di dominare tutti gli uomini politici del paese, viene fatto fesso (undermined)
dalla sua burocrazia, un apparato che il funzionario statunitense giudica
ingovernabile. Chi è però questo funzionario? Si tratta di Elizabeth L. Dibble,
cattolica, oggi vice assistente segretaria dell’Ufficio Affari europei ed
euroasiatici al Dipartimento di stato, e tra il 2008 e il 2009 vicecapo
missione e incaricato d’affari a Roma. Un funzionario di livello medio-alto, ma
non il ministro degli Esteri degli Stati Uniti. Un’altra informativa riferisce
dei colloqui tra Frattini e il segretario alla Difesa americano, Robert Gates,
l’8 febbraio scorso. Niente di speciale, e comunque Frattini (che ha definito
adesso la valanga di Wikileaks «l’11 settembre della diplomazia») ne esce
indenne. [Giorgio Dell’Arti]