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 2016  febbraio 25 Giovedì calendario

CHIESA-STATO 8-0

Apparentemente il Tevere non era mai stato così largo quanto oggi, con il Papa argentino che ancora una volta, di ritorno dal Messico, ha ribadito che non vuole immischiarsi nelle vicende italiane. E il premier Matteo Renzi che non perde occasione per prendere le distanze dai vescovi: le unioni civili, ha detto, «sono una questione su cui si può sfidare la Chiesa». Ma la realtà è un’altra. Gli annuali colloqui bilaterali a Villa Borromeo, sede dell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, hanno registrato l’evidente soddisfazione delle gerarchie vaticane e della Cei per i risultati conseguiti in questi mesi. Poche ore prima, l’assemblea dei senatori Pd aveva dato il via libera alla «mossa del cavallo» ideata da Renzi per dare «scacco matto», dopo mesi di discussioni, sulla legge sulle unioni civili, come ha detto la relatrice, Monica Cirinnà. In realtà lo scacco matto sembra essere piuttosto quello messo a segno dalla Chiesa nei confronti di quegli esponenti del governo che fino a pochi giorni fa definivano «una bestemmia» lo stralcio della «stepchild adoption» dal disegno di legge e ora votano la fiducia su un provvedimento che rinvia a data da destinarsi l’adozione per le coppie gay. Ma è solo l’ultimo dei risultati incassati dalla Chiesa negli ultimi mesi. Meritano di essere ricordati i 25 milioni di euro previsti dalla Legge di stabilità per incrementare il Fondo per le scuole paritarie; le nuove linee guida del ministero della Salute sulla fecondazione assistita che, come raccomandato dai vescovi, vietano la ricerca sugli embrioni e la selezione delle caratteristiche del donatore; il permanere delle esenzioni fiscali a vantaggio del Vaticano previsti dal trattato del Laterano nella convenzione fiscale sottoscritta tra Santa Sede e Stato italiano il primo aprile scorso; il congelamento, di fatto, dell’iter delle leggi sull’eutanasia e sulla liberalizzazione della marijuana; l’accoglimento degli appelli del Papa in materia di migranti. Guai, infine, a mettere in discussione l’intesa sull’otto per mille che nel 2015 ha fatto affluire nelle casse della Cei oltre 995 milioni di euro (fonte Cei). Lo scandalo dell’abate di Montecassino, Pietro Vittorelli, accusato di utilizzare quei fondi per alberghi di lusso e viaggi all’estero, non sembra scalfire la convinzione che questo sistema debba rimanere invariato. Insomma, contando anche il ddl Cirinnà, la Chiesa batte Matteo Renzi per otto a zero.
A proposito di unioni civili, per il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio «non si tratta di una vittoria né dei cattolici né dei laici ma del buon senso per evitare che entri in Italia, per via giudiziaria, una regolamentazione delle unioni civili che è mutuata da altri Stati». La strada del voto di fiducia certo non è quella del voto segreto a tutela della libertà di coscienza, come forse auspicava il cardinale Bagnasco. Ma poco importa. Ciò che conta, fa notare il direttore del quotidiano della Cei, «è la sostanza, cioè puntare ad ottenere una legge che rispetti le indicazioni della sentenza della Corte costituzionale del 2010, eviti le sovrapposizioni tra matrimonio e unioni civili e metta al riparo da pratiche schiavistiche come quella dell’utero in affitto». Il leader del Family Day, Massimo Gandolfini, è soddisfatto solo a metà: «Lo stralcio della stepchild adoption non basta, chiediamo che la legge torni in Commissione e venga riscritta». Però rivendica: «La piazza del Circo Massimo ha espresso quello che è il sentire diffuso del Paese, governo e parlamento non potevano continuare a far finta di non sentire».
Il segretario della Cei, Nunzio Galantino, nega con decisione l’ormai tanto famosa quanto fantomatica cena con la senatrice Cirinnà, mesi or sono, per definire i contorni della legge. L’interlocuzione delle gerarchie ecclesiastiche con il Palazzo oggi è molto più frammentata e, a tratti, casuale rispetto ai tempi del cardinale Camillo Ruini. Ma dietro le quinte si registra comunque un gran movimento. Anzitutto da parte dei cattodem, come la storica Emma Fattorini, la pasionaria Rosa Maria Di Giorgi e l’ex sindaco di Brescia, Paolo Corsini. Così come da parte del «popolare» Giuseppe Fioroni che era al Circo Massimo e non ha mai interrotto, a vari livelli, il dialogo con le gerarchie, a cominciare dall’attuale cappellano di Montecitorio, monsignor Lorenzo Leuzzi. Lo stesso dicasi per gli Ncd/Udc Beatrice Lorenzin e Gian Luca Galletti. E si scopre che all’origine del clamoroso dietro front di Beppe Grillo sulla legge non c’è solo un calcolo tattico per spaccare il Pd, ma anche contatti di vecchia data tra i Cinquestelle Alessandro Di Battista, Nicola Morra e Roberta Lombardi con il sostituto alla Segreteria di Stato, monsignor Angelo Becciu e con l’organizzatore del Giubileo, monsignor Rino Fisichella.
Tuttavia il principale punto di riferimento per il mondo cattolico oggi sta sul colle del Quirinale. Ironie della storia: proprio quel Sergio Mattarella che la Cei nel 2007 scomunicò con la famosa «Nota» per aver firmato il «manifesto dei sessanta» a favore dei Dico (il contestato provvedimento del governo Prodi sulle unioni di fatto). Non sfugge la sintonia di linguaggio e di contenuti tra Mattarella e Papa Francesco anche se il presidente della Repubblica, da buon «cattolico democratico», non ha voluto neppure pronunciare la parola «Dio» nel suo discorso di insediamento. L’ex giudice della Consulta si rifiuta di fare da cinghia di trasmissione tra la gerarchia e il Palazzo ma proprio il suo ruolo di garante della Costituzione lo rende il migliore alleato della Conferenza episcopale italiana. Nel dibattito sulle unioni civili la bussola per Mattarella è sempre stata rappresentata dalla sentenza della Corte del 2010. Perciò ha chiesto che, come raccomandato dai giudici costituzionali, non ci fosse automatica sovrapposizione tra gli istituti previsti per il matrimonio e per le unioni civili. Quanto alle adozioni per le coppie gay, pur in presenza di un vuoto normativo, è facile immaginare quale sia il convincimento personale del cattolico Mattarella. E tanto basta. Chi l’avrebbe mai detto che con Renzi al governo le gerarchie ecclesiastiche avrebbero portato a casa questo inatteso otto a zero.