Marianna Aprile, Oggi 8/6/2016, 8 giugno 2016
Tags : Delitti Donne Femminicidi
Troppe donne morte
Milano, giugno
Sara Di Pietrantonio è stata uccisa a Roma, dall’ex fidanzato Vincenzo Paduano, il 29 maggio scorso. Due giorni dopo, a Cassina de’ Pecchi (vicino a Milano), Maria Teresa Meo, 40 anni, ha cercato invano di difendersi dalla coltellate che suo marito Giulio, 45, le ha inferto prima di piantarsi la lama nel petto. La figlia più grande, 14 anni, li ha trovati così quando è tornata da scuola. Tre giorni dopo, a San Felice sul Panaro (provincia di Modena), Kamaljit Kaur, 63 anni, è stata uccisa dal suo vicino, che le ha sparato al termine di una lunga serie di liti e poi ha tentato di far esplodere la casa. Donne morte per mano di uomini incapaci di accettare la loro indipendenza e le loro scelte, o che in loro vedevano il riflesso del proprio fallimento. Nel 2015 in Italia i femminicidi sono stati 138 e tra gennaio e maggio del 2016, secondo il monitoraggio del blog collettivo del Corriere della Sera - La 27esima Ora, le vittime sono già state 41. «I nostri dati parlano invece di 55 donne uccise, ma sono provvisori e saranno vagliati caso per caso dal ministero dell’Interno solo a fine anno», dice il dottor Fabio Piacenti, presidente di Eures (eures.it), che ha da poco pubblicato uno studio sul femminicidio in Italia negli ultimi cinque anni.
Triplicati in 20 anni
«Il 70 per cento delle vittime viene ucciso all’interno della famiglia e il 23 per cento all’interno della coppia; nel 44,2 per cento dei casi, l’omicida dopo si suicida o almeno ci prova; nel 31,4 per cento si costituisce alle forze dell’ordine», dice Piacenti. I dati, però, sono più bassi rispetto al 2015. «Un calo del 5-7 per cento è da considerarsi irrilevante. Dobbiamo piuttosto preoccuparci del fatto che le morti di uomini, in Italia, diminuiscono in modo significativo, e quelle delle donne calano poco. In ogni caso, 20 anni fa le vittime femminili di omicidi erano appena l’11 per cento del totale e oggi il 35». I numeri dicono che al Nord accade più spesso. Perché? «I femminicidi sono più frequenti nelle aree del Nord Europa rispetto a quelle del Mediterraneo, perché a Nord quei mutamenti culturali che vanno verso una maggiore autodeterminazione, economica e affettiva, delle donne procedono più veloci che a Sud. La velocità di questi cambiamenti genera più facilmente conflitti e violenza. In Italia, in realtà, il fattore di rischio (il rapporto tra numero donne uccise e popolazione femminile, ndr) tra Nord e Sud è sempre più simile», dice Piacenti.
La parola per dirlo
Sul femminicidio, quindi, Nord e Sud non sono distanti, e neanche le varie generazioni. «Si tratta di un fenomeno trasversale e resistente, frutto di un ritardo culturale difficile da aggredire, tra i giovani e i meno giovani, specie se non si trasformano i buoni propositi legati all’emergenza in una reale priorità. I cambiamenti culturali degli ultimi 30 anni sono radicali e senza campagne di educazione ci vorranno generazioni perché siano metabolizzati e perché la cultura del possesso che è alla base di molti di questi assassinii venga superata», dice Piacenti. Il percorso da fare, insomma, è prima di tutto culturale. «Dovrebbe passare per le scuole, in cui casi come quelli di Sara dovrebbero diventare spunti per costringere i giovani uomini e le giovani donne a confrontarsi col tema dell’indipendenza reciproca e dell’autodeterminazione». Molto possono fare anche giornali e tv. Che però ancora mostrano un certo pudore nel definire questi delitti “femminicidi”, nel timore che il termine stesso possa risultare discriminatorio. L’importanza di usarlo l’ha invece spiegata bene la filosofa e deputata Michela Marzano: «Femminicidio non indica il sesso della morta. Indica il motivo per cui è stata uccisa. Una donna uccisa durante una rapina non è un femminicidio. Sono femminicidi le donne uccise perché si rifiutavano di comportarsi secondo le aspettative che gli uomini hanno delle donne».