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 2016  febbraio 20 Sabato calendario

FATTORE X SOTTO IL VULCANO


[Urban Stranger: Alessio Iodice e Gennaro Raia]

Prima erano selfie adolescenti davanti a pasta al sugo ed Estathé alla pesca, erano pomeriggi in cameretta a suonare la chitarra, giornate intere su YouTube, era la voglia di emigrare. Ora, sono i fan che aspettano al cancello con vassoi di bigné, sono i “vi amo” scritti a pennarello sugli striscioni, sono dischi che scalano le classifiche, è la voglia di emigrare. Quella resta: obiettivo Londra. Partenza: Somma Vesuviana. Gli Urban Strangers – nome del duo composto da Alessio Iodice e Gennaro Raia – sono stati la sorpresa vera dell’ultima edizione di X Factor: parlano in napoletano, ma cantano esclusivamente in inglese, e quasi da madrelingua; ragazzini, hanno portato cover complesse ostentando originalità, passando dall’acustico all’elettronica in poche puntate.
A partire dal debutto in prima serata hanno così addensato folle di fan: mamme e figlie teenager, i giudici del programma (Elio e Fedez prodighi di lodi) i colleghi sul palco (lunghe serate col vincitore Giosada) e i coetanei ventenni. In tre mesi la mobilitazione sul web li ha portati alla fama nonostante la mancata vittoria nel talent. Peraltro loro non si rammaricano del secondo posto: il talento sono già certi di averlo. Catapultati infatti dalla provincia campana ai tour dicono: «Siamo scioccati», ma di persona non trasmettono lo sbandamento da show che ci si aspetterebbe. Piuttosto marcano sicurezza e convinzione del percorso seguito. Perché se è vero che attraverso Sky la loro carriera ha avuto un’accelerazione da Bolton, la corsa è iniziata molto prima. Con più impegno, dedizione e fortuna di quanto riescano a trasmettere i backstage visti in tv.
Per conoscere davvero la loro storia bisogna tornare al paese natale: Somma Vesuviana, 35mila abitanti di espansione urbana densa e recente (il titolo di “città” è arrivato solo nel 2011), palazzine su palazzine ai piedi del vulcano, un satellite di scarto rispetto alla movida di Napoli, nella periferia mal servita dalla Circumvesuviana. «Prima di X Factor non eravamo mai andati da nessun’altra parte», ci raccontano gli Urban Strangers. Proprio così: non erano mai usciti da Somma, in 20 anni. Qualche rarissima gita al capoluogo, scolastica. E basta. Milano? «La prima volta che ci abbiamo messo piede è stato per l’audizione». Lo stesso sul resto d’Italia. Le aspirazioni del duo erano alte, ma i mezzi pochi, e i passi corti: tutti fra casa-scuola-piazzetta (dove «ogni tanto la sera portavamo la chitarra») e soprattutto “Casa Lavica”.
“Casa Lavica” è stato il perno che ha trasformato questa coppia di sedicenni in una band da decine di migliaia di fan. Studio di registrazione, associazione culturale, società di produzione musicale, “Casa Lavica” è una sorpresa nel territorio magro di investimenti in arte che è la provincia vesuviana. «Non ce lo immaginavamo nemmeno noi potesse esistere un posto così da queste parti. È stato un gigantesco colpo di fortuna», dice Gennaro – jeans da rocker, ciuffo biondo, occhi azzurri che stordivano orde di coetanee ben prima del successo canoro: «Avevamo un piccolo gruppo, sapevamo che in paese c’era uno studio per le prove. Ma eravamo convinti che per produrre un Ep saremmo dovuti arrivare almeno a Napoli, se non più lontano. E invece».
Invece sono inciampati in un luogo a trecento metri da scuola dove dei giovani producer hanno deciso di coltivare il talento che intuivano nei due adolescenti, insieme a quello di altre voci che stanno cercando di far emergere. «Abbiamo passato una quantità inverosimile di giorni insieme, lì dentro – dal mattino a notte, per mesi», racconta Alessio, il moro, quello che ha finito le Superiori mentre Genny no, quello che conosce il solfeggio mentre Genny no («ci compensiamo», sorridono): «Nessuno di noi due è figlio d’arte. Siamo cresciuti così, da soli. A “Casa Lavica” abbiamo ascoltato tantissima musica, ci hanno indicato artisti che non conoscevamo, etichette di nicchia, universi sonori diversi. Poi ci hanno aiutati a costruire la nostra identità musicale».
Alcune idee chiare però le avevano già, quando sono entrati per la prima volta nello studio di Lavica. Una su tutte: l’inglese. «Abbiamo da subito voluto cantare sempre e solo in inglese», spiega Gennaro. Parla con un accento inconfondibile, che però scompare appena ha di fronte un microfono: «E dire che sono autodidatta, nell’inglese come nel canto». Se nel canto l’unica esperienza registrata prima degli Urban Strangers è il coro in chiesa (quando aveva sei anni), nella grammatica straniera non c’è neppure quella: «L’ho imparata attraverso le canzoni che amavo, tutte anglosassoni, americane, australiane». I nomi che elencano come loro modelli sono dei blockbuster: Jay-Z, Kanye West, Chet Faker.
«Non è stato facile far accettare l’inglese nei locali di paese dove suonavamo», continuano con quell’orgoglio del “diverso” che in provincia è una promessa di possibilità: «Ci chiedevano sempre almeno un pezzo in napoletano, in italiano». È la terra dei neomelodici, che fare? Hanno ceduto solo una volta, dicono, per poi far scomparire le prove. In inglese, così, è tutta la loro cultura musicale, macinata da Somma Vesuviana navigando senza sosta sul web, fra YouTube e Spotify. E inglese è anche la patria che restano decisi a raggiungere: «Il nostro progetto era registrare un Ep e poi andare a Londra a tentare la fortuna», spiegano, «poi ci hanno chiamato da X Factor per proporci di partecipare, siamo andati al provino, ha funzionato. Ma il nostro obiettivo non cambia. Magari arriveremo nella City con qualche chance in più».
Nel frattempo, prima dei bagagli, affrontano da neo-star le conseguenze del successo. Sul profilo Instragram di Gennaro (107mila follower) Irene Cisternino scrive: «Sabato 23/1 è stato il giorno più perfetto della mia vita. Ero tra le ultime della fila, sono salita senza neanche aspettare... Ero lì da ore. Sono corsa e ti ho stretto forte e poi ti ho dato un bacio sulla guancia, lo stesso con Alex. È da tre giorni che continuo a pensare a quell’abbraccio. Grazie di esistere». Quello di Irene è il messaggio più soft, gli altri trasudano ancor più entusiasmo, invidia, passione. «È piuttosto assurdo. Neanche un anno fa ero io a inseguire i miei idoli, ora lo sono diventato per altri», riflette Gennaro: «Sento una responsabilità emotiva nei loro confronti. È una sensazione strana e forte». Si affacciano però anche gli “stalker”: «Alcune ragazze ci hanno seguiti sotto casa», racconta Alessio: «Ma sono gentili: ci hanno portato dolci, cioccolatini. Altre vogliono venire in studio per vederci lavorare. Quello che mi ha stupito di più è un gruppo di amici arrivato apposta da Milano a Somma Vesuviana per seguire il nostro live durante X Factor». E adesso, da Somma, gli Urban Strangers sono proiettati sul mondo.