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 2016  febbraio 26 Venerdì calendario

I PEGGIORI TRENI DELLA NOSTRA VITA


ROMA. «Il treno direzione Roma partirà dalla direzione Roma». Alla stazione di Acilia, una manciata di chilometri dalla capitale, ma che alle otto di mattina di un giorno feriale possono sembrare un’eternità e trasformare un banale spostamento in qualcosa di simile ad un incubo, non è raro ascoltare annunci stravaganti. I ritardi invece, che qui sono la norma, nella maggior parte dei casi non vengono annunciati. Meglio non comunicare la débâcle e non esasperare un clima già rovente, con oltre cinquecento persone in attesa di salire su una sorta di carro bestiame chiamato treno – lento, sporco, spesso gelido d’inverno e bollente d’estate – che li condurrà nella capitale d’Italia, punto di partenza o di arrivo della famigerata Roma-Lido, quella che Legambiente ha definito nel suo rapporto annuale la peggiore tratta per pendolari di tutta la penisola. Una maglia nera, verrebbe da dire, che non arriva per caso ma è il frutto di anni di certosino lavoro: inadempienze, pressapochismo, sciatteria, zero fondi e molto disinteresse. Per i cittadini.
«Il tempo impiegato è lo stesso di 90 anni fa, quando la linea è stata inaugurata, solo che allora non ti dovevi preoccupare del posto», ironizza Guido, dipendente di un’azienda informatica, che invece di prendere il treno al capolinea di Ostia, a due passi da casa, pur di conquistare l’agognano seggiolino e arrivare a Roma in condizioni umane preferisce recarsi a piedi alla fermata precedente, prendere il trenino e tornare indietro. Escamotage da viaggi della speranza. In effetti non molto è cambiato da quel 10 agosto del lontano 1924 quando un signore che si chiamava Benito Mussolini salì alla stazione di Porta San Paolo sul convoglio inaugurale, in seguito distrutto nel ’44 dai nazisti in ritirata da Roma, che lo avrebbe portato ad Ostia antica. Tempo di percorrenza 40 minuti circa, esattamente come avviene oggi, se si è particolarmente fortunati da non incappare in uno dei tanti «incidenti tecnici» (come vengono burocraticamente definiti dall’Atac, l’azienda di trasporto del Comune di Roma che gestisce la linea per conto della Regione Lazio) che funestano la linea.
L’età dell’oro della Roma-Lido risale agli anni Trenta, quando il litorale romano iniziò la sua espansione, anche grazie alla ferrovia, e la borghesia ministeriale che ancora non aveva la makina, per dirla alla Flaiano, se ne andava al mare in treno la domenica cantando «se potessi avere mille lire al mese» di Gilberto Mazzi, aspirazione di una generazione. E dalla sfavillante stazione di Porta San Paolo, progettata da Marcello Piacentini, sgusciavano via veloci dai 40 ai 70 treni al giorno, con partenze ogni 15 minuti. Quasi un secolo dopo siamo ancora lì.
La frequenza teorica, nella ore di punta dei giorni feriali, dovrebbe essere di 7,30 minuti, ma nella realtà è di almeno 15, con picchi anche di 40-50 minuti. Con 1’aggravante che i treni sono talmente affollati che spesso bisogna aspettare quello successivo. Che sai mai quando passerà. «Il paradosso» denuncia Maurizio Messina, il portavoce dei comitati della Roma-Lido «è che l’Atac viene pagata dalla Regione Lazio per chilometro/vettura. Questo significa che ogni qualvolta negli orari di punta saltano le corse, per carenza di mezzi o di personale, poi queste vengono fatte recuperare più tardi. Magari facendo partire a mezzogiorno due corse una dietro l’altra, che chiaramente sono sempre vuote».
Ma se tutto si riducesse a una mera questione di orari, basterebbe affidarsi al destino. Sfortunatamente i problemi sono molti, al punto che diventa difficile anche fare la lista delle cose non vanno. Si potrebbe partire dalle linea, che risulta essere un po’ malandata, per usare un eufemismo, ma servirebbero milioni di euro per ammodernarla. Che al momento non ci sono, anche se i politici nostrani sono maestri nel parlare di «cura del ferro» e di fondi in arrivo, possibilmente prima di qualche elezione. Solo per avere un’idea, da queste parti si viaggia ancora a vista, quindi con 2 conducenti, un macchinista e un capotreno, invece che con un singolo guidatore come avviene per le metropolitane.
Poi, naturalmente, c’è l’antico problema dei mezzi. Negli anni il parco macchine è in parte migliorato, ma non in maniera sufficiente da trasportare circa 90 mila persone al giorno. I treni cosiddetti «nuovi» non sono in realtà usciti dal cantiere ma sono stati già utilizzati in precedenza per le linee della metropolitana, sono del 2009 e hanno percorso circa 700-800 mila chilometri. Sempre meglio di quelli arrivati dal Giubileo del 2000, che dicono siano difettosi sin dalla nascita. Così tra porte che non si aprono quando fa freddo (la Roma-Lido è l’unica tratta conosciuta in Europa dove i mezzi soffrono il clima invernale), freni che danno problemi e altri improbabili eventi non è raro che i passeggeri siano fatti scendere prima dell’arrivo. «In totale il parco treni teorico a disposizione è di 20 unità, ma alla fine quelli che girano mediamente sono 7-8, quindi il 40 per cento», evidenzia Messina.
Infine c’è il capitolo stazioni, molte delle quali andrebbero quantomeno ammodernate. Alla Stazione di Tor di Valle, forse la più sciagurata, costruita negli anni Sessanta, la cosa più nuova è una scritta con il pennarello: «Stadio no, please», in riferimento al progetto del nuovo impianto della Roma di Pallotta, ancora in stand-by. Quello che salta agli occhi, oltre allo stato di totale degrado, è l’assenza di qualsiasi cosa. Personale, pensiline, controlli, servizi igienici. Dimenticatevi anche ascensori e scale mobili. Il risultato è che la fermata è completamente interdetta alle persone disabili. Una vergogna che in un Paese normale avrebbe fatto saltare teste. Qui da noi, invece, si ottengono proroghe. Misteri italici. «La linea suburbana gestita da Atac non è assolutamente adeguata alla richiesta sempre più crescente dei circa 100 mila pendolari, anzi, sembra peggiorare di giorno in giorno. I continui guasti e problemi tecnici continuano a ripercuotersi sugli utenti che vanno a lavoro o a scuola, nonché in direzione opposta quando vogliono tornare a casa», commenta Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente. Una soluzione per uscire da uno stato d’emergenza che dura da troppo tempo potrebbe essere quella di dare in gestione (si parla di 25 anni) la linea ad un consorzio di imprese capeggiato dai francesi di Ratp (con Ansaldo), la società che gestisce la metro di Parigi e che è tornata per la seconda volta a manifestare interesse per trasformare i 27 chilometri di ferrovia in una vera e propria metropolitana. Con corse ogni 6 minuti. Per molti un sogno, che però rischia di rimanere tale.
La politica romana infatti mal tollera intrusioni straniere, che vive con senso di colpa, e non tutti sembrano d’accordo nel voler affidare la gestione a mani estere; non è un caso che nelle ultime settimane sia tornato d’attualità il nome delle Ferrovie dello Stato come possibile interlocutore. Nel frattempo, in attesa che si prendano decisioni serie, i pendolari restano le uniche vittime di questa triste vicenda. «La priorità deve essere quella di migliorare il servizio, a prescindere da chi sia il controllore, sarebbe assurdo se a Roma si bloccasse una proposta di miglioramento solo perché proviene da fuori» insiste Zanchini «credo che l’ipotesi migliore sia quella di aprire una procedura di confronto rispetto alla proposta dei francesi, valutando se ci sono realmente in campo soluzioni migliori. Basta però decidere in fretta come cambiare una situazione inaccettabile che riguarda oltre 100 mila persone ogni giorno».
Giuliano Malatesta