18 febbraio 1861
Parla Vittorio Emanuele, tutti applaudono
«Signori Senatori, Signori Deputati, libera ed unita quasi tutta, per mirabile aiuto della Divina Provvidenza, per la concorde volontà dei popoli, e per lo splendido valore degli eserciti, l’Italia confida nella virtù e nella sapienza vostra. A voi si appartiene di darle istituti comuni e stabile assetto. Nello attribuire le maggiori libertà amministrative a popoli che ebbero consuetudini ed ordini diversi veglierete perché l’unità politica, sospiro di tanti secoli, non possa mai essere menomata (Bravo! Benissimo!)». Il discorso della Corona dura meno di mezz’ora. A ogni passaggio è salutato da grida di «Bravo!». All’inizio della seduta i parlamentari hanno giurato, chiamati per appello alfabetico: dal ministro di Grazia e giustizia Cassinis i senatori, dal ministro dell’Interno Minghetti i deputati. Alle 11 e tre quarti è tutto finito. [G.Uff. 19/2/1861, G.Ge. 20/2/1861] (Leggi tutto il discorso) • «S’erano molto affannati a preparare quel discorso, avevano cercato per giorni e giorni una frase efficace, ficcante, come quella sul grido di dolore. Ma non l’avevano trovata e s’erano accontentati di dare alle parole del re quel tono abbastanza conciliante» (Giorgio Dell’Arti, Cavour, Marsilio 2011).