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 2016  marzo 02 Mercoledì calendario

ABBASSO LA DIETA


Di recente la mia amica Anna – che nella realtà ha un nome diverso – ha provato la dieta paleo. Ha smesso di mangiare latticini, carboidrati, zuccheri raffinati e cibi elaborati; in sei settimane ha perso quasi sette chili. Ha però anche rinunciato ad aperitivi, uscite con le amiche, festeggiamenti in ufficio e a qualsiasi situazione che l’avrebbe indotta in tentazione.
Anna sentiva la mancanza della vita precedente, e in breve tempo è scivolata di nuovo nelle antiche abitudini, riprendendo i chili smaltiti e anche qualcuno in più: un’esperienza cui è abituata. Negli anni infatti ha seguito molte diete, ma non è mai riuscita a mantenere un corretto regime alimentare. Ogni volta la bilancia finisce per risalire, inesorabile come un pendolo.
La mia amica Anna non è certo la sola ad avere questo genere di difficoltà. In ogni istante almeno uno statunitense adulto su cinque si mette a dieta, ma pochissimi riescono a stare davvero alla larga dai chili di troppo. Può sembrare strano, ma è scientificamente provato che quasi mai le diete fanno dimagrire. Chi le segue finisce per guadagnare più peso di quello che aveva perso.
Con il termine «dieta» intendo i regimi alimentari che prevedono una riduzione delle porzioni di cibo a ogni pasto, una severa restrizione calorica e la totale eliminazione di alcuni gruppi alimentari: carboidrati, grassi, dolci e così via. Nonostante le rigide proibizioni le diete continuano ad attrarre, perché offrono una chiara e rapida prescrizione di ciò che si deve e non si deve mangiare per superare i comportamenti alimentari scorretti e raddrizzare le scelte sbagliate. In realtà, però, non funzionano quasi mai. Sono strategie troppo estreme e praticamente impossibili da mantenere a lungo.
Il mio consiglio, come psicologa e specialista in materia, è: non mettetevi a dieta. Non eliminate nessun gruppo alimentare, non contate le calorie. Non mettetevi a stecchetto, non imponetevi rinunce. Queste strategie sono un’arma a doppio taglio, perché comportano effetti psicologici fin troppo familiari a chiunque sia avvezzo alle diete: un intenso desiderio per gli alimenti banditi, scorpacciate di cibo spazzatura al primo momento di debolezza, il pensiero costantemente rivolto al cibo. Sono sempre più numerosi gli studi scientifici che spiegano perché queste tendenze minano gli sforzi di molti, confermando che, per evitare queste insidie, l’unica strada da percorrere è la moderazione. Applicare ai nostri schemi alimentari qualche leggera modifica che saremo in grado di incrementare nel tempo è il modo migliore per ottenere una stabile riduzione del peso. Ovviamente questo messaggio di moderazione vi sarà arrivato migliaia di volte, ma è una verità troppo evidente per essere ignorata.
Mantenere il giusto peso è una faccenda cruciale: con l’aumento dell’obesità e i problemi di salute a essa collegati – diabete e malattie cardiache sono fra le prime cause di morte nei paesi occidentali – è chiaro che occorre affrontare la questione della dieta cercando di capire a fondo che cosa funziona e che cosa non funziona. Cominciamo dalle strategie che non funzionano.

L’effetto «e che diavolo!»
Alcuni studi hanno dimostrato con certezza che le diete tendono a far aumentare il peso anziché ridurlo. Un interessante articolo pubblicato nel 2013 sul sito della rivista «Frontiera in Psychology» affermava che, secondo 15 studi su 20, negli adolescenti e negli adulti di peso normale le diete portano a un aumento di peso.
Uno dei problemi principali, in un regime di restrizione alimentare, è che quando si cade in tentazione dopo essersi imposti per giorni rigide privazioni si è più inclini all’abbuffata. Questa tendenza, che gli psicologi chiamano «effetto “e che diavolo...”», mina ogni tentativo di dimagrimento. Come dimostra una ricerca del 2010 condotta da alcuni psicologi dell’Università di Toronto, l’effetto si produce ogni volta che si crede di avere ormai sforato la dieta. Nell’esperimento 106 studentesse, a dieta oppure no, ricevevano tutte un’identica fetta di pizza. Alcune vedevano altre ragazze con una fetta più piccola della propria, altre più grande e altre ancora nessuna fetta.
Dopo avere ingerito ognuna la propria pizza, le partecipanti venivano invitate ad assaggiare qualche biscotto. Le studentesse che non erano a dieta, insieme a quelle che lo erano e pensavano di aver mangiato una fetta di pizza più piccola e a quelle che non avevano vissuto il paragone, mangiavano una minore quantità di biscotti. Quelle a dieta, invece, convinte di avere ormai trasgredito divorando una fetta di pizza più grande, mangiavano più biscotti di tutte. Persuase, secondo i ricercatori, di avere ormai mandato all’aria il regime alimentare dicevano a se stesse: «E che diavolo, a questo punto chi mi vieta una bella scorpacciata di biscotti». Numerosi altri studi confermano che infrangere la dieta, o anche solo credere di averlo fatto, è sufficiente per perdere l’autocontrollo.

L’effetto rimbalzo
Alcune diete promettono la libertà da qualsiasi restrizione e il permesso di mangiare a piacimento all’interno di alcuni gruppi alimentari, eliminandone totalmente altri. Il problema è che quando ci asteniamo dai nostri cibi preferiti – requisito di quasi tutti i regimi alimentari di perdita di peso – sviluppiamo un profondo desiderio nei confronti di quegli alimenti. Giurate di non mangiare più pasta, e vi ritroverete a sognare un piatto di spaghetti.
La preoccupazione per il cibo è l’inevitabile conseguenza di ogni dieta. Il fenomeno è chiamato dagli psicologi «effetto rimbalzo», e si verifica ogni volta che, sopprimendo un pensiero, ne incrementiamo automaticamente l’indesiderata comparsa. Lo ha reso celebre David Wegner, lo psicologo sociale che ha condotto una serie di esperimenti cosiddetti «dell’orso bianco», dove chiedeva ai partecipanti di evitare ogni pensiero legato a un orso bianco. Indovinate quale creatura si presentava inesorabilmente alla mente dei soggetti coinvolti nello studio?
Vari studi hanno mostrato che, nel tempo, eliminare determinati gruppi alimentari finisce per indurre un più intenso desiderio proprio per gli stessi cibi proibiti. Una ricerca pubblicata nel 2015 lo conferma, mostrando con forte evidenza che non solo si finisce per desiderare gli alimenti proibiti, ma che, non appena possibile, se ne mangiano di più. Lo studio ha confrontato il comportamento alimentare di 23 persone normopeso, non a dieta, che avevano deciso di evitare l’assunzione di cibi appetitosi come ciambelle e gelati, con quello di altre 23 persone che avevano ridotto solo l’assunzione di merendine. I ricercatori hanno constatato che chi seguiva la dieta più ristretta finiva per desiderare e mangiare più ghiottonerie rispetto a chi aveva semplicemente ridotto gli snack. Questa linea di ricerca mostra sempre di più che, per molti, le proibizioni hanno un effetto boomerang.
L’autoindulgenza aiuta invece a evitare i momenti di voracità e il consumo eccessivo di alimenti proibiti. In uno studio del 2012 144 partecipanti obesi, uomini e donne, sono stati sottoposti per 16 settimane a una rigida dieta ipocalorica. Circa la metà dei volontari consumava una regolare prima colazione da 300 calorie, mentre gli altri potevano concedersi un pasto più abbondante – 600 calorie – che includeva qualcosa di dolce come una ciambella o una porzione di cioccolato; poi mangiavano meno a cena per bilanciare. Nella seconda parte dello studio i partecipanti dovevano pianificare da soli i propri pasti per altre 16 settimane; tutti tenevano un diario e potevano contare sull’assistenza di un dietologo.
Dopo le prime 16 settimane di stretto controllo i volontari che facevano una colazione più scarsa avevano perso più peso degli altri (15 chili contro 13,5) ma durante le 16 settimane di automantenimento il primo gruppo riguadagnò subito 11 chili mentre il secondo continuò a dimagrire in media altri 7 chili. In particolare, alla fine dello studio i partecipanti del primo gruppo riferivano di provare un più intenso desiderio di dolci e cibi grassi, mentre il secondo gruppo rilevava una riduzione del desiderio di cibo in generale. Anche se mangiare un dessert per colazione non è forse il modo più sano e veloce per perdere peso, i risultati dimostrano che possiamo anche permetterci la nostra fetta di torta preferita e perdere peso ugualmente.

Affaticamento mentale
Anche se gli sforzi per modificare i propri comportamenti alimentari richiedono attenzione costante, concentrarsi troppo – soprattutto all’inizio – su ciò che si mangia sottrae energie per altri aspetti potenzialmente più importanti. Alcuni studi hanno misurato le energie mentali a disposizione di chi è a dieta e di chi non lo è, confermando che i primi incontrano più difficoltà ad apprendere nuove informazioni, risolvere problemi e mantenere l’autocontrollo.
Preoccuparsi troppo delle scelte alimentari è anche nocivo per la salute. Uno studio pubblicato nel 2010 sulla rivista «Appetite» ha osservato l’impatto mentale che aveva un pezzetto di cioccolato consumato durante una dieta oppure quando non si segue alcune regime alimentare. Chi non era a dieta non mostrava segni di particolare distrazione indotti dal peccato di gola, mentre chi era a dieta perdeva lucidità, logorato da preoccupazioni come «perché l’ho mangiato?» oppure «che mangio più tardi per rimediare?».
Un altro esperimento pubblicato sempre nel 2010 ha rilevato che le donne che sceglievano un regime di restrizione calorica monitorando i propri pasti manifestavano elevati livelli di cortisolo, un marcatore biologico del livello di stress. E anche le donne che semplicemente monitoravano i pasti senza ridurre le calorie riferivano di sentirsi stressate, e finivano per acquistare peso. La conclusione è che per quasi tutti le diete non soltanto sono un boomerang, ma impongono anche un severo tributo mentale e psicologico.

Cominciare dalla testa
Se volete migliorare il vostro fisico dovete anzitutto migliorare il vostro atteggiamento mentale. Decenni di ricerche scientifiche mostrano che quando si è insoddisfatti del proprio aspetto è più difficile perdere peso. Numerosi altri studi confermano d’altro canto che tutti possiamo imparare a sentirci bene nel nostro corpo.
In un esperimento condotto nel 2014 alcune donne con disturbi alimentari, bulimiche o sovrappeso, ricevevano una terapia basata sulla comprensione per ridurre i sentimenti di vergogna e aumentare l’autostima. Dopo 12 settimane chi mostrava più autocompassione e minore vergogna legata al proprio corpo era anche più incline a migliorare le proprie abitudini alimentari.
Secondo diversi studi, un modo semplice per incrementare l’autostima consiste nello scrivere regolarmente affermazioni positive su di sé. Le ricerche sulla felicità hanno mostrato con decisione che concentrarci su ciò che davvero ci piace di noi – «i miei occhi sono molto belli» – e su obiettivi legati alla salute anziché sull’aspetto esteriore – «quest’anno voglio arrivare a percorrere 5 chilometri di corsa» – può sviluppare un atteggiamento mentale più sano e una migliore immagine di noi stessi.

Semplice, lento e regolare
Quando ci si pone l’obiettivo di dimagrire è naturale volerlo fare subito. Anzi, ieri. Ma per mantenere una figura snella occorre introdurre cambiamenti graduali e sostenibili alla dieta. Bere meno alcolici e meno bibite, per esempio, sostituendo le bevande gassate con altre più innocue, o mangiare il dolce a fine pasto solo quattro sere alla settimana anziché tutti i giorni. Modifiche anche più piccole possono evocare proprio quella «dieta» che suggerisco di eliminare, ma si tratta in realtà di un discorso diverso, per una ragione importante: questo approccio lento e regolare permette di assestarsi su una routine che rispetta il proprio ritmo, senza imporre gli sforzi richiesti da un normale piano dietetico. A chiunque desideri perdere fra i 2 e i 20 chili questo metodo lento e moderato è di grande giovamento, ma va sottolineato che chi corre seri rischi per la salute a causa dell’obesità deve probabilmente ricorrere a misure più drastiche e consultare un medico.
Secondo gran parte degli studi sull’argomento, introdurre alcuni semplici e graduali cambiamenti nei modelli alimentari è il modo migliore per favorire una perdita di peso duratura. Una conferma decisiva dell’efficacia di questo metodo viene da uno studio pubblicato nel 2015 sulla rivista «PLoS One», secondo cui le donne che sono riuscite a modificare la proprie abitudini a tavola, a praticare un po’ di esercizio fisico e a fissare, nel tempo, alcuni piccoli traguardi raggiungibili cambiando il proprio comportamento alimentare, hanno aspettative realistiche circa la propria perdita di peso e sono motivate a dimagrire. Le donne ricadute nelle antiche abitudini, o che hanno fallito nel cambiamento, sono quelle che tendevano ad avere aspettative poco realistiche, meno sicurezza e fiducia in se stesse, e che si sentivano meno soddisfatte dei progressi compiuti.

Strategie a lungo termine
I dati più convincenti sull’efficacia delle strategie per perdere peso vengono dalle ricerche del National Weight Control Registry (NWCR), che ha supervisionato oltre 4000 persone dimagrite di almeno 13 chili e che hanno mantenuto il peso raggiunto per almeno un anno. Le strategie migliori, secondo il pionieristico studio del 2006, contemplavano l’automonitoraggio, la limitazione di alcuni cibi e il controllo di porzioni e calorie, la pianificazione dei pasti e l’inserimento di qualche esercizio fisico durante la giornata.
Il suggerimento sembra contraddire quanto segnalato prima sulle trappole della restrizione e sull’affaticamento mentale, ma in verità per perdere peso è importante trovare l’equilibrio giusto. Prima di introdurre cambiamenti nella dieta bisogna identificare le proprie effettive modalità alimentari, monitorandole con attenzione. Molte persone sovrappeso, quando non sono a dieta, tendono a mangiare disordinatamente: consumano cibo spazzatura, smangiucchiano fuori pasto eccedono a improvvise compulsioni alimentari. Acquisire consapevolezza di queste abitudini, buone o cattive che siano, permette di modificarle adattandole alle proprie esigenze.
Quando comincerete a introdurre i vostri piccoli cambiamenti al consumo quotidiano di cibo potrete includere qualche cibo di vostro gradimento cui ricorrere con regolarità, così da non dovervi preoccupare troppo di ciò che mangerete durante la giornata. Secondo i risultati del NWCR, chi pianifica i pasti ha quasi il doppio delle probabilità di controllare la lancetta della bilancia. Gli stessi dati mostrano, inoltre, che un aiuto al mantenimento del peso viene da una limitazione nella varietà di cibi. Ciò non significa che dovete mangiare sempre le stesse cose: in generale, però, ridurre la gamma di opzioni rende la spesa al supermercato meno frustrante.

Trovare l’allenamento giusto
È noto che muoversi è essenziale per la salute. Ma stando alle ultime ricerche in materia l’esercizio fisico da solo non è molto efficace per la perdita di peso. Aiuta a dimagrire solo quando è abbinato a corrette abitudini alimentari. Una ricerca del 2012 ha osservato gli effetti della dieta o dell’esercizio fisico, di entrambi o di nessuno, in un gruppo di donne in postmenopausa obese o in sovrappeso. Chi era a dieta consumava fra le 1200 e le 2000 calorie al giorno a seconda del peso iniziale, e chi praticava esercizio fisico arrivava fino a 45 minuti o più di attività intensa per cinque giorni a settimana. Dopo 12 mesi i membri del gruppo che combinava dieta ed esercizio fisico avevano perso più chili degli altri, quasi 9, seguiti a ruota da quelli solo a dieta: oltre 7 chili. Chi praticava solo esercizio fisico non aveva perso neanche 2 chili, e il gruppo di controllo, che non aveva fatto esercizio né aveva cambiato abitudini alimentari, aveva perso mezzo chilo nell’arco di tutto l’anno.
Allenarsi è cruciale per mantenersi in forma una volta raggiunto il peso desiderato. Molti, una volta dimagriti, molti riferiscono che l’attività fisica quotidiana è una parte importante del loro piano di mantenimento. Muoversi fa bene; sembra addirittura che moderi la reazione cerebrale ai cibi appetitosi. In una breve ricerca del 2012 i partecipanti, obesi o sovrappeso, avevano subito una prima scansione cerebrale mentre osservavano immagini di cibo. In seguito, dopo sei mesi di attività fisica, mostravano una diminuita attività nell’insula – che regola le emozioni – alla vista di immagini di leccornie. Non riportavano invece cambiamenti nel controllo della dieta o negli accessi di fame, indicando che gli effetti neurali sono sottili, e forse utili, durante la fase di mantenimento ma non abbastanza forti da indurre a perdere peso.
L’attività fisica andrebbe inserita nella vita quotidiana in modo graduale. Non dobbiamo cimentarci in interminabili maratone per mietere successi psicologici e fisici; per fare movimento è sufficiente una passeggiata nella pausa pranzo o andare in bici al lavoro. Possiamo anche accontentarci di piccoli gesti quotidiani come usare le scale anziché prendere l’ascensore o lavarci la macchina da soli invece di portarla all’autolavaggio. La disciplina è importante, ma è essenziale fare movimento divertendosi.

Non allenatevi da soli
Avere un supporto sociale è importantissimo per riuscire a perdere peso. Consultare un medico o un nutrizionista è un modo per avere qualcuno cui rispondere dei propri obiettivi, ma è dimostrata anche la funzione cruciale svolta dal partner nell’incoraggiare il dimagrimento. Nel mio lavoro ho visto che gli uomini sono più bravi ad adottare e seguire abitudini alimentari corrette quando ricevono il supporto e l’incoraggiamento della compagna. Allo stesso modo amici, colleghi e contatti on line accomunati dallo stesso obiettivo possono mantenerci sulla strada giusta offrendo ispirazione, complicità e complimenti. Anche un aiuto di tipo più sistematico si è rivelato utile, come diventare membri del Weight Watchers o di altri gruppi di sostegno, o partecipare alle community in rete o a quelle formate dagli utenti delle diverse applicazioni per smartphone pensate proprio per perdere peso.
Dopo decenni di studi sull’argomento non possiamo più ignorare che, per perdere peso, sono sempre più schiaccianti le prove a sostegno di un metodo fatto di piccoli passi sostenibili. Non sarà un messaggio allettante o seduttivo, come quello dell’ultima dieta pubblicata sulle riviste femminili, ma la scienza è chiara: la moderazione indurrà cambiamenti che dureranno per tutta la vita. Per costruirsi una corretta routine alimentare occorrono tempo, pazienza e determinazione, e qualche ostacolo lungo il cammino sarà inevitabile. Ma il segreto è non rinunciare, e in pochi mesi potrete ritrovarvi sulla strada buona per conquistare il fisico e lo stile di vita attivo che avete sempre sognato.