17 aprile 1978
Tags : Aldo Moro, il sequestro e l’uccisione
Trentatreesimo giorno del sequestro Moro
•
Due organizzazioni, la Caritas di ispirazione cattolica e Amnesty
International, sono pronte a intervenire per salvare la vita di Moro. Ad
Amnesty si è rivolta direttamente la famiglia Moro, la Dc prende le distanze
perché ritiene che un contatto diretto di questa organizzazione con i
terroristi rischia di accordare agli stessi terroristi una qualche credibilità
internazionale.
•
Parlano gli avvocati dei brigatisti sotto processo a Torino: secondo Giannino
Guiso e Sergio Spazzali, «Moro è vivo, ci sono ancora margini di trattativa», i
tempi però si sono stretti, «lo spazio si è ridotto a settimane, forse a
giorni» (Spazzali). «Il problema è il riconoscimento di uno stato politico ai
brigatisti. Per esempio, che non li si chiami più terroristi» (Guiso). «Se il
governo non può trattare, trattino i partiti», ma molto dipende dal Pci,
«l’architrave del fronte del no alle trattative (...). Il Pci ha il problema di
stendere un filo spinato che eviti troppe simpatie e fughe, verso i brigatisti,
della sua base più militante» (Spazzali). [Tobagi, Cds 18/4/1978]
• Alla ventunesima udienza del processo di Torino, Renato Curcio minaccia in aula
il presidente della corte Guido Barbaro: «Lei è stato insieme a Moro già
giudicato. La sentenza che le Brigate rosse hanno emesso contro Moro a questo
punto si dimostra valida per tutta la vostra classe e anche per lei».
•
Paolo Bufalini al comitato centrale del Pci: «Le strade e le piazze d’Italia
non debbono essere più teatro delle gesta di scalmanati e provocatori (...).
Non dimentichiamoci che non siamo più all’opposizione».