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 1861  marzo 13 calendario

La resa di Messina

Asserragliati nella cittadella fortificata di Messina da più di sette mesi – da quando, il 27 luglio, i garibaldini sono entrati in città – i soldati borbonici comandati dal generale Gennaro Fergola alla fine si arrendono alle truppe sabaude guidate dal generale d’armata Enrico Cialdini, l’uomo che ha espugnato Gaeta. I colpi di oltre quaranta potentissimi cannoni rigati e di dodici mortai, giunti sul terreno della battaglia alla fine di febbraio, hanno risolto l’assedio a favore dei piemontesi.

L’attacco a Messina

«L’ultimo propugnacolo della causa dei Borboni è caduto. Messina si è resa. Essa si è resa, evitando una guerra fra soldati della stessa nazione e figli della stessa patria italiana. La pacificazione delle province di Napoli e di Sicilia è ora compiuta e giova sperare che ne verrà facilitata l’opera del loro riordinamento amministrativo. Questo avvenimento, quantunque aspettato, torna assai gradito. I soldati italiani non avranno più a combattere contro italiani, e nel giorno in cui si proclama la costituzione del Regno d’Italia il vessillo borbonico non isventola più sopra le mura di alcuna fortezza. (...) Coloro che additano Roma, occupata dai francesi, nostri alleati, e Venezia, serva dell’Austria, quasi per deridere questo grande fatto della costituzione del Regno d’Italia, dovrebbero riflettere che mai non vi ebbero 22 milioni d’italiani uniti dalle stesse leggi e che riconoscano per sovrano lo stesso principe. (...) Il resto verrà; ma dobbiamo adoperar la politica della prudenza. Quelli che pretendevano si differisse la proclamazione del regno d’Italia, per poterla far dal Quirinale, avrebbero arrischiata ogni cosa ed indugiato intanto un atto, che ha una incontestabile importanza politica (...)». [Op. 14/3/1861] • Il presidente del Consiglio Camillo Cavour annuncia alla Camera che la Cittadella di Messina, dopo lunga resistenza del suo presidio borbonico, è capitolata. Si leva un applauso all’armata e alla flotta sabauda. Alle 9 nella rada di Messina salgono a bordo della nave «Maria Adelaide» gli ufficiali borbonici che sottoscrivono la resa della piazzaforte. Il Trentacinquesimo Reggimento di linea italiano ne prende possesso. Il generale Cialdini fa un cenno al generale borbonico Gennaro Fergola, che per otto mesi ha resistito all’attacco. I due si scambiano qualche parola. I visi di entrambi sono tesi. Fergola è stato fedele a Re Francesco II di Napoli fino alla fine. Ha accettato la resa solo quando gli è giunta l’autorizzazione, inviatagli dal suo sovrano il 10 marzo. E’ un soldato d’onore. Prima di arrendersi ha fatto lacerare le bandiere che sfidarono gli aggressori. Cialdini, irritato dalla sua resistenza, non gli concede gli onori delle armi, ma appena il saluto. Quindi fa disarmare dai Carabinieri gli ufficiali borbonici Willamat, Gaida, Bratti e Cavalieri. Si fa consegnare anche due disertori piemontesi. Eseguite le ultime operazioni di controllo alle truppe vinte, viene issata sulla Cittadella la bandiera tricolore italiana, salutata dalle artiglierie d’assedio di mare e di terra. Al generale Fergola è concesso di ritirarsi a Napoli, dove Re Francesco II, quale segno di stima, gli invia la gran croce dell’Ordine di San Giorgio (Maurizio Lupo, La Stampa 13/3/2011).