16 aprile 1978
Tags : Aldo Moro, il sequestro e l’uccisione
Trentaduesimo giorno del sequestro Moro
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Il presidente del Consiglio Andreotti e il ministro dell’Interno Cossiga in
mattinata salgono al Quirinale. Al termine del colloquio, il presidente Leone scrive
una lettera alla signora Moro in cui auspica che i brigatisti si comportino con
«senso di umanità e di intelletto», e preme sulla loro coscienza per indurli «a
risparmiare una vita il cui sacrificio non renderebbe loro nulla, assolutamente
nulla». La Dc mantiene ferma la decisione di non trattare e al tempo stesso
tenta un richiamo estremo ai terroristi: non per via diretta ma sollecitando un
intervento esterno al partito e al governo, quello di un’organizzazione
umanitaria per esempio, che si faccia megafono dell’appello. [Cds 17/4/1978]
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un mese dal rapimento di Moro e dalla strage di via Fani Roma è rimasta una
città profondamente traumatizzata. La situazione era tesa anche in precedenza
per la montante criminalità comune e il calo drastico dei reati, dovuto
all’impegno straordinario delle forze dell’ordine in funzione anti-terrorismo,
ha rinfrancato solo in parte i romani. «La massa sembra intenta a precedenti
abitudini; ma insensibilmente queste sono ancora cambiate, l’involuzione
continua, l’insicurezza guadagna terreno nonostante affioranti reazioni di
coraggio». I cinema perdono spettatori anche al penultimo spettacolo, i bar
anticipano la chiusura, dai 40 anni in su ora in pochi escono la sera. [Victor
Ciuffa, Cds 16/4/1978]