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 2016  febbraio 26 Venerdì calendario

VIAGGIO NEL PANIERE


ROMA. La squadra al completo la vedete qui sotto, fotografata per la prima volta nella storia quasi secolare dell’Istat: trenta persone, uomini e donne, riunite a Roma con l’incarico vagamente messianico di darci ogni anno a febbraio il santo paniere. Il quale, benché abbia l’obiettivo freddino di misurare l’andamento dei prezzi al consumo, è diventato lo specchio di ciò che siamo, o – più precisamente – di ciò che siamo appena stati. Così, quando l’elenco dei beni e dei servizi è presentato Urbi et orbi, scopriamo che il vaso di Pandora dei nostri bisogni si è improvvisamente riempito di tatuaggi: ma non ne andavamo già tutti pazzi qualche anno fa? Viceversa, le cuccette dei treni sono state or ora eliminate: eppure erano uscite dalle nostre vite da un pezzo – cancellate come la trippa di bue cruda che andava forte nel 1954. O no?
Gli esperti di statistica sorridono di questo sfasamento. E, intorno a un tavolo in un ufficio del centro di Roma, provano a spiegare il procedimento, minuzioso e insieme grandioso, di riempimento e svuotamento del paniere – arrivato oggi a contenere 1476 voci – e a fare un po’ di ordine.
Intanto, il lavoro è continuo, un flusso senza fine di numeri che giungono da ogni dove, raccolti «sul campo» da uomini e donne che, con i loro tablet, una volta al mese entrano nei negozi e nei centri commerciali di ottanta città – tutti i capoluoghi di provincia e alcuni centri con più di trentamila abitanti – per registrare i prezzi di scarpe, yogurt, corsi di pilates, viaggi vacanza, pedicure, orate, lampade led...
Sono 350 le persone che fanno questo lavoro, fotografando i cartellini esposti in 42 mila punti vendita – i cui responsabili, sia chiaro, sanno perfettamente di essere sotto osservazione, come è nelle regole ferree dell’Istat. E talora i rilevatori, insieme alle tariffe dei prodotti, segnalano a Roma quello che potrebbe rivelarsi un dettaglio importante: «Sono loro ad avere il polso della situazione. Magari notano la chiusura di un negozio che vendeva un certo bene, un negozio che nessuno riapre più» spiega Federico Polidoro, responsabile del Servizio prezzi al consumo, «è anche così che a volte ci facciamo un’idea di come cambi una abitudine».
Ma siccome la statistica percepita non esiste, sono ancora altri dati e altre fonti a suggerire la composizione del paniere. Si attinge a piene mani, per esempio, ai dati sui consumi della contabilità nazionale: le categorie sono abbastanza generiche (come «alimentari» o «abbigliamento»), e ovviamente un po’ datate. Per il paniere pubblicato qualche giorno fa la contabilità presa in esame è quella del 2014, una delle ragioni per le quali si ha l’impressione che un prodotto abbia ricevuto un ok tardivo. «Ma qui non fotografiamo i trend o le mode» insiste Polidoro, «il nostro obiettivo è indicare i beni e i servizi i cui consumi sono consolidati».
Risultati dettagliati (però sempre riferiti, nel caso più recente, al 2014) provengono dalle interviste fatte due volte l’anno alle ventimila famiglie scelte per rappresentare il Paese. Ciascuna tiene anche una specie di diario di bordo dove annota le spese quotidiane, dal caffè preso al bar alle bici regalate ai bambini allo smartphone finalmente comprato. (Onore perciò a questa gente, che non riceve denaro né benefit per un incarico pure noiosetto svolto al servizio della collettività: l’Istat ringrazia tutti regalando un poster realizzato con ritagli di giornale e stralci di comunicati stampa, il cui messaggio è «il vostro lavoro è proprio importante», niente altro).
Ma le interviste e i tablet non bastano. L’Istat rileva direttamente da Roma i prezzi dei prodotti per i quali non c’è differenza sul territorio (biglietti aerei, sigarette, servizi telefonici). Molto raccontano anche i dati del commercio con l’estero: da qui si capisce, per esempio, quali sono i prodotti tecnologici di importazione entrati nelle case. Poi ci sono i rapporti delle società di mercato, i sondaggi degli istituti di ricerca, le attività di enti vari. I tatuaggi, per dire, si sono fatti largo nel paniere grazie a una ricerca arrivata dall’Istituto superiore di sanità (ottomila famiglie intervistate, settembre 2015). Le cuccette, invece, sono state eliminate soltanto ora perché si aspettavano i dati delle Ferrovie. «Ma non significa che nessuno viaggi più nei vagoni letto, la spesa non è sparita del tutto, è solo diventata marginale».
Il «viaggio» giunge a una prima tappa decisiva ogni anno nel mese di luglio: analizzando questa enormità di cifre gli statistici di Roma individuano 30-40 beni e servizi che potrebbero essere promossi (l’ultima edizione ha visto 25 nuovi ingressi). Molte di meno sono le cancellazioni: «Ormai il criterio di selezione è talmente accurato che nella lista ci sono prodotti davvero rappresentativi».
A novembre, arriva a Roma dagli uffici comunali di statistica di tutta Italia una nutrita rappresentanza dei rilevatori. È una riunione allargata, dove si ragiona ancora sul da farsi, si chiariscono i dubbi, si discute. L’ultima volta se l’è vista brutta il gasolio da riscaldamento: ormai pesa poco nel paniere, è al di sotto del minimo indicato dai regolamenti europei (un millesimo della spesa). In definitiva, lo stavano per buttare fuori. Ma i rilevatori del Nord hanno fatto notare che per alcune famiglie è ancora importante. Graziato. Proprio come la sigaretta elettronica: introdotta nel 2014, all’apice del successo o poco dopo, e oggi conservata nonostante il calo drastico delle vendite.
A fine novembre, ancora un confronto importante. Questa volta con il Consiglio nazionale dei consumatori e utenti. Furono le associazioni dei consumatori, nel 2012, a volere la mediazione civile nel paniere. Solo che poi la Consulta ne stabilì la non obbligatorietà: bocciata l’anno dopo.
Poche settimane ancora, qualche messa a punto, e siamo a fine gennaio: il paniere anche questa volta è servito.
P.S. Troppo presto per fare previsioni sul 2017. Ma c’è chi scommette sull’ingresso dei droni. E sulle soundbar, le conoscete? Sono le casse senza fili.