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 2016  febbraio 27 Sabato calendario

LA BELLEZZA È UN’ARMA LETALE. A DOPPIO TAGLIO


Nei primi giorni della maratona elettorale americana è apparso il volto di una protagonista inaspettata. Non quello atteso di Hillary Clinton, ma il viso molto più giovane e molto più attraente di una giornalista della rete televisiva Fox chiamata Megyn Kelly.
Con la sua sfrontatezza, rallegrata da due occhi molto azzurri ereditati dal padre irlandese, e con il suo piglio molto italiano ereditato dalla mamma originaria di Napoli, Megyn è stata, e rimane, la sola intervistatrice che nel corso di un dibattito in diretta sia riuscita a mettere in difficoltà il bullo dalla ridicola coiffure Donald Trump. Gli ha chiesto conto della sua affermazione che le donne sono, detto in breve, esseri spesso disgustosi, e lui ha vacillato. Fingendosi offeso, ma in realtà messo all’angolo, da quella bellissima giornalista con più attributi dei colleghi maschi,Trump si è ritirato dal successivo dibattito che lei avrebbe moderato.
Il “Caso Kelly” è così servito a riportare in primo piano una discussione che riaffiora puntuale da quando l’immagine domina ogni discorso collettivo, dalla politica allo spettacolo: la bellezza conta, nella vita e nella carriera? Essere belli o belle, come la quarantacinquenne Megyn, è un vantaggio immeritato, visto che l’avvenenza, come la statura, è qualcosa che non può essere insegnata a scuola?
La risposta, dicono ormai ampi studi è – purtroppo per noi che non siamo né Megyn Kelly né Matt Damon – sì. L’apparenza, la bellezza, é un vantaggio ingiusto e quantificabile. Dall’infanzia sui banchi delle elementari all’università, i carini ottengono, a parità di preparazione, voti migliori. Nelle aule di tribunale, gli imputati di bell’aspetto tendono a strappare alle giurie popolari verdetti più benevoli.
Nel lavoro è più facile, per i belli, guadagnare di più e senza sfiorare sospetti di favori molto privati (una delle giustificazioni che coloro ai quali nessuno chiederebbe mai “favori” spesso danno per consolarsi). La ricerca condotta dalla facoltà di Economia della North Carolina University ha calcolato che nel corso di 20 anni di professione i laureati belli con master in Business hanno guadagnato il 20 per cento più dei loro colleghi più bruttini, una percentuale che si traduce in centinaia di migliaia di dollari.
C’è qualche cosa di istintivo, di primordiale, di animale che induce inconsciamente a prediligere gli esseri umani con fattezze più regolari, con occhi più attraenti e luminosi, con pelliccia più folta e lussureggiante, con figura da clessidra se femmine, su altri membri del branco.
Ora che emergono personalità come quella di Megyn Kelly, una cronista tv che ha fatto la gavetta dei lavori più umili prima di arrivare ai teleschermi nazionali, trovando il tempo per sposarsi, per restare sposata e mettere al mondo figli, anche l’ultima, fragile difesa che abbiamo sempre opposto ai troppo belli è caduta: non è vero che bello sia equivalente di stupido.
Il contrappasso, il castigo per i belli, è naturalmente nella loro stessa bellezza. La ricerca della North Carolina University avverte che non soltanto i belli hanno ovviamente molto più da perdere degli altri quando il tempo e la forza di gravità fanno sentire il proprio peso e segnalano l’avvento di una catastrofe non solo fisica ma morale, per chi ha sempre fatto affidamento sull’apparenza. Si può anche essere “troppo belli” e per questo intimidire amici, corteggiatori, potenziali amanti o coniugi che non si sentono all’altezza o che temono di vedere la propria vanità sfidata da altri ancora più vanitosi di loro.
È la sindrome di Greta Garbo, la diva che visse i decenni del tramonto fisico sola e senza specchi, per non vedersi sfiorire. Un capo, o una capa, potrebbero evitare di promuovere un dipendente o una dipendente che appaiono, per la loro avvenenza, come una sfida alla loro supremazia e alla loro autorità, magari di ex belli e belle. Meglio evitare e promuovere un bruttino o una bruttina. Il che spiegherebbe perché nella mia vita professionale abbia fatto un po’ di carriera.