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 2016  marzo 02 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL SUPERMARTEDI CONFERMA TRUMP E CLINTON


REPUBBLICA.IT
WASHINGTON - Clinton e Trump sono i vincitori del Super-Tuesday: l’ex segretaria di Stato e il miliardario hanno conquistato 6 Stati ciascuno, mentre in altri il conteggio è ancora in corso. Ma per la candidata democratica - che ha fatto un ampio discorso di vittoria, parlando da candidata già proiettata verso il voto di novembre - ci sono anche segnali meno positivi: Sanders ha vinto in Oklahoma e in Colorado, Stati in cui la Clinton era data per favorita.

SPECIALE: I DELEGATI REPUBBLICANI - DEMOCRATICI

La sfida tra Hillary Clinton e Donald Trump per la Casa Bianca a novembre comunque è sempre più probabile. Trump continua la sua corsa impetuosa verso la nomination vincendo le primarie repubblicane in diversi Stati, dal Nordest al Sud. Le proiezioni gli assegnano la vittoria in Alabama, Arkansas, Virginia, Georgia, Tennesee e Massachussetts.

E se la vittoria di Cruz in Texas era attesa (è il suo Stato), la conquista dell’Oklahoma da parte del senatore texano non era prevista. Così come arriva a sorpresa anche il sorpasso su Trump nei caucus dell’Alaska: Cruz si aggiudica il 36,4%, appena 627 sopra Trump. Marco Rubio vince invece in Minnesota, la sua prima vittoria elettorale in queste primarie.

STATO PER STATO: REPUBBLICANI Alabama / Alaska / Arkansas / Colorado / Georgia / Massachusetts / Minnesota / North Dakota / Oklahoma / Tennessee / Texas / Vermont / Virginia / Wyomyng

Hillary Clinton conferma la sua schiacciante superiorità negli Stati del Sud, vince o stravince con vantaggi a due cifre in Alabama, Arkansas, Georgia, Massachusetts, Tennessee, Texas e Virginia. Non si vince una nomination democratica senza gli sfro-americani, e il loro verdetto favorisce in modo nettissimo la Clinton. Bernie Sanders porta a casa il suo Vermont (del quale è senatore), l’Oklahoma, il Colorado e il Minnesota. Gli exit poll lo davano in testa anche in Massachusetts, Stato del Nord-Est liberal e molto bianco che fu storicamente la roccaforte dei Kennedy: ma lo spoglio dice che qui la Clinton è in testa.

STATO PER STATO: DEMOCRATICI Alabama / Arkansas / Colorado / Georgia / Massachusetts / Minnesota / Oklahoma / Tennessee / Texas / Vermont / Virginia

Il Trump-ciclone resta il fenomeno più sconvolgente di questa stagione politica. L’ascesa del tycoon newyorchese non è stata fermata, finora, dalla raffica di accuse dei suoi avversari. Non lo hanno danneggiato in modo significativo né le sue ambiguità sull’endorsement di un leader razzista del Ku Klux Klan; né le accuse di aver impiegato illegalmente immigrati clandestini o truffato gli iscritti alla Trump University; né gli attacchi sui guai nascosti nelle sue dichiarazioni fiscali.

Trump è l’avversario "ideale" per Hillary? Lei lo batterebbe con ampio margine: 52% per l’ex segretario di Stato contro il 44% per il magnate immobiliare newyorchese secondo l’ultimo sondaggio della Cnn. La vittoria sarebbe molto più incerta, invece, se in finale arrivassero altri candidati repubblicani, Ted Cruz o Marco Rubio. Ma Trump gode di un vantaggio evidente, finché i voti "contro" di lui continuano a sparpagliarsi su così tanti candidati: Rubio, Cruz, più John Kasich e Ben Carson.

L’artimetica delle primarie è implacabile, gli altri si spartiscono le briciole mentre lui continua ad accumulare delegati per la convention di luglio. E’ l’incubo dell’establishment repubblicano che si avvera? All’interno del partito repubblicano la prospettiva di una nomination per Trump provoca una vera crisi, politica e di coscienza. Aumenta la schiera dei repubblicani che invocano una terza candidatura - come Michael Bloomberg - o dichiarano a priori che non voteranno Trump se sarà lui il candidato consacrato dalla convention di luglio.

L’idea però che Trump sia destinato a perdere contro la Clinton, viene contraddetta da un retroscena del New York Times che attinge a fonti del partito democratico. Bill Clinton sarebbe spaventato all’idea che la moglie debba lanciarsi in duelli contro un uomo che padroneggia come pochi l’insulto. Secondo l’ex consigliere strategico di George W. Bush, Matthew Dowd, Hillary ha una’organizzazione che assomiglia a "una nave petroliera", ma affrontare Trump è come "vedersela coi pirati somali".

LASTAMPA.IT
Donald Trump e Hillary Clinton hanno vinto il “Super Tuesday” delle primarie americane, ma senza riuscire a chiudere in maniera definitiva la partita. La loro nomination per le presidenziali di novembre come candidati del Partito repubblicano e democratico è sempre più vicina, forse ormai inevitabile, però gli avversari non mollano. Trump ha vinto in Georgia, Alabama, Tennessee, Massachusetts, Virginia, Arkansas e Vermont, facendo anche il pieno dei delegati che deve conquistare per essere scelto alla Convention del Grand Old Party che si svolgerà a luglio a Cleveland. Una prestazione dominante, che lo lancia verso la nomination. «Io - ha detto Donald dopo il successo - sto allargando la base del partito. I voti sono con me, solo io posso battere Hillary Clinton, e l’establishment deve accettare questo fatto».


Il commento del direttore Molinari: “Clinton e Trump, linguaggi simili”



I RISULTATI - Chi ha vinto e chi ha perso



Il senatore Ted Cruz, però, ha vinto il suo stato del Texas, il vicino Oklahoma e l’Alaska, e questo lo ha spinto a chiedere che tutti gli altri candidati si ritirino, per concentrare su di lui i voti di chi non vuole Trump: «Solo io l’ho battuto tre volte. Gli altri ad un certo punto dovranno prendere atto della realtà e consentirci di riunificare il partito». Ma anche il senatore della Florida Marco Rubio ha ottenuto il suo primo successo, in Minnesota, e quindi ha dichiarato che non si ritirerà. Anzi, i suoi consiglieri pensano che possa vincere il proprio stato il 15 marzo, e quindi lanciare la rimonta nel Midwest. Il loro obiettivo è impedire che Trump ottenga abbastanza delegati per rendere inevitabile la sua nomination, e quindi contestarla alla Convention, dove l’establishment farebbe poi convergere il consenso del partito su Rubio. Trump quindi è sempre più lanciato, ma i notabili del suo stesso partito stanno cercando disperatamente di bloccarlo, al punto che hanno sollecitato diversi donatori a finanziare una campagna pubblicitaria contro di lui.



Sul fronte democratico, la Clinton ha vinto in Georgia, Virginia, Alabama, Tennessee, Texas, Arkansas, Massachusetts (più Samoa) tutti stati pesanti che le hanno consentito di aumentare il suo vantaggio su Sanders in termini di delegati. Dal punto di vista matematico, le possibilità di negarle la nomination sono praticamente inesistenti, ma Bernie non molla. Anche lui ha vinto, nel suo stato del Vermont, e poi in Colorado, Minnesota e Oklahoma. Sono stati piccoli, in termini di delegati, ma questi successi gli consentono di dire che la sua campagna ha ancora un senso. Adesso spera di fare delle sorprese nel Midwest, a partire dal Michigan che voterà l’8 marzo, per cercare di fermare Hillary. La Clinton però ha già gli occhi sulla sfida di novembre, probabilmente contro Trump, che infatti ieri ha attaccato: «L’America non ha bisogno di tornare grande: non ha mai smesso di esserla. Però deve diventare più inclusiva, e bisogna abbattere le barriere, invece di costruirle».

MASTROLILLI
Prima ancora di conoscere i risultati delle primarie del “Super Tuesday”, Hillary Clinton e Donald Trump stavano già pensando alla loro sfida di novembre nelle presidenziali. Nessuno dei due lo ammette ufficialmente, ma entrambi ormai danno per scontato di essere i candidati democratico e repubblicano, a meno che scandali come quello delle mail private per la prima, o il boicottaggio dell’establishment del proprio partito per il secondo, riescano a fermarli.



Secondo il New York Times, dopo le vittorie in Nevada e South Carolina i consiglieri della Clinton hanno tenuto una riunione per pianificare l’offensiva contro Trump. Pensano che sia il candidato più facile da affrontare, perché offre il fianco a molti attacchi, e un sondaggio della Cnn ieri diceva che perderebbe tanto con Hillary, che contro di lui otterrebbe il 52% dei voti, quanto con Sanders, che riceverebbe il 55%. Proprio l’ex presidente Bill però li ha richiamati alla realtà, avvertendo che se non prenderanno Donald sul serio, andranno incontro a una grossa delusione.
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Il commento del direttore Molinari: “Clinton e Trump, linguaggi simili”



La forza della Clinton sta nelle minoranze, nera e ispanica, ma deve recuperare consenso fra le donne, i giovani, e i bianchi della classe media e bassa, attirati dal messaggio populista di Donald. Lui, puntando sul nazionalismo in economia e politica estera, sta attirando elettori che in passato si astenevano, ma anche democratici incerti. Questo a novembre gli consentirebbe di mettere in gioco stati considerati vicini ad Hillary, come North Carolina, Ohio, Florida, Michigan, Pennsylvania, Wisconsin, e secondo alcuni persino New York. La sua campagna sarebbe imprevedibile, come «affrontare i pirati con una portaerei», con la Clinton impegnata a illustrare i suoi programmi, e lui che l’attacca con battute da Twitter sui tradimenti del marito.



Il piano per contrastarlo si basa su tre punti: dipingerlo come un misogino bigotto, usando le sue stesse dichiarazioni per galvanizzare il voto femminile; ricordare le posizioni razziste prese, per spingere alle urne gli ispanici; sottolineare la sua inaffidabilità, tanto nel fare gli interessi economici della classe media, quanto nel difendere il paese col suo temperamento impulsivo. Hillary si concentrerebbe sul proprio messaggio positivo, che ha già cominciato a lanciare: l’America ha bisogno di più amore e gentilezza, e deve rimuovere gli ostacoli invece di alzarli. I Super Pac che la sostengono, come Priorities Usa, Correct the Record, o Emily’s List, farebbero il lavoro sporco, investendo oltre 200 milioni di dollari in spot negativi e raccolta di informazioni imbarazzanti sulla vita personale e l’attività imprenditoriale di Trump. Bill avrebbe l’incarico di rispondere con forza ai colpi più bassi di Donald, e Obama poi si unirebbe per definirlo non adatto al ruolo di presidente. Anche Sanders poi servirebbe, per travasare verso Hillary il voto di giovani e donne che ha mobilitato finora. Trump però risponde che ha già sorpreso i repubblicani, cambiando l’intera dinamica delle primarie, e lo stesso farà con la noiosa Hillary a novembre.

CORRIERE.IT
Il miliardario Donald Trump ha conquistato sette Stati nel «Super Martedì» e, con 285 delegati, è nettamente in testa sui rivali repubblicani (il senatore del Texas Ted Cruz con 160, il senatore della Florida Marco Rubio con 87). Gli esperti a questo punto ipotizzano due scenari: la sua incoronazione o una sua quasi-vittoria che porterebbe a una «convention aperta» nella quale si deciderà il candidato repubblicano alla presidenza. Nei meeting del campo di Hillary intanto si pone ormai una domanda fino a poco tempo fa inimmaginabile: come sconfiggere Trump alle presidenziali? Secondo un sondaggio pubblicato oggi da Cnn/Orc, in un ipotetico scontro finale per la Casa Bianca, Clinton vincerebbe facilmente contro Trump (con il 52% contro il 44%) ma pure Bernie Sanders lo batterebbe (55% contro il 43%). Hillary potrebbe avere più problemi a sconfiggere invece Rubio o Cruz, secondo lo stesso sondaggio. C’è comunque anche chi consiglia la cautela — Bill Clinton per primo —, ovvero di non sottovalutare il miliardario e la sua «presa» sull’elettorato, il che è stato un grosso errore iniziale dei suoi rivali repubblicani. PUBBLICITÀ inRead invented by Teads Secondo Simon Rogers, ex datablogger del «Guardian», la ricerca della frase «Come trasferirsi in Canada» è aumentata del 350 per cento nelle ultime ore. La marcia di Donald sulla Casa Bianca è ormai inevitabile? Secondo voi Trump può diventare davvero presidente Usa? Votate. 2 marzo 2016 (modifica il 2 marzo 2016 | 11:06) © RIPRODUZIONE RISERVATA ] Il miliardario Donald Trump ha conquistato sette Stati nel «Super Martedì» e, con 285 delegati, è nettamente in testa sui rivali repubblicani (il senatore del Texas Ted Cruz con 160, il senatore della Florida Marco Rubio con 87). Gli esperti a questo punto ipotizzano due scenari: la sua incoronazione o una sua quasi-vittoria che porterebbe a una «convention aperta» nella quale si deciderà il candidato repubblicano alla presidenza. Nei meeting del campo di Hillary intanto si pone ormai una domanda fino a poco tempo fa inimmaginabile: come sconfiggere Trump alle presidenziali? Secondo un sondaggio pubblicato oggi da Cnn/Orc, in un ipotetico scontro finale per la Casa Bianca, Clinton vincerebbe facilmente contro Trump (con il 52% contro il 44%) ma pure Bernie Sanders lo batterebbe (55% contro il 43%). Hillary potrebbe avere più problemi a sconfiggere invece Rubio o Cruz, secondo lo stesso sondaggio. C’è comunque anche chi consiglia la cautela — Bill Clinton per primo —, ovvero di non sottovalutare il miliardario e la sua «presa» sull’elettorato, il che è stato un grosso errore iniziale dei suoi rivali repubblicani.

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Secondo Simon Rogers, ex datablogger del «Guardian», la ricerca della frase «Come trasferirsi in Canada» è aumentata del 350 per cento nelle ultime ore. La marcia di Donald sulla Casa Bianca è ormai inevitabile?

Secondo voi Trump può diventare davvero presidente Usa? Votate.

2 marzo 2016 (modifica il 2 marzo 2016 | 11:06)
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SARCINA PER CORRIERE


[Esplora il significato del termine: MIAMI - Donald Trump conquista sette Stati, in particolare il Sud dell’America e l’Alaska; si conferma il candidato favorito per la nomination e destabilizza, in modo drammatico, il partito repubblicano. Anche Hillary Clinton vince nella striscia meridionale e allunga ancora il distacco nei confronti di Bernie Sanders. Il significato politico del «Supermartedì», quando mancano solo i risultati dell’Alaska, è chiaro: il consenso popolare di Donald Trump cresce ovunque e in alcune zone degli Stati Uniti prorompe tumultuosamente. L’ortodossia repubblicana ha solo una residua e teorica possibilità di fermarlo: coalizzare le forze su un’unica candidatura. Il punto è che, subito dopo i risultati, sia Marco Rubio che Ted Cruz hanno entrambi e quasi contemporaneamente rivendicato il ruolo di anti-Trump. I delegati Il miliardario newyorkese ha battuto tutti, con largo margine, nel territorio profondamente conservatore e tradizionalista d’America: Georgia, Alabama, Virginia, Arkansas, Tennessee. Ma si impone, sia pure con margini più contenuti, anche nell’area liberal della costa Est: Massachusetts e Vermont. Cruz arriva primo in casa sua, in Texas, e un po’ a sorpresa anche in Oklahoma, poi prevale anche in Alaska strappandolo al miliardario dopo un lungo testa a testa. Rubio conquista finalmente il primo Stato, il Minnesota. Ma la distribuzione dei delegati mostra quali siano le diverse velocità tra i primi tre classificati. Su 595 delegati, 176 vanno a Trump, 93 a Cruz e 54 a Rubio. Le altre due comparse, John Kasich (secondo nel Vermont, il suo miglior piazzamento di tutta la campagna) e Ben Carson, ottengono rispettivamente 17 e 3 rappresentanti nella Convention di luglio. shadow carousel Super Tuesday dominato da Clinton e Trump: le foto dalle primarie Usa ] MIAMI - Donald Trump conquista sette Stati, in particolare il Sud dell’America e l’Alaska; si conferma il candidato favorito per la nomination e destabilizza, in modo drammatico, il partito repubblicano. Anche Hillary Clinton vince nella striscia meridionale e allunga ancora il distacco nei confronti di Bernie Sanders.

Il significato politico del «Supermartedì», quando mancano solo i risultati dell’Alaska, è chiaro: il consenso popolare di Donald Trump cresce ovunque e in alcune zone degli Stati Uniti prorompe tumultuosamente. L’ortodossia repubblicana ha solo una residua e teorica possibilità di fermarlo: coalizzare le forze su un’unica candidatura. Il punto è che, subito dopo i risultati, sia Marco Rubio che Ted Cruz hanno entrambi e quasi contemporaneamente rivendicato il ruolo di anti-Trump.

I delegati

Il miliardario newyorkese ha battuto tutti, con largo margine, nel territorio profondamente conservatore e tradizionalista d’America: Georgia, Alabama, Virginia, Arkansas, Tennessee. Ma si impone, sia pure con margini più contenuti, anche nell’area liberal della costa Est: Massachusetts e Vermont. Cruz arriva primo in casa sua, in Texas, e un po’ a sorpresa anche in Oklahoma, poi prevale anche in Alaska strappandolo al miliardario dopo un lungo testa a testa. Rubio conquista finalmente il primo Stato, il Minnesota. Ma la distribuzione dei delegati mostra quali siano le diverse velocità tra i primi tre classificati. Su 595 delegati, 176 vanno a Trump, 93 a Cruz e 54 a Rubio. Le altre due comparse, John Kasich (secondo nel Vermont, il suo miglior piazzamento di tutta la campagna) e Ben Carson, ottengono rispettivamente 17 e 3 rappresentanti nella Convention di luglio.
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I democratici

Sul versante democratico Hillary pianta otto bandierine, compreso il territorio di Samoa. Si annette, come Trump, il Sud, prevalendo largamente in Alabama, Georgia, Tennessee, Virginia, nel gigantesco Texas e, nel cortile di famiglia, l’Arkansas. Importante, però, anche il successo in Massachusetts, dove ha spezzato la rimonta dell’Est, progettata da Bernie Sanders. Il settantaquattrenne senatore incassa, come previsto, il plebiscito del suo Stato di origine, il Vermont. Ma in qualche maniera tiene vive la corsa andando a prendersi il Colorado, il Minnesota e l’Oklahoma. La conta dei delegati: 436 a Hillary, 260 a Bernie. Poi andrà calcolata la ripartizione dei superdelegati, indicati direttamente dal partito democratico e quasi tutti sostenitori dell’ex first Lady. Il ritmo, però, è forsennato.
Come funziona (e perché è importante) il Super Tuesday delle primarie Usa

Come funziona (e perché è importante) il Super Tuesday delle primarie Usa
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Dove e quando si vota

Il prossimo appuntamento

Neanche il tempo di completare il tabellone delle percentuale di martedì e l’attenzione si sposta già verso la Florida, dove si vota il 15 marzo e dove martedì sera Clinton, Trump e Rubio hanno tirato le conclusioni sul «Super martedì». Clinton e Trump potrebbero fare un altro passo, in parallelo, verso la nomination, avvicinandosi quindi alla sfida incrociata per la Casa Bianca. Evidentemente il consenso di Trump non è stato scalfito dall’offensiva polemica lanciata dagli avversari che lo accusano di aver collegamenti ambigui con i leader razzisti del Ku Klux Klan e di non essere in regola con il fisco. Ieri notte un altro segnale a suo favore: il governatore della Florida, lo Stato di Marco Rubio, ha aspettato l’esito delle urne e poi è corso, come diceva Ennio Flaiano, in soccorso del vincitore, dichiarando il suo appoggio a Donald Trump.



[Esplora il significato del termine: Il Super Tuesday è il più importante degli appuntamenti delle primarie. Sono coinvolti 13 Stati e un territorio (le Samoa americane). Si volta in Alabama, Arkansas, Colorado, Georgia, Massachusetts, Minnesota, Oklahoma, Tennessee, Texas, Vermont, Virginia, mentre in Alaska e nel Wyoming si tengono solo i caucus dei repubblicani. Hillary Clinton in Virginia (Afp) prev next Hillary Clinton in Virginia (Afp) Le votazioni chiuderanno nella maggior parte degli Stati tra le 19 e le 20 sul fuso orario della costa orientale (ET). Nel Super Tuesday vengono inclusi gli stati del Sud come Alabama, Arkansas, Georgia, Oklahoma, Tennessee, Texas e Virginia (i cosiddetti Sec, nome che si riferisce alla Southeastern Conference, lega atletica dei college). Alle 19 chiuderanno le votazioni in Georgia, Vermont, Virginia. Alle 20 in Alabama, Massachusetts, Oklahoma, Tennessee. Alle 20.30 in Arkansas. Alle 21 in Colorado, Texas e Minnesota. I caucus repubblicani in Alaska andranno avanti fino a mezzanotte. prev Come si votanext 1 marzo 2016 | 13:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA shadow 0 0 2 6 Dopo aver letto questo articolo mi sento... CONTRIBUTI 0 SCRIVI aside shadow 1. Dove e quando si vota 2. Come si vota 3. Cosa si vince 4. Gli appuntamenti successivi ] Il Super Tuesday è il più importante degli appuntamenti delle primarie. Sono coinvolti 13 Stati e un territorio (le Samoa americane). Si volta in Alabama, Arkansas, Colorado, Georgia, Massachusetts, Minnesota, Oklahoma, Tennessee, Texas, Vermont, Virginia, mentre in Alaska e nel Wyoming si tengono solo i caucus dei repubblicani.
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Le votazioni chiuderanno nella maggior parte degli Stati tra le 19 e le 20 sul fuso orario della costa orientale (ET). Nel Super Tuesday vengono inclusi gli stati del Sud come Alabama, Arkansas, Georgia, Oklahoma, Tennessee, Texas e Virginia (i cosiddetti Sec, nome che si riferisce alla Southeastern Conference, lega atletica dei college). Alle 19 chiuderanno le votazioni in Georgia, Vermont, Virginia. Alle 20 in Alabama, Massachusetts, Oklahoma, Tennessee. Alle 20.30 in Arkansas. Alle 21 in Colorado, Texas e Minnesota. I caucus repubblicani in Alaska andranno avanti fino a mezzanotte.
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