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 2016  febbraio 25 Giovedì calendario

DOCTOR BINI E MISTER SMAGHI


Un banchiere di lotta ma anche di governo. Lorenzo Bini Smaghi non ha due cognomi per caso, perché Bini è locale e Smaghi è globale, Bini pende a centrodestra e Smaghi è un filino renziano, Bini fa l’occhiolino al «sistema» mentre Smaghi è un po’ rottamatore. Salito nell’Olimpo della Bce grazie a Silvio Berlusconi (2005), due giorni dopo le dimissioni del Cavaliere se n’è andato anche lui (novembre 2011) per lasciare a Mario Draghi. Ma prima ha tenuto duro nientemeno che a Nicolas Sarkozy, che lo aveva chiamato personalmente dall’Eliseo per insultarlo perché non liberava il posto.
Mai collaterale al centrodestra, in patria è stato ricompensato sobriamente dal premier più sobrio, Mario Monti. Ministro del Tesoro, governatore della Banca d’Italia? Niente, solo la presidenza Snam. Forse per questo ha ricambiato la sobrietà nei giudizi. Ha sostenuto che l’Italia (Monti) aveva sbagliato a non chiedere aiuto alla Ue, finendo nelle secche bancarie in cui ci troviamo adesso, e non ha mancato di sottolineare nemmeno l’improvvido zelo con cui abbiamo approvato la Tobin tax (ancora Monti), salvo poi scoprire che in Europa si guardavano bene dal fare altrettanto.
E Renzi? Beh, Bini ha scritto un libro che potrebbe essere il manifesto del renzismo, Morire di austerità, sostenendo che bisogna fare riforme a tutto spiano, ma dando contemporaneamente ragione alla Commissione europea. Poi Smaghi è stato bene attento a non bruciarsi per eccessiva contiguità al primo ministro né tantomeno al Giglio magico. Perché Bini è vicino e Smaghi lontano, Bini è fiorentino e Smaghi very international, ha fatto gli studi in francese, ha studiato in America, ha lavorato a Roma e a Francoforte, ha poggiato il suo nobile deretano sulle ampie poltrone di Morgan Stanley International e Société Générale.
Invece Bini non disdegna la seggiola di presidente di ChiantiBanca: da Francoforte a San Casciano Val di Pesa, perché vino e finanza sono la quintessenza della fiorentinità. Ma sarà vero? Lui tace, perché non è mica un provinciale qualunque. E per i grandi banchieri, il silenzio è d’oro. Vale per Bini, ma questa volta è d’accordo anche Smaghi. (Martino Cavalli)