Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 29 Lunedì calendario

BRANCA, PER L’AMARO LO SPOT È DOLCE “COSÌ INVENTAMMO IL DOTTOR FERNET”

Milano «A garico, china, genziana, arancia amara, aloe, curacao: in tutto sono 27 le erbe del nostro Fernet-Branca». Ci fa strada di buon passo, Niccolò Branca, presidente e ad dell’azienda di famiglia, su e giù per le scale dell’antica fabbrica di via Resegone, un tempo periferia di Milano oggi circondata dalle sedi delle grandi multinazionali della pubblicità. «Qui conserviamo le spezie», dice abbassando la voce e schiudendo una porta massiccia. Mirra, galanga (stessa famiglia del ginseng e del cardamomo), zedoaria, zafferano, anice: una miscela di fragranze esotiche travolge il visitatore. Ancora una rampa di scale e siamo avvolti dalle note di un profumo familiare: «Ecco dove facciamo il Caffè Borghetti – spiega Branca una miscela speciale, di Arabica e Robusta di ottima qualità, preparata in enormi caffettiere. E’ l’unico liquore al mondo di vero caffè espresso». Già, perché nel corso degli anni altri marchi storici hanno arricchito il bouquet della casa milanese, non solo Borghetti. «A cominciare da Carpano – precisa il presidente – che nel lontano 1786 diede origine alla categoria merceologica del vermut ». E che al momento dell’acquisizione, avvenuta nel 1982, portò con se un bestseller come il Punt & Mes, nato nel 1870 e il vermut Antica Formula tuttora fra i punti di forza del gruppo. Il Dna aziendale, dunque, è custodito in questa fabbrica in funzione dal lontano 1913 quando fu abbandonato l’impianto di via Broletto, piantato nel cuore della città e divenuto troppo piccolo (ma la sede legale non ha cambiato indirizzo). Qui ci sono le cantine, le linee di imbottigliamento e l’avveniristico laboratorio che si occupa del controllo qualità e della messa a punto dei prodotti del futuro. Ma lo stabilimento ha avuto un ruolo importante anche come punto d’aggregazione sociale nel quartiere. Ne sa qualcosa Marco Ponzano, il curatore del Museo aziendale: «Qui hanno lavorato mio padre e prima di lui mio nonno – racconta – E sono in molti a ricordare le feste che venivano organizzate in fabbrica negli anni ’50 e ‘60. Qui si sono esibiti gruppi notissimi all’epoca come ‘I 4+4 di Nora Orlandi’. E sempre qui, nei locali del dopolavoro, hanno cantato i giovanissimi Mina e Adriano Celentano». “Novare serbando”, innovare conservando: è questo il motto della Fratelli Branca Distillerie che lo scorso dicembre ha festeggiato il suo 170° compleanno. Era il lontano 1845 quando Bernardino Branca lanciò la formula segreta del Fernet Branca, gelosamente conservata da cinque generazioni nella cassaforte dei presidenti che si sono succeduti. A Bernardino, il fondatore, va il merito di aver inventato col prodotto anche una nuova categoria merceologica, quella del Fernet, appunto. Perché il Fernet non è solo il nome di una marca ma anche il nome generico di un tipo di bevanda della famiglia dei distillati. In realtà la creazione dell’amaro stesso è abilmente avvolta nel mito. E la famiglia, in questo caso Bernardino, si è divertita a mischiare le carte lasciando che il mistero s’infittisse. Non senza strizzare l’occhio per incuriosire e divertire i clienti. I primi manifesti pubblicitari raccontano infatti di un anziano medico svedese e della sua improbabile famiglia: «Il Dottor Fernet visse 104 anni, suo padre 130 e sua madre 112». Come il medesimo dottor Fernet abbia incontrato Branca per creare assieme il “rinomato e benefico” liquore non lo sapremo mai. Passano gli anni e in un secondo annuncio si attribuisce la ricetta originale a un gruppo di frati anacoreti che vivevano in un eremo situato fra i boschi e i picchi delle Alpi. Come sia andata veramente ormai non la sa più nessuno. «In ogni caso la ricetta - assicura il presidente è sempre la stessa”. Fin dall’800 la Fratelli Branca Distillerie si distinse per il ricorso alla pubblicità. E per la scelta di commercializzare il Fernet-Branca vantandone le proprietà di medicinale ottimo come anticolerico. Ecco come era descritto l’amaro nella “reclame” apparsa su La Perseveranza del 14 febbraio 1865: «Febbrifugo, vermifugo, tonico, corroborante, calefacente e anticolerico, si prende nel vermuth, nel caffè, vino o brodo, acqua, aceto ecc. Facilita la digestione, impedisce l’irritazione dei nervi ed eccita l’appetito in modo meraviglioso. Esso è sorprendente nel guarire in poche ore quel malessere prodotto dal splean, patema d’animo, non che mal di stomaco e di capo causato da cattive digestioni e vecchiaja». Ancora negli anni ’40 il Fernet-Branca era venduto in farmacia. Certo, come rivelano le decine di poster in più lingue conservati nel museo aziendale la pubblicità si rivelò una leva formidabile per far arrivare l’amaro in tutto il mondo. Che dire del famoso marchio con l’aquila che stringe la bottiglia di Fernet fra gli artigli sullo sfondo di un globo terrestre immerso nei colori dell’alba disegnato nel 1893 dall’illustratore triestino Leopoldo Metlicovitz per essere depositato nel 1905? Per quegli anni si trattò di una mossa lungimirante. Se oggi la Fratelli Branca è presente in ben 160 Paesi lo si deve proprio all’advertising che ha dato una marcia in più all’export. Senza dimenticare slogan popolari in Italia come “Sopra tutto Fernet-Branca”. «La pubblicità è importante ma non basta – osserva Niccolò Branca – Il nostro mestiere è quello di creare, preparare e distribuire distillati. Nello stabilimento di Milano ci sono oltre 500 botti in rovere per la maturazione, – compresa la Botte Madre dello Stravecchio Branca, tra le più grandi d’Europa – e altrettante ce ne sono nello stabilimento di Buenos Aires». E allora fermiamoci con il presidente davanti alla Botte Madre: un monumento all’idea stessa di botte: 6 metri di altezza per altrettanti di larghezza capace di 83 mila litri di distillati. Quanto allo Stravecchio, per chi non lo sapesse, è un brandy. «Oggi – aggiunge Branca – c ’è molto lavoro da fare per consolidare la nostra posizione sui mercati internazionali dove già otteniamo circa il 70% del nostro fatturato. E siccome non si può fare tutto stiamo spingendo in modo particolare su alcuni prodotti: non solo il Fernet-Branca ma anche il Brancamenta, la Grappa Riserva Candolini e il Carpano Antica Formula». Riguardo al calo di fatturato registrato nel 2014 Branca osserva che è avvenuto dopo il forte aumento registrato l’anno precedente. E che l’azienda ha voluto aumentare la redditività selezionando la distribuzione. «Per noi il futuro è continuità conclude – è la capacità di strutturarsi guardando al domani, elaborando piani a lungo termine. È una paziente capacità, questa, che abbiamo appreso dai nostri stessi prodotti che richiedono, nella maggior parte dei casi, lunghi tempi di invecchiamento ». Sotto, il francobollo celebrativo con il marchio: l’aquila che stringe la bottiglia di Fernet fra gli artigli sullo sfondo di un globo terrestre. Fu disegnato nel 1893 dall’illustratore triestino Leopoldo Metlicovitz.
Giorgio Lonardi, Affari&Finanza – la Repubblica 29/2/2016