Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 26 Venerdì calendario

SESSO, BILE E SALUTISMO: LE MILLE MASCHERE DI CÉLINE IL SEDUTTORE


Le lettere di Céline alle amiche/amanti ora pubblicate da Adelphi si muovono per lo più tra le tonalità del cinico, del viscido, del querimonioso. All’occasione, dello scurrile. Dipende dal grado di soggezione che il dottor Destouches mostra di provare nei confronti della destinataria. Davanti alla pianista Lucienne Delforge si prostra: Quanto ho bisogno di te. In compenso alla studentessa Erika Irrgang dispensa meno alati precetti: Niente amore senza preservativo, ALTRIMENTI DA DIETRO. Prodigo di consigli, Céline è un nonnetto di 40 anni. Si definisce Già vecchio, depravato, malmesso... Sciorina suggerimenti, ma la sua interiorità è sempre troppo in subbuglio perché ci si possa sedimentare una patina di saggezza.
L’estensore di queste lettere è un uomo nel guado: da medico oscuro si va trasformando in caso letterario. Poi diverrà pamphlettista antisemita e reprobo. Però alti e bassi li vive tutti allo stesso modo: come un incubo. Anche nell’epistolario si scaglia in irresistibili invettive: contro l’Europa al capolinea, gli Usa (Nazione di garagisti ubriachi), l’Urss (Una prigione di larve). Ma sebbene assicuri il contrario (Non sono moderno. Non sono un uomo perso. Ho conservato il senso dei valori profondi), Céline non ha il baricentro stabile del moralista classico. È un incazzato di genio risucchiato dalla tormenta del ’900. Strappa il sorriso quando scrive: Non sono solito lamentarmi lui che è tornato a elevare ad arte la geremiade (dopotutto consanguinea dell’invettiva).
Il romanticismo l’aveva fatto secco una volta per tutte in Viaggio al termine della notte: «L’amore è l’infinito messo alla portata dei barboncini». Di quell’aforisma arcinoto molte delle lettere non sono che una glossa. Come le idee, i sentimenti sono una peste che sta portando un’intera civiltà al macello. Perciò lussuria: Cosce, ancora cosce. Ma anche quella del libertino è una maschera. L’ulcerato Céline non può trovare requie in alcun piacere. Né a letto né a tavola. Non beve, non fuma. Tendiamo a identificarlo con l’individuo irsuto e dall’igiene distratta a cui si ridusse sul finire, però Destouches era stato un bel tipo atletico. Lo eccitavano le bellezze ginniche: Se conosce una viennese muscolosa, pensi a me. Ballerine furono le donne più importanti della sua vita, Elizabeth Craig e Lucette Almanzor, che in queste lettere compaiono solo per allusione.
Come profeta storico Céline ha bisogno di manutenzione: «Gli ebrei sono un po’ minacciati e non credo che la situazione si aggraverà mai». Sul proprio destino è più preveggente: «Presto sarò, lo sento, in esilio da qualche parte». Nel funesto 1933 si congedava così dall’amante ebreo-tedesca Erika: Il suo affezionato Louis Destouches. PS: Heil Hitler! Sai che risate. Tutte le amiche conservarono di lui il ricordo di un gentiluomo gradevolissimo, pieno di humour e fedeltà all’amicizia.