vanity, 6 dicembre 2010
Le manovre di Fini per il voto di fiducia del 14 dicembre
• Fini s’è messo d’accordo con
Casini e Rutelli e ha preparato la mozione di sfiducia al governo che sarà
votata martedì prossimo (dopo un discorso che Berlusconi terrà prima al Senato
e poi alla Camera). Hanno aderito al documento anche Lombardo (Mpa), Tanoni
(Libdem), Guzzanti e La Malfa. Il Cavaliere ha gridato al tradimento e la
settimana, trascorsa tra insulti vari, è culminata nella dichiarazione
domenicale: «Lo so d’essere vecchio, ma non lascio mica il testimone a questi
maneggioni attempati». Mentre si discute se la mozione di sfiducia rappresenti
la nascita del Terzo Polo (difficile), si fanno anche i calcoli sulla partita
del 14. Scontata la fiducia al Senato, improbabile quella alla Camera: Bocchino
ha mostrato che gli antiberlusconiani hanno 317 voti, cioè la maggioranza
assoluta. Berlusconi invece è convinto di poter persuadere un gruppetto
sufficiente di deputati a disertare l’aula oppure ad appoggiarlo. Se cado,
aggiunge, si va di sicuro alle elezioni, che a quanto pare non vuole però
nessuno. Quelli del fantomatico Terzo polo lo invitano a lasciare prima del
voto, unico modo per riavere l’incarico (secondo loro). Fino al momento in cui
scriviamo, il Cavaliere sembra non pensarci assolutamente.
• Fini e gli altri sono convinti
che non si andrà al voto, ma si farà un altro governo, soprattutto per via
della crisi internazionale: il Financial Times ha scritto che se, dopo la
Grecia e l’Irlanda, l’Europa fosse costretta a soccorrere la Spagna, l’Italia
verrebbe messa in crisi dalla sua quota di prestito, troppo alta per le nostre
finanze; Tremonti dovrà chiedere al mercato, entro marzo, 120 miliardi di euro;
il differenziale tra Btp italiani e Bund tedeschi è schizzato per un paio di
giorni a 210, una quota mai raggiunta prima. Tre o quattro o sei mesi senza un
governo stabile potrebbero quindi far entrare il nostro paese nel mirino della
speculazione internazionale: vendite in massa dei nostri titoli e tassi
proibitivi da pagare su Bot e Btp, con conseguenze incalcolabili sul nostro
debito.
• Le colombe di tutti gli
schieramenti starebbero lavorando a questa ipotesi: convincere la Lega a
prendersi Palazzo Chigi, promuovendo premier Maroni. Fli e Udc rientrerebbero
nella maggioranza e probabilmente anche al governo. La legge elettorale sarebbe
cambiata, i decreti attuativi sul federalismo andrebbero in porto anche se con
una qualche concessione, magari apparente, alla solidarietà. Sulla legge elettorale,
una cauta apertura è venuta proprio da Cicchitto, il capogruppo del Pdl alla
Camera. In una dichiarazione di sabato 4 dicembre, e in un’intervista apparsa
sulla Stampa di lunedì, ha ribadito che l’unica ipotesi alternativa alle
elezioni è un nuovo governo guidato da Berlusconi, e ha ammesso l’eventualità
di «arricchimenti programmatici» e di «modifiche possibili e accettabili della
stessa legge elettorale».
• L’asse
Fini-Casini-Rutelli vuole che l’attuale legge elettorale sia modificata almeno
nella parte che riguarda il premio di maggioranza. Come si sa, oggi il partito
o la coalizione che arriva primo nel voto per la Camera ha la garanzia del 54%
dei seggi, con qualunque percentuale abbia vinto, anche se minima. Casini ha
proposto che per riscuotere il premio di maggioranza ci voglia almeno il 45%
dei voti. Si sa che da parte del Pdl potrebbe essere accettata una percentuale
del 35%. È probabile che un accordo si possa trovare intorno al 40%, quota che
Pdl e Lega dovrebbero essere in grado di raggiungere. È intuibile che il Pdl
chiederebbe in cambio il varo dell’altra modifica, cioè l’introduzione di un
premio di maggioranza nazionale anche al Senato (il progetto è in commissione
al Senato).
• Questo
scenario bizantino trova però un ostacolo nella legge sul “legittimo
impedimento”. Il lettore ricorderà che questa legge rende possibile al
presidente del Consiglio e ai suoi ministri di respingere l’invito a
presentarsi in tribunale adducendo la semplice scusa del “legittimo
impedimento” dovuto a ragioni d’ufficio, ragioni che non è neanche necessario
specificare. Questo è l’unico scudo giudiziario in vigore adesso. Ma martedì
prossimo – lo stesso giorno della fiducia - la Consulta si riunirà per
stabilire se questa norma è costituzionale oppure no. Se la abrogasse, il
Cavaliere, anche restando a Palazzo Chigi, non avrebbe più modo di difendersi
dai giudici. Per far ingoiare a Berlusconi un governo di centro-destra non
guidato da lui, bisognerebbe perciò: che la Corte costituzionale – magari su
cauta preghiera di Napolitano – si decidesse a rinviare la sua riunione di
qualche mese (giugno 2011?), in modo da lasciare intatto lo scudo; che
Berlusconi, per godere del “legittimo impedimento”, facesse parte come ministro
del nuovo esecutivo. In base alle ultime rivelazioni di Wikileaks, il ministero
più adatto al Cavaliere sembrerebbe la Farnesina. [Giorgio Dell’Arti]