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 1969  dicembre 15 Lunedì calendario

Pinelli precipita dal quarto piano della questura

Questura di Milano, notte. Nella stanza dell’ufficio politico in cui si trova, al quarto piano, Pinelli ha ribattuto punto per punto alle domande che gli sono state poste. Poi, alla frase di Calabresi «È inutile che continui a negare. Il tuo amico Pietro ha già confessato», avrebbe risposto «Allora è la fine del movimento anarchico». A questo punto il commissario si è allontanato per andare a ragguagliare il dirigente, e un carabiniere ha offerto una sigaretta a Pinelli. «Pochi minuti prima, per depurare l’aria dal molto fumo era stata socchiusa la finestra. E, all’improvviso, con uno scatto imprevedibile il Pinelli l’aveva raggiunta. Un attimo ed era scomparso oltre il davanzale, nel vuoto. Un sottufficiale, il brigadiere Panessa, che aveva tentato di bloccarlo in extremis, aveva rischiato di essere trascinato nel salto mortale». [Arnaldo Giuliani, Cds 17/12/1969]

• Pinelli da ieri sera era trattenuto illegalmente in questura, non potendo il fermo di polizia protrarsi oltre le 48 ore dal momento in cui viene notificato. [Boatti 1999]

• L’ipotesi del «malore attivo». «Pinelli dalle 18.30 del 12 dicembre sino a pochi minuti prima delle 24 del 15 dicembre fu sottoposto a una serie di stress, non consumò pasti regolari e dormì solo poche ore, una sola volta steso in una branda. (...) Alle 3 del mattino fu sottoposto al primo interrogatorio e sopportò lo stress fra il dire la verità e compromettere la speranza di libertà del compagno Pulsinelli già detenuto da diversi mesi e l’inventare un alibi che in seguito avrebbe potuto, per l’accertata falsità, rivolgersi contro di lui come prova d’accusa. (...) Alle ore 19 del 15 dicembre fu chiamato di nuovo per l’interrogatorio. “Valpreda ha confessato”, esordì il commissario Calabresi. Era vero o era il solito “saltafosso” della polizia? (...) La mancanza di sonno, di un’alimentazione adeguata, le numerosissime sigarette fumate, dettero il loro contributo allo stato di stanchezza che derivò. (...) L’interrogatorio è terminato e nulla è emerso contro Pinelli ma lo stato di tensione per lui non si allenta. Cosa deciderà di lui il dottor Allegra? Finirà a San Vittore con l’infamante marchio di complice di uno dei più efferati delitti della storia d’Italia o tornerà finalmente libero a casa? Pinelli accende la sigaretta che gli offre Mainardi. L’aria della stanza è greve, insopportabile. Apre il balcone, si avvicina alla ringhiera per respirare una boccata d’aria fresca, un’improvvisa vertigine, un atto di difesa in direzione sbagliata, il corpo ruota sulla ringhiera e precipita nel vuoto» (dalla sentenza del giudice istruttore Gerardo D’Ambrosio del 27 ottobre 1975). [Boatti 1999]

Milano, 15 dicembre 1969. La finestra della stanza da dove è caduto Giuseppe Pinelli, al quarto piano della questura di Milano (L’Unità)