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 2016  marzo 06 Domenica calendario

I DIARI DI PAUL KLEE

(Diari 1898-1918)

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PAUL KLEE E IL DOMINIO DELLA VITA –
Diario. «Il diario non è, appunto, un’opera d’arte, ma un’opera del tempo».
Sguardo retrospettivo. «Superata la prima infanzia, scrissi bei componimenti e imparai anche a dar di conto (fino agli undici o dodici anni). Poi mi colse la passione per le fanciulle. Seguì il tempo in cui portavo il berretto di studente sul cocuzzolo e abbottonavo la giacca con il solo bottone più basso (fino ai quindici anni). Poi cominciai a credermi un pittore di paesaggi e imparai a imprecare contro l’umanesimo. Dopo la prima liceale sarei scappato volentieri di casa, ma ne ero impedito dalla volontà dei genitori. Mi sentivo un martire. Superato a stento l’esame di maturità, comincia a Monaco lo studio della pittura» (13.2.1898).
Debuttanti. «Timore panico dei debuttanti. Però a voi che mi avvicinate e che un giorno mi capirete, dico che se dovessi morire prematuramente, molto perdereste» (1899).
Arte. «Considerazioni sull’arte, nei miei ritratti. Se qualcuno non riconosce quanto essi siano veri, consideri che il mio compito non è quello di rendere i tratti esteriori (ciò che si ottiene anche con una fotografia), ma di penetrare nell’intimo. Io ritraggo anche i reconditi moti del cuore. Scrivo parole sulla fronte e attorno agli angoli della bocca. I miei volti umani sono più veri dei reali» (1900).
Uomo. «Ciò che ora conta non è neppure di dipingere soggetti prematuri, bensì di essere uomo o almeno di diventarlo. L’arte di dominare la vita è la condizione fondamentale di tutte le manifestazioni ulteriori, si tratti poi di pittura, architettura, dramma o musica» (3 giugno 1902).
Bellezza. «Rendo omaggio alla bellezza con il disegnare i suoi nemici (caricature, satira), così spesso pensavo. Ma non basta. Devo darle anche una forma diretta, con piena forza persuasiva. Meta remota, sublime. Già quasi nel sonno, mi sono avventurato su questo cammino. Ma dovrò farlo ben desto. Una via forse più lunga della mia vita».
Giorni. «Lavoro a tempera, con sola acqua, per evitare ogni tecnica difficile. Procedo con calma e attenzione, una cosa dopo l’altra. Per una testa da due a tre giorni, per un braccio o una gamba un giorno, per i piedi un giorno, per i lombi altrettanto e così per ciascuno dei diversi particolari» (1901).
Fate. «Le fate devono essere tutte attempate e severe. Altrimenti in qualche fiaba dovrebbe pur avvenire che alla domanda sui soliti tre desideri il giovine risponda una volta di volere la fata».
Acquerelli. «Rimestare colore in polvere e acqua di colla e spalmare come se fosse un fondo di creta. Così si otterrà fin dall’inizio di dare rilievo al chiaro e allo scuro».
Semplice. «Nell’arte è preferibile dire ogni cosa una sola volta, e sempre nel modo più semplice».
Tavolozza. «Tavolozza ridotta: “1. Bianco, 2. Nero, 3. Giallo di Napoli, 4. Capit mortum, 5. E 6. Eventualmente ancora verde permanente e blu oltremare. Badare ai grigi! Grigio caldo: nero con giallo di Napoli; grigio freddo: bianco con nero”» (1910).
Luce. La luce vista dal disegnatore. Rendere la luce con toni chiari è cosa risaputa; renderla con movimento di colori è giù più nuovo. Ora tento di rendere la luce semplicemente quale espressione di energia. A questo devo pervenire anche se tratto l’energia in nero su fondo bianco. Ricordo in proposito l’effetto assolutamente convincente del nero come luce nella negativa fotografica. Inoltre si nota sempre l’elemento di minor rilievo; si abbia presente, in proposito, l’applicazione di un po’ di luce, essenziale, con qualche linea su fondo bianco. Accumulare tratti decisi in gran quantità su quel po’ di luce sarebbe in realtà negativa» (1910).
Epigrafe. Epigrafe sulla tomba di Klee: «Qui riposa il pittore Paul Klee, nato il 18 dicembre 1879, morto il 29 giugno 1940. Nell’al di qua non mi si può afferrare / Ho la mia dimora tanto tra i morti / Quanto tra i non nati / Più vicino del consueto alla creazione / Ma ancora non abbastanza vicino».
Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 6/3/2016