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 2016  febbraio 27 Sabato calendario

QUELLA FAIDA TRA PADRINI ALL’OMBRA DELL’IRA


Qualche giorno fa, a Dublino si sono tenuti i funerali di due morti ammazzati in una feroce guerra di mafia. Centinaia di persone hanno sfilato in cortei (a volte un po’ kitsch, in un caso non mancavano cavalli e carrozze), scortate da un enorme apparato di polizia.
La tensione fra le gang rivali dei Kinahan e degli Hutch covava da tempo, ed è riesplosa a febbraio con un omicidio per parte. Un assassinio in particolare ha scioccato il Paese: quello del luogotenente dei Kinahan David Byrne, freddato da un commando armato di kalashnikov nel bel mezzo del weigh-in di un incontro di boxe.
A Dublino la gente è abituata all’esistenza di un sottobosco malavitoso molto attivo. Ma questo attacco è avvenuto in pieno giorno in un normalissimo hotel. «Un po’ troppo vicino alle nostre vite», ha sottolineato con sgomento un opinionista locale. Nel mondo criminale della città, i vari gruppi hanno aree di riferimento ben precise, in cui godono di una solida rete di supporto. Tradizionalmente, gli Hutch sono radicati nel centro-nord della capitale. Non disdegnano lo spaccio, ma il cuore del loro business sono da sempre le rapine a mano armata. Secondo Michael O’Toole, cronista di nera all’Irish Daily Star, «possiedono una banda significativa, ma in nessun modo paragonabile a quella dei Kinahan». Questi ultimi hanno una dimensione internazionale unica nel contesto mafioso irlandese. Per O’Toole, il loro impero va dal Brasile alla Cina, e ha un valore stimato nell’ordine di un miliardo di euro. Hanno portato la loro base in Spagna e controllano circa il 70-80% delle importazioni di cocaina e cannabis in Irlanda.
La faida, nata da una serie di affronti reciproci sfuggiti di mano, riflette dinamiche generazionali più ampie. I boss dei due gruppi, Christy Kinahan e Gerry “The Monk” Hutch, appartengono a una classe di delinquenti ora cinquantenni, molto più interessati a fare soldi che ad ammazzarsi a vicenda. Ma nei primi anni 2000, tempi di grandi flussi di denaro e domanda di stupefacenti in crescita nel Paese, è cominciata a emergere una nuova leva, meno disposta a scendere a compromessi. È il caso di Daniel Kinahan, figlio maggiore di Christy, che si dice abbia ormai sostituito il padre nella gestione diretta dell’impero. Una «testa calda», afferma O’Toole, che «si è fatto coinvolgere in quella che molti considerano una guerra stupida».
Ma accanto alla crescente efferatezza, lo scontro in corso lascia trasparire in filigrana anche un’altra caratteristica generale dell’underworld irlandese: l’intreccio fra il crimine organizzato “apolitico” e le fazioni dell’Irish Republican Army (come la Continuity Ira e la Real Ira) che hanno rifiutato il processo di pace in Irlanda del Nord e rimangono attive anche a sud del confine.
Tale intreccio è molto ambiguo, e gli eventi recenti non mancano di evidenziarlo. L’uccisione di David Byrne è stata inizialmente rivendicata dalla Continuity Ira, che ha detto di voler punire il gangster per l’omicidio di un paramilitare repubblicano alcuni anni fa. Ma lo stesso gruppo si è poi rimangiato tutto, rinnegando questa dichiarazione.
Per Cormac O’Keeffe, reporter di cronaca all’Irish Examiner, quest’apparente schizofrenia può essere spiegata in vari modi. La Continuity Ira ha almeno due fazioni al proprio interno, e una può avere agito indipendentemente dall’altra. Oppure, membri attuali o passati potrebbero aver deciso di rivendicare l’attacco (il che però non significa che vi abbiano davvero preso parte) senza l’appoggio dei comandi. Molti credono infine che il primo comunicato fosse del tutto falso, e avesse lo scopo di coprire le tracce degli Hutch – che sarebbero i veri responsabili.
Il rapporto tra gruppi paramilitari e gang malavitose è stato sempre attraversato da un paradosso. Da un lato i due mondi hanno collaborato a imprese criminali, spartendosene i proventi. Dall’altro i repubblicani hanno spesso sbandierato la volontà di reprimere la delinquenza nei territori da loro controllati.
La Provisional Ira, principale fazione del fronte armato anti-britannico fino a quando non ha cessato le ostilità nel 2005, si finanziava con attività illecite di ogni genere: rapimenti, rapine, riciclaggio di denaro. Anche in collaborazione con gang come gli Hutch. Al tempo stesso, però, una distinzione fra i Provos e la criminalità organizzata “apolitica” era ancora possibile: almeno in teoria, i primi consideravano la lotta allo spaccio un perno del rapporto con le comunità in cui erano radicati.
Oggi, invece, molte forze paramilitari sono coinvolte anche nel traffico di stupefacenti. Non di rado questi gruppi, senza rinunciare alla vecchia retorica del contrasto alla droga, impongono alle organizzazioni criminali una tassa sui proventi da essa originati (estorsioni di cui per la verità anche i Provisional erano talvolta accusati).
Inoltre, in anni recenti, forze come la Continuity Ira hanno attratto un gran numero di delinquenti comuni e spacciatori. «Erano disperatamente alla ricerca di nuovi membri», afferma O’Toole citando le sue fonti nella polizia, e gli standard si sono abbassati. Un fenomeno che deve aver contribuito a invischiare i gruppi terroristici in attività criminali slegate dai loro obiettivi politici.
È ancora troppo presto per stabilire se effettivamente queste formazioni siano direttamente coinvolte nella guerra appena riesplosa a Dublino, e se per opportunistiche ragioni di business o per motivazioni più ideali. È certo però che le mafie irlandesi si stanno facendo sempre più feroci, forse anche per il venir meno di quell’argine posto in passato, con tutti i loro limiti, dalle forze paramilitari. Quanto alla faida in corso, le previsioni non sono affatto rosee. «È stato provocato così tanto dolore, da una parte e dall’altra», conclude amaro O’Keeffe, «che sembra inevitabile veder continuare la violenza».