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 2016  febbraio 28 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL FIGLIO DI VENDOLA


REPUBBLICA.IT
Nichi Vendola e il suo compagno canadese Ed Testa sono diventati papà: con il procedimento della maternità surrogata è nato Tobia Antonio. Il padre biologico sarebbe Ed Testa: a concepirlo è stata una donna californiana. Il parto è avvenuto negli Stati Uniti, dove Nichi ed Ed aspettano il riconoscimento formale della paternità. La coppia potrà poi rientrare in Italia, anche se l’ex governatore pugliese e leader di Sel non potrà fregiarsi del titolo di papà. Almeno non nel nostro Paese, dove la stepchild adoption è naufragata anche se nelle scorse ore il ministro Maria Elena Boschi, e prima di lei la senatrice Monica Cirinnà, hanno rilanciato l’ipotesi di una nuova legge per le adozioni per le coppie gay e anche per i single.
Vendola ed Eddy, l’album pubblico della coppia
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Fino ad allora Vendola, almeno in Italia, non potrà essere considerato il padre del bambino, a meno che non intervenga una sentenza del tribunale come già avvenuto in passato per altre coppie gay. A metà febbraio era rimbalzata la notizia sull’imminente paternità di Nichi e Ed. Secondo quanto raccontano gli amici dell’ex governatore, Nichi ed E avrebbero l’intenzione di rimanere all’estero almeno per due-tre mesi al riparo da occhi indiscreti. Il bambino rischia di essere il bersaglio preferito di curiosi e soprattutto paparazzi. Una foto, è la loro preoccupazione, può diventare il trofeo più ricercato. La vicenda si è trasformata inevitabilmente in un caso politico. Matteo Salvini, leader della Lega, va giù duro via Twitter: "Questo è disgustoso egoismo".
Vendola, peraltro, non aveva mai negato non solo il desiderio di essere genitore, ma anche quello di volere pronunciare il fatidico sì in un matrimonio. "Vorrei farlo", raccontava a Repubblica a marzo dell’anno scorso. "Uso provocatoriamente questo mio sogno contro la pigrizia della politica sul tema dei diritti civili, che devono essere uguali per tutti e per tutte". Avere un erede non suonava come un capriccio: "Appena lascerò l’incarico alla Regione ci penserò. Questo è un pensiero che riposa in un angolo della mia vita e che ho sempre rimandato. Per quanto mi riguarda, ogni volta che leggo di un neonato abbandonato in un cassonetto dell’immondizia vorrei correre a prendermi cura di quella creatura".

E sul web c’è chi condanna, chi esulta e chi ci scherza su. Su Twitter l’hastag #Vendola è subito diventato di tendenza. E i commenti sono i più disparati. C’è chi scrive "Ciao, sono Vendola, volevo un regalo e ho comprato un bambino". E chi aggiunge: "Ma una volta i comunisti non li mangiavano bambini? Ora li comprano". E ancora: "Ma ci rendiamo conto? Generare con i soldi un bambino da una sconosciuta solo per dire sono papà. Egoismo assoluto".

Sono in tanti, comunque, a essere felici per lui: "Tanti auguri ai neogenitori e al piccolo"; "Moralisti da social smettetela, Nichi sarà un padre dolcissimo"; "Le bestialità che scrivete su Vendola mi fanno capire perchè questo Paese è in rovina, basta!". E non mancano gli ironici. Come chi, prendendo
di mira l’eloquio vendoliano, scrive: "L’unico problema per il figlio di Vendola è che la ninna nanna durerà tre ore". Per altri, invece, il fatto che "Vendola e il compagno siano diventati papà dimostra che nulla è impossibile, tranne avere una sinistra unita". E infine chi proprio non si fa un ragione per il nome scelto: "Nessuno ha inquadrato il vero problema della questione: ma perché lo ha chiamato Tobiaaaa?".


MULTIMEDIA
SALVINI: Vendola e compagno sono diventati papà, affittando utero di una donna californiana.
Questo per me non è futuro, questo è disgustoso EGOISMO.

ADINOLFI: Nato da una mamma californiana, porta il cognome del compagno, i 135mila euro li ha messi Vendola. Auguri Tobia, piccolo reso orfano di madre perché due ricchi "di sinistra" hanno deciso così senza chiederti nulla, considerandoti una cosa acquistata e dunque cosa loro, loro proprietà a cui imporre l’assenza dell’unica persona di cui un bimbo così piccolo ha totalmente bisogno: la mamma. E Nichi quando parla della sua in tv si commuove, mentre fa lo spot all’utero in affitto e la giornalista specializzata in maternità con lui. Nessuno dei due si vergogna, a quel bambino comprato facendo leva sulla condizione di bisogno della donna non è concesso neanche un pensiero. Il nostro è con lui: forza Tobia.

[...] «Il bimbo è figlio di Nichi Vendola, del suo compagno trentottenne, l’italo canadese Eddy Testa, e di una donna indonesiana con passaporto americano» [...] Non è facile avere altre notizie sul «fiocco arcobaleno», visto il silenzio dei parenti dei neo-genitori. Le prime notizie in Puglia sono arrivate verso le 19. Uno dei fratelli di Vendola (penultimo di due fratelli e una sorella, ndr.), nei giorni scorsi, aveva addirittura scritto su Facebook che il leader di Sel era «negli States per curare un’otite con epididimite ingravescente» che lo affligge da quando ha 12 anni.

Il bambino avrà quindi tre passaporti, ma attualmente gli verrà riconosciuta solo la parternità di Eddy Testa:

Quella della coppia, spiega Amadori, è stata una «scelta ragionata», anche se Vendola in mancanza di una legge in Italia, si vedrà riconosciuta la paternità solo in Canada: «A meno di un (probabile) intervento di un giudice», commenta Libero, sottolineando come il padre biologico sia il compagno del politico, di 20 anni più giovane. Secondo le indiscrezioni il bambino «si chiama Tobia, nome che non appartiene a nessuno dei nonni, e deve il secondo nome a Antonia Lategola, mamma di Vendola, ma anche al papà di Ed, Antonio».

La notizia dell’imminente paternità dell’ex governatore della Regione Puglia era trapelata qualche giorno fa in un articolo pubblicato da Repubblica, in cui si avanzava l’ipotesi che il piccolo sarebbe potuto venire alla luce proprio in Canada, paese dove la maternità surrogata è legale.

Ed infatti è canadese e i suoi genitori vivono a Montreal. Peraltro la maternità surrogata proprio in Canada è perfettamente legale. Una normativa considerata tra le più avanzate in questo campo.

Intanto il Vendola si è guardato bene di contrattare l’acquisto del bimbo quando la sua mamma era in vita. Temo proprio che non avrebbe accettato un sacrilegio del genere!

Ridurre la donna a una macchina per produrre figli è mostruoso. Sempre e in ogni caso. E poi di madri ce ne sono due, una ha fornito l’ovulo, l’altra solo l’utero, forse perché indonesiana dalla pelle scura. Ma quest’ultima ha sopportato la maternità, vivendone le emozioni dal principio alla fine. Si può pagare questo, può diventare oggetto di mercato? E il figlio, che ha vissuto nell’utero della mamma indonesiana, non la rivedrà probabilmente mai più. Disastro. Sarebbe meglio creare delle famiglie allargate, piuttosto, trattando le persone come esseri umani, e non sulla base di compensi in denaro. Se fossero davvero "progressisti", i due avrebbero potuto fondare una casa famiglia, accogliendo orfani di guerra, ce ne sono purtroppo tantissimi. Forse non biondi né dagli occhi azzurri, però.

REAZIONI
ROMA - Critiche dalla Lega a Forza Italia, diviso il mondo social: chi condanna, chi esulta, chi ci scherza su. Così è stata accolta la notizia del lader di Sel Nichi Vendola, e del suo compagno canadese Ed Testa, diventati genitori. Con la maternità surrogata, infatti, è nato Tobia Antonio. Il padre biologico sarebbe Ed Testa, mentre a dare alla luce il bambino è stata una donna californiana, negli Stati Uniti.

Salvini (Lega): "Disgustoso egoismo". "Vendola e compagno sono diventati papà, affittando l’utero di una donna californiana. Questo per me non è futuro, questo è disgustoso egoismo", commenta su Twitter il leader della Lega Matteo Salvini.

Gasparri (Fi): "Turpe metodo". Sulla stessa linea di Salvini, anche il senatore forzista Maurizio Gasparri. "Questa è la sinistra italiana - dice l’esponente azzurro - a parole sono contro l’utero in affitto. Ma poi usano questo turpe metodo per inventarsi genitori dei figli di altri. Si parla di nuovi casi. Un po’ di trasparenza su scelte e costi? Chi paga chi? Quanto? Coerenza e chiarezza. Per noi l’impegno continua. Inutile che corrano per rafforzare adozioni gay e utero in affitto già facilitati dal testo incostituzionale imposto al Senato con tecniche da trafficanti di persone. Il soccorso dei traditori del popolo delle famiglie rende ancora più necessaria una battaglia di verità e libertà".

Diviso il web. E sul web c’è chi condanna, chi esulta e chi ci scherza su. Su Twitter l’hastag #Vendola è subito diventato di tendenza. E i commenti sono i più disparati. C’è chi scrive "Ciao, sono Vendola, volevo un regalo e ho comprato un bambino". E chi aggiunge: "Ma una volta i comunisti non li mangiavano bambini? Ora li comprano". E ancora: "Ma ci rendiamo conto? Generare con i soldi un bambino da una sconosciuta solo per dire sono papà. Egoismo assoluto".
Sono in tanti, comunque, a essere felici per lui: "Tanti auguri ai neogenitori e al piccolo"; "Moralisti da social smettetela, Nichi sarà un padre dolcissimo"; "Le bestialità che scrivete su Vendola mi fanno capire perchè questo Paese è in rovina, basta!". E non mancano gli ironici. Come chi, prendendo di mira l’eloquio vendoliano, scrive: "L’unico problema per il figlio di Vendola è che la ninna nanna durerà tre ore". Per altri, invece, il fatto che "Vendola e il compagno siano diventati papà dimostra che nulla è impossibile, tranne avere una sinistra unita". E infine chi proprio non si fa un ragione per il nome scelto: "Nessuno ha inquadrato il vero problema della questione: ma perché lo ha chiamato Tobiaaaa?".

Vendola e la step child. All’indomani del voto al Senato sul ddl Cirinnà sulle Unioni civili, il leader di Sel diventa un caso di step child "negata": a lui e al suo compagno l’adozione, se fosse stata approvata dal Parlamento e non stralciata in sede di discussione al Senato, sarebbe
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stata applicata, consentendogli di essere genitori a tutti gli effetti di Tobia Antonio. Questo diritto gli è riconosciuto negli Usa, ma non in Italia.

LASTAMPA.IT

Nato il figlio di Nichi Vendola e del compagno Eddy
Il piccolo si chiama Tobia Antonio ed è venuto alla luce in una clinica californiana grazie alla pratica dell’utero in affitto. Scoppia un caso: web diviso. Salvini: disgustoso egoismo
ANSA

Nichi Vendola, 57 anni, con il compagno Eddy Testa, 38 anni (Foto d’archivio)

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28/02/2016

Si chiama Tobia Antonio. Il padre genetico è Eddy Testa, di quasi vent’anni più giovane del compagno Nichi Vendola. Il bimbo è nato in una clinica californiana sabato 27 febbraio. A raccontare il «fiocco arcobaleno» è il quotidiano Libero in edicola oggi. Secondo le indiscrezioni raccolte dal giornalista Giacomo Amadori, la madre genetica sarebbe californiana mentre l’utero dovrebbe essere di «una donna di origine indonesiana residente negli Stati Uniti». L’ex governatore della Puglia Vendola e il compagno italo-canadese Testa, scrive ancora Amadori, torneranno in Italia non prima di fine marzo.



LEGGI ANCHE - “Io e Adriano finalmente padri, grazie ai soldi per l’utero in affitto” (di Andrea Malaguti)
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Un anno fa, il leader di Sel aveva espresso la volontà di cambiare vita: «Ho vissuto questi dieci anni da governatore della Puglia al cardiopalma - aveva detto a “Chi”-, ma da maggio tutto cambierà. Vorrei sposarmi con Ed». Poi aveva aggiunto: «Appena lasciato l’incarico di presidente rifletterò anche se affrontare la paternità o no: è un pensiero che riposa in un angolo della mia vita e che ho sempre rimandato. Sicuramente ho sempre amato il mondo dell’infanzia e vorrei scrivere un libro di filastrocche per bambini». Eddy Testa è un italo-canadese di 38 anni. Ha studiato presso la Concordia university di Montreal, alla Ottawa University e poi a Urbino, dove si è specializzato design e comunicazione. Testa e Vendola vivono insieme a Terlizzi (Bari) dal 2004.



Nei giorni scorsi anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, aveva commentato la possibile nascita di un figlio attraverso la maternità surrogata: «Se Nichi ed Ed sono felici, io sono loro amico e non posso che esser felice con loro. Non ho altro da dire e, siccome è un argomento che non conosco e delicato, non aggiungo altro».



(La foto della campagna di promozione del Gay Pride a Roma nel 2014)



IL WEB SI DIVIDE

Chi condanna, chi esulta e chi ci scherza su («...ma Tobia che nome è?»): sta dividendo il web la notizia della paternità dell’ex presidente della Regione Puglia e leader di Sel, Nichi Vendola. Su Twitter l’hastag #Vendola è di tendenza da tre ore. E i commenti sono i più disparati. C’è chi scrive «Ciao, sono Vendola, volevo un regalo e ho comprato un bambino»; e chi aggiunge: «ma una volta i comunisti non li mangiavano bambini? Ora li comprano». E ancora: «Ma ci rendiamo conto? Generare con i soldi un bambino da una sconosciuta solo per dire sono papà. Egoismo assoluto». Sono in tanti, però, a essere felici per lui: «Tanti auguri ai neo genitori ed al piccolo»; «Moralisti da social smettetela, Nichi sarà un padre dolcissimo». Infine, non mancano gli ironici. Come chi, prendendo di mira l’eloquio vendoliano, scrive: «L’unico problema per il figlio di Vendola è che la ninna nanna durerà 3 ore». Per altri, invece, il fatto che «Vendola e il compagno siano diventati papà dimostra che nulla è impossibile, tranne avere una sinistra unita».



SALVINI: “DISGUSTO EGOISMO”

«Vendola e compagno sono diventati papà, affittando utero di una donna californiana. Questo per me non è futuro, questo è disgustoso egoismo», scrive su Twitter il leader della Lega Matteo Salvini. Il senatore Maurizio Gasparri (FI), invece, dice: «A parole sono contro l’utero in affitto. Ma poi usano questo turpe metodo per inventarsi genitori dei figli di altri. Si parla di nuovi casi. Un po’ di trasparenza su scelte e costi? Chi paga chi? Quanto? Coerenza e chiarezza. Per noi l’impegno continua. Inutile che corrano per rafforzare adozioni gay e utero in affitto già facilitati dal testo incostituzionale imposto al Senato con tecniche da trafficanti di persone. Il soccorso dei traditori del popolo delle famiglie rende ancora più necessaria una battaglia di verità e libertà».


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si interrompe alle medie
“Io e Adriano finalmente padri, grazie ai soldi per l’utero in affitto”
Una coppia gay racconta la sua storia. Ma il fenomeno riguarda soprattutto gli etero. Un affare da 3 miliardi l’anno: secondo alcune stime, due italiani ogni settimana nascono così

In famiglia. A destra Michele Falcone con il suo compagno Adriano Visinoni. Con loro, i due gemelli avuti dalla madre surrogata, la messicana Laura Hernandez

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14/02/2016
andrea malaguti
roma

Di che cosa parliamo quando diciamo, sbrigativamente, «utero in affitto»? Di quale giro d’affari, di quali sofferenze, di quale modello genitoriale? E, soprattutto, è ancora possibile immaginare di fermare un processo globale che non solo è pienamente in atto, ma che, sommandosi alla procreazione medicalmente assistita, riguarda già milioni di persone, compresi - secondo stime attendibili - circa cento bambini italiani ogni anno con la sola gestazione per altri?



GESTAZIONE PER ALTRI

«Spero che tutto si risolva. E che Dio offra la capacità di amare a queste persone piene di dubbi». Si affida all’Onnipotente la cattolica madre surrogata messicana Laura Hernandez e lo fa in un sms inviato all’avvocato Michele Falcone, fidanzato da 17 anni con l’organizzatore di eventi Adriano Visinoni.



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Falcone e Visinoni convivono a Vimercate, in Brianza, e da quindici mesi sono diventati papà, anche se ufficialmente solo Michele può rivendicare il ruolo. In paese la loro famiglia è stata accolta bene, ma Laura è preoccupata perché il dibattito italiano sulla «gestazione per altri», o «utero in affitto» - come lo definisce chi trova la pratica spregevole - ha attraversato l’oceano. E lei si è spaventata. Che cosa succederà ai piccoli? Ve li porteranno via? Perché questo cardinal Bagnasco dice che «i bambini non sono un diritto»? «Noi siamo una famiglia e le famiglie si amano e si appoggiano», scrive Laura, che, stando all’analisi sgradevolmente sbrigativa del ministro Lorenzin sarebbe un’«ultraprostituta». È stata lei, infatti, a portare in grembo per nove mesi i gemelli di Michele e Adriano. Nei messaggi di questi giorni usa frasi brevi e secche e cerca un equilibrio, anche narrativo, perché sa che l’eccesso di melodramma può essere di cattivo gusto quanto la mancanza di compassione. «Chi dice che mi avete sfruttato è fuori strada. Il mio è stato solo un gesto d’amore». Davvero?



Per capire come si è arrivati a questo gesto d’amore è necessario allargare il quadro e chiedersi che cosa significhi spingere una donna - o due - a diventare madre per conto terzi. Una domanda che riceve risposte diverse a seconda dell’angolo del pianeta in cui viene posta e che alimenta un giro d’affari stimato ufficiosamente in tre miliardi di dollari l’anno, sostenuto all’80% da coppie etero e solo al 20% da coppie omo, anche se a dar retta al dibattito nostrano le percentuali sembrerebbero rovesciate.



STORIA DI MICHELE

Seduto in un bar nel centro di Milano, l’avvocato Falcone ordina un tè, mostra orgogliosamente la foto dei gemelli sul cellulare e racconta la sua storia perché ha capito da un pezzo che impegnarsi significa smettere di barare. «Da qualche anno sentivo questo bisogno di paternità. Ne ho parlato a lungo con Adriano e alla fine abbiamo scelto la gestazione per altri, perché per noi coppie gay l’adozione è preclusa. Siamo benestanti, dunque ci siamo mossi». Una ricerca cominciata su internet lo ha portato a mettersi in contatto con un istituto statunitense che opera in Messico. Lui ha messo lo sperma, soluzione che lo garantisce da qualunque contestazione legale, e una ragazza sudafricana, bianca, ha donato gli ovociti. «Ho scelto lei perché ha 28 anni e due figli. E aveva già fatto due volte un’operazione analoga. Mi ha colpito perché sul suo profilo spiegava quanto conti per lei la famiglia. Siamo ancora in contatto su Facebook. Ma soprattutto sono rimasto in contatto con Laura». Laura allora.



Trentadue anni, laureata in economia e commercio, due figli, un marito, un lavoro fisso. «I nostri bambini sono cresciuti nel suo utero. È stata un’esperienza bellissima. E la sua è stata una scelta consapevole. Un gesto d’amore, appunto. Non ho dubbi che i nostri figli da grandi andranno a trovarla in Messico». Arriva Adriano. È brizzolato, sottile, piuttosto elegante. Si siede. Guarda Michele. Danno l’impressione di amarsi bene.



I figli di Laura li considerate fratelli dei vostri gemelli? «No», dicono entrambi. Poi Michele aggiunge. «Vorrei solo che Adriano esistesse anche per la legge italiana come padre». Vi è mai venuto il dubbio di avere sfruttato le madri dei vostri piccoli? «Ci siamo fatti molte domande. Ma a questa la risposta è sempre stata: no. Ai gemelli in ogni caso racconteremo tutto». Il problema è che non esiste un «tutto» unico da raccontare.





I NUOVI GENITORI

Il dibattito sulla liceità del ricorso alla gestazione per altri è ancora acerbo, soprattutto da noi, e costringe i biologi ad affrontare con difficoltà temi filosofici, i teologi a occuparsi maldestramente di scienza e la politica a rimbalzare da una posizione all’altra a secondo delle convenienze elettorali. Peccato che sia il mondo globalizzato, e in continua evoluzione, a imporre la propria agenda.



Nel suo ufficio di Bologna, il professor Carlo Flamigni, già ordinario di ostetricia e ginecologia e membro del comitato nazionale per la bioetica, nota che «nel 2015 la prima bambina nata da una fecondazione medicalmente assistita ha compiuto 37 anni. Quella che allora era considerata un’avventura eticamente discutibile dalle scienze biologiche oggi è un’esperienza che riguarda cinque milioni di esseri umani nel mondo».



Ogni anno, attraverso un milione e mezzo di trattamenti in laboratorio nascono 350 mila bambini e il paese che ha il maggior numero di centri specializzati è l’Italia (oltre 200 contro i 107 della Francia). «Siamo dunque di fronte a un nuovo paradigma, relativo non solo alla fertilità ma anche alla genitorialità», dice Flamigni.



Un nuovo paradigma che la gestazione per altri sta visibilmente allargando, introducendo una serie di controindicazioni e problemi (pratici ed etici) che solo una scelta legislativa condivisa, per lo meno a livello europeo, sarebbe in grado di contenere. «L’idea che la maternità o la paternità siano un istinto e non un sentimento è a mio avviso sbagliata. Basti pensare che in Gran Bretagna i brefotrofi nacquero nel Settecento perché il governo si stufò di trovare bambini morti per strada e che comunque all’interno di quelle strutture la possibilità di sopravvivere era pari al 10%. I genitori non avevano grande interesse per i figli evidentemente». Cambia la morale comune. Cambiano gli strumenti scientifici. Ed è facile immaginare che nel giro di qualche decennio i rapporti sessuali avranno una funzione sostanzialmente ricreativa e non più riproduttiva. Nel frattempo le decine di migliaia di persone che decidono di ricorrere alla surrogacy sono costrette a muoversi in una vera e propria giungla.


La legge sulle unioni civili spiegata in 90 secondi



IL MERCATO DEI CORPI

«Una percentuale significativa di turisti della fertilità viaggia perché determinate forme di lavoro riproduttivo non sono accessibili nel paese d’origine», sostengono Melinda Cooper e Catherine Waldby, docenti australiane che per prime, in uno straordinario libro intitolato Clinical Labor, hanno valutato quanto e come la bioeconomia si sia sviluppata puntando soprattutto sul corpo delle donne, producendo questo giro d’affari miliardario al quale Michele Falcone e Adriano Visinoni hanno contribuito con quarantamila dollari. Centomila in meno di quelli che avrebbero speso se Laura Hernandez fosse stata nordamericana. Negli Stati Uniti infatti, dove la logica commerciale non solo è esplicita ma anche incentivata, il ricorso alla gestazione per altri costa mediamente 140 mila dollari. Ma può raggiungere livelli molto più elevati se la donna che mette a disposizione gli ovociti è particolarmente avvenente e laureata. A quel punto è lei a fare il prezzo, consapevole di far parte di un processo di selezione che punta a raffinare la razza. È tutto chiaro. Palese. Regolato dalla legge.



Antonio Brandi, presidente dell’associazione ProVita ritiene inaccettabile la pratica della gestazione per altri, considerandola una forma pericolosa di sfruttamento del corpo delle donne e gira l’Italia non solo per dire no alle coppie gay - introducendo un discutibile nesso tra utero in affitto e coppie omo - ma anche per mostrare il documentario vincitore del primo premio al Film Festival della California. Il documentario si intitola «Eggspolitation» e racconta le vicende di una serie di ragazze americane che vendendo ovociti hanno messo a repentaglio la vita a causa di emorragie, ictus e infarti. «E’ così che le grandi aziende fanno affari milionari sulla pelle, il sangue e la vita delle donne e dei bambini». Il documentario dice il vero. Ma non dice la verità. Che è più larga e complessa di così. Nei Paesi avanzati i livelli di sicurezza per le donatrici sono sempre più elevati. E i controlli ai quali devono sottoporsi sono costanti e sofisticati. È un problema di marketing, più che di salute. Una donna che sta male non è una buona pubblicità.



Tema un po’ meno sentito nei paesi dell’Est, dove le ragazze che mettono a disposizione il proprio utero lo fanno spinte da uno stato di necessità. «Dopo la caduta del muro le donne sono state espulse dal mercato del lavoro. E per garantirsi un’esistenza dignitosa hanno dovuto affidarsi al corpo», dice Flamigni. Tre le strade per metterlo a reddito: fare le badanti, prostituirsi, affittare uova e utero. Le giovani ucraine sono particolarmente richieste perché bianche, belle, forti e con gli occhi chiari. Perfette dunque per le facoltose coppie del Nord Europa. E anche per quelle italiane. «Secondo i nostri dati ogni mese in Ucraina nascono almeno tre o quattro bambini italiani», dice l’avvocato Franco Antonio Zenna, che lavora a Barcellona per un gruppo (Subrogalia) che si occupa di fornire tutela legale a chi decida di tentare questa strada. «Sia chiaro che noi non facciamo intermediazione. Diamo però assistenza alle coppie che ce la chiedono. In Spagna arrivano ogni anno circa 700 bambini grazie alla gestazione per altri». E in Italia? «Dati ufficiali non ce ne sono, non mi meraviglierei se i numeri fossero analoghi». In realtà i numeri sono molto più bassi. Le stime parlano di cento bambini circa.



LA SOLIDARIETA’

Esistono comunque due tipologie di maternità surrogata. Quella a pagamento e quella per solidarietà, che si basa generalmente su un legame affettivo o sociale tra la gestante e la persona o la coppia di genitori a cui verrà consegnato il bambino alla nascita. È lo schema che viene utilizzato in Gran Bretagna e in Canada dove alle madri surrogate viene riconosciuto un rimborso spese legato alla perdita temporanea del lavoro e alle necessità legate alla maternità. È la terza via che cerca di trovare la mediazione tra la commercializzazione spudorata statunitense e la messa a reddito dell’utero per necessità che avviene nell’Europa dell’Est. Il mercato esiste. È quotidiano. È possibile e giusto fermarlo o è normale e inevitabile regolarlo? «A me sembra che esista “la presunzione in favore della libertà”, come sosteneva J. S. Mill», dice il dottor Flamigni, ma è proprio su questa valutazione che il Paese si è spaccato , incapace di rispondere a due domande di ordine generale. La prima: se - come sostiene Bagnasco - «i figli non sono un diritto», che cosa raccontiamo ai cinque milioni di persone nate secondo modalità «non tradizionali»? La seconda, meno diretta, ma forse più significativa: siamo in grado di mutare le opinioni ereditate dall’etica tradizionale considerando che la vita nascerà con sempre maggiore frequenza da meccanismi che nulla hanno a che vedere con l’unione fisica tra un uomo e una donna?




Per le adozioni particolari la legge c’è da 33 anni: si applica 500 volte l’anno
Possono ottenerla anche single e coppie gay. In molti casi sono stati adottati i figli del partner

Un recente gay pride

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13/02/2016
gianluca nicoletti

In Italia la stepchild adoption è già possibile. Nel 2014 Il Tribunale per i Minorenni di Roma riconobbe l’adozione di una bimba allevata da una coppia di due donne conviventi. Era figlia biologica di una delle due madri, l’aveva avuta all’estero con la procreazione eterologa assistita, il Tribunale accolse l’istanza per ottenere l’adozione della bimba da parte della mamma non biologica.



Qualcuno allora gridò al “colpo di stato” ma tutto avvenne nel pieno rispetto della legge italiana e in nome dell’interesse superiore del minore.



Esiste già da 33 anni una norma che permette adozioni di minori nei così detti “casi particolari” (art.44 della legge 184/83) per cui possono adottare anche dei single, indifferentemente che siano maschi o femmine. E’ una norma che viene applicata a circa 500 casi all’anno, che rappresentano situazioni considerate come delle eccezioni. In alcuni di questi casi l’adozione è la salvaguardia di un rapporto affettivo già in atto con il minore, per esempio da parte di una persona che l’ha precedentemente avuto in affido o che se ne è comunque occupata.



Può riguardare altrimenti un minore adottabile, ma che nessuno abbia voluto adottare, o che sia portatore d’ handicap, o orfano di padre e di madre. Chi fosse giudicato idoneo ad adottare bambini appartenenti a queste categorie, e a tutti gli effetti diventarne genitore, deve naturalmente passare per un iter molto rigoroso, in cui un tribunale verifichi che quel tipo d’ adozione sia la miglior soluzione possibile per il minore. E’ importante però sapere che in questo caso non è richiesto che il genitore sia regolarmente sposato o accoppiato, può indifferentemente trattarsi di una persona single non coniugata (senza distinzione di genere) o una persona convivente more uxorio.



La regola del diritto a un papà e una mamma non è applicabile a tutti quelli che sono considerati figli di un Dio minore? O più crudamente espresso: se nessuno è in grado di farsi carico del tuo sostentamento, se sei orfano e solo al mondo o se hai un handicap grave e ti hanno depositato in un istituto, nessuno protesterà e indirà guerre di religione sul sesso di chi ti voglia adottare come figlio, purché si trovino persone disposte a farsi carico della tua vita.



Da un punto di vista opposto è sicuramente una norma che merita riflessione, rappresenta la prova che, in termini di diritto, la volontà e la possibilità di essere genitore è più estesa di quanto si affermi con decisione.



Invocare leggi della natura non ha peso giuridico quando un bambino è disperatamente abbandonato da tutti, di conseguenza dovrebbe essere accettato che la responsabilità di allevare un essere umano, anche senza specifici problemi, non dovrebbe essere condizionata dal fatto di essere maschio, femmina, accoppiato, single, come pure da ogni possibile appartenenza o scelta di vita affettiva e sessuale.