Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 27 Sabato calendario

I risultati delle prime primarie, dallo Iowa in poi, consegnano a prima vista una strage di competenze

I risultati delle prime primarie, dallo Iowa in poi, consegnano a prima vista una strage di competenze. Candidati con grande esperienza politica sono stati respinti dall’elettorato: sono caduti Bush, Huckabee, Christie. Mentre sono stati fortemente penalizzati altri come Clinton e Kasich. Al contrario, arrivano pimpanti alla prova del Super Tuesday del primo marzo personaggi che hanno poca o nessuna esperienza politica (Trump, Carson) o amministrativa (Cruz, Sanders, Rubio). Una interpretazione di questo fenomeno potrebbe suggerirci che la politica – anche in America – è diventata una professione a basso tasso di competenza, in cui non esistono barriere all’entrata. Una carriera di serie B a cui si dedicano i mediocri – chiamiamola Politics 1.0 – mentre i migliori si dedicano alla finanza, agli affari, alla tecnologia. D’altro canto, i fatti ci dicono che la politica in America è ormai un’attività altamente specializzata: diventare presidente degli Stati Uniti, per esempio, significa costruire una startup che passa da zero a 100 milioni di clienti in 24 mesi, consuma 2 miliardi di dollari, e vende un solo prodotto, il candidato, in un mercato competitivo e volatile. Centinaia di persone lavorano per questa startup, compresi tecnici, ingegneri, specialisti di sondaggi, comunicazione, psicologia sociale. Questa è Politics 2.0, ad alto tasso di algoritmi, big data e social media. È Politics 2.0 che genera candidati come Cruz e Trump. Una ricerca del Pew Research Center mostra che il calo del valore attribuito all’esperienza del candidato è particolarmente forte tra i repubblicani. In particolare, il 44% degli elettori repubblicani (o simpatizzanti tali) si dice meno intenzionato a supportare candidati che sono già stati eletti a Washington per molti anni: una quota che è più che raddoppiata rispetto al 2007, quando era al 20 per cento. Sempre restando nel campo repubblicano, solo il 18% invece ritiene la precedente esperienza nel Congresso come un valore positivo, e il 37% è indifferente. Il favore per gli “inesperti” è invece più basso tra i democratici – al 19% – ma comunque in ascesa rispetto al 2007, quando era al 12 per cento. Risultati che confermano che questo è l’anno della politica identitaria: l’elettore vota il candidato in cui si riconosce ideologicamente, mentre l’esperienza, e quindi l’esperienza politica, è interpretata come collusione con l’establishment (il nemico). Certamente questo è l’anno elettorale che premia l’insurgenza, la politica e i candidati che partono dal basso, le piattaforme populiste. In questo articolo, però, voglio suggerire che è il «meccanismo», il nuovo modo in cui la politica nazionale opera in America, che genera Cruz e Trump. Diciamo che vuoi candidarti alla presidenza. Scegli un partito. Questa mossa ti offre un vago cappello ideologico, tipo «sono a destra», «sono a sinistra». Adesso, devi posizionarti, trovare la tua collocazione nello spettro politico che ti sei scelto. Diciamo che vuoi presentarti agli elettori come un conservatore. I tuoi consulenti – hanno speso milioni di dollari in sondaggi, arruolato ingegneri, raccolto dati, impiegato software altamente sofisticati – ti spiegano cosa significa essere «conservatore» nel 2016. Ti portano la lista della spesa: sull’immigrazione devi dire che sei contro, sui bombardamenti all’Isis che sei a favore, sul compromesso con i democratici sei contro, sul blocco del Congresso per evitare un ulteriore disavanzo fiscale sei a favore, sul salario minimo sei contro, sulla riduzione delle tasse sei a favore. Adesso, vai agli eventi e ai dibattiti e ripeti all’infinito la lista della spesa. Il format di Politics 2.0 è perfetto per la lista della spesa: hai 30 secondi per spiegare come vuoi fermare l’Isis, 15 secondi per descrivere la tua soluzione al problema dell’immigrazione. A poco a poco, gli elettori ti percepiscono come un conservatore. Fermiamo la bobina e riavvolgiamo. Quindici anni fa, nel 2001, eri un giovane senatore appena eletto. Avevi promesso agli elettori del tuo Stato una certa legislazione. Facendo carte false e accettando ogni compromesso, in due anni hai varato quella legislazione. Sei stato di parola. Oppure eri un governatore con un minimo problema di immigrazione illegale. Hai sanato il problema con un’amnistia che ha coinvolto poco più di mille immigrati e contemporaneamente ridotto i costi di polizia e giustizia. Hai amministrato bene. Torniamo al 2016. I consulenti dei tuoi avversari recuperano le tue vecchie storie del 2001. Hai voglia a spiegare in 30 secondi che l’amnistia era minima e hai risparmiato un sacco di soldi ai contribuenti del tuo Stato. Hai voglia a spiegare che l’accordo al Senato con i democratici era su quella legislazione soltanto. Le tue scelte di 15 anni fa sono usate contro di te. Sono decontestualizzate e messe a confronto con la tua lista della spesa: la tua incoerenza è incontestabile. A questo punto, puoi affidarti alla retorica (la butti in gazzarra, cambi discorso) oppure ammettere che hai cambiato idea. La seconda opzione sembra la migliore, ma apre un nuovo fronte: hai cambiato idea su una questione di principio, e allora sei un opportunista; o su una questione pratica, e allora dimostri buon senso. Tu sosterrai la seconda opzione, i tuoi avversari la prima. La verità è che ogni incoerenza tra la lista della spesa odierna e le azioni del passato si paga cara. Il punto è che Politics 2.0 è digitale nel duplice senso che è ad alto contenuto tecnologico e che si esprime in termini binari: puoi dire sì o no, a favore o contro, bombe o diplomazia, linea dura o linea soft, amnistia o deportazione. I candidati che hanno un’assoluta coerenza e possono mostrare un’impeccabile lista della spesa, come fu il caso di Barack Obama nel 2008, sembrano volare senza ostacoli alla presidenza. Ma chi sono questi candidati dall’impeccabile coerenza? Senatori che non hanno lasciato traccia (Rubio, Sanders, Cruz – Obama è un altro buon esempio) e candidati che non hanno mai fatto politica (Trump, Carson). Insomma, candidati senza un passato a cui essere impiccati. A questi possiamo aggiungere i candidati che appartengono all’oligarchia politica del paese (Clinton, Bush, Paul), i quali si ritengono dispensati dalle leggi della Politics 2.0. Ecco i risultati da Iowa al Super Tuesday. Chi resta fuori dalla Politics 2.0 sono i politici normali: quelli che hanno legiferato, a volte sulla base dell’ideologia e a volte del compromesso. Governatori che si esprimono in termini analogici, nella continuità di una carriera, che hanno governato, ottenuto risultati, commesso errori. Politici con un passato. Enrico Beltramini