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 2016  febbraio 23 Martedì calendario

DELITTI USCITI SUL FOGLIO DEI FOGLI DEL 22 FEBBRAIO 2016


Giosuè Lucaroni, 6 anni. Di Macerata, «vispo, intelligente, dolcissimo», figlio di Lorenzo Lucaroni, 39 anni, geometra, e di Laura Paoletti, 32 anni, contabile, co-titolare della ditta del padre, la fabbrica di scatolame “Carto tecnica Idealbox”, a detta di tutti donna gioiosa, brillante, determinata, equilibrata, ma madre molto apprensiva, legata al figlio in maniera morbosa. Un anno fa la Paoletti e il compagno si erano separati e i rapporti erano precipitati. Lui chiedeva di vedere il bambino, lei non ne voleva sapere. Lei s’era rivolta ai carabinieri denunciandolo per stalking (però non erano stati ravvisati elementi tali da far scattare l’indagine della procura), lui l’aveva denunciata perché si rifiutava di fargli vedere il figlio e perché, secondo lui, non era in grado di occuparsi del bambino: inidonea per problemi psichiatrici, questo aveva dichiarato attraverso il suo legale per poter ottenere l’affidamento di Giosuè. E lei, più volte, gli aveva giurato: «Piuttosto che dartelo lo ammazzo e mi ammazzo». Da qualche tempo le cose sembravano andare meglio: i due avevano raggiunto un accordo davanti al giudice, lui poteva stare con il bambino per qualche ora e lei, dal 25 febbraio, sarebbe andata dallo psicologo. Sabato 13 gennaio avevano appuntamento alle 16 a casa del padre di lei ma verso le 12 la Paoletti prese un fucile da caccia, lo puntò contrò Giosuè che giocava sul pavimento con le macchinine, e lo centrò in piena fronte. Subito dopo si puntò l’arma alla guancia e fece fuoco. A trovarli cadaveri in una pozza di sangue, in camera da letto, fu il padre della donna.
Sabato 13 gennaio in un appartamento in uno stabilimento di Sambucheto, nella zona industriale di Recanati (Macerata).

Isabella Noventa, 55 anni. Segretaria di Albignasego (Padova), bella donna, ex fidanzata del camionista Freddy Sorgato, 45 anni, ballerino di salsa e merengue, maestro di shiatsu, sciupafemmine, sfrontato, pieno di soldi da quando erano morti i genitori che gli avevano lasciato case e contanti. I due erano stati insieme dal 2012 al 2014, poi s’erano lasciati ma avevano continuato a frequentarsi. Lui cercava di riconquistarla con cene e regali, lei però gli sfuggiva e lo mandava in bestia frequentando pure altri uomini. I loro incontri erano mal visti sia dalla sorella del Sorgato, Debora, 44 anni, sia dalla sua amica Manuela Cacco, 53 anni, tabaccaia di Camponogara (Venezia) che col camionista aveva una relazione e di Isabella era assai gelosa. La sera di venerdì 15 gennaio la Noventa uscì a mangiare una pizza col Sorgato e da allora sparì nel nulla. Il camionista disse alla polizia che dopo cena l’aveva accompagnata a Padova, dove doveva incontrare un’amica. Pareva che le telecamere l’avessero effettivamente ripresa mentre passeggiava di notte nel centro della città, da sola, indosso il suo piumino bianco, ma i genitori avevano subito detto: «Quella non è la camminata di Isabella». Un mese dopo la Cacco confessò che quel piumino, la sera della scomparsa della Noventa, lo indossava lei: era stato Sorgato e chiederle di metterlo e di andarsene in giro per Padova senza spiegarle, a suo dire, il perché. Fu arrestata assieme ai fratelli Sorgato, Debora e Freddy. Quest’ultimo ammise di aver soffocato la Noventa a casa sua, dopo un amplesso: disse che s’era trattato di un gioco erotico finito male, che l’amica e la sorella non c’entravano nulla e che da solo s’era liberato del cadavere andandolo a buttare nel fiume Brenta. Gli inquirenti ipotizzato invece che Sorgato abbia ucciso la Noventa per gelosia e che abbia fatto sparire il corpo con la complicità della sorella e della Cacco. Di sicuro c’è che Freddy e Manuela, quando Isabella era morta da poche ore, se ne andarono insieme a ballare.
Sera di venerdì 15 gennaio ad Albignasego, Padova.

Gloria Rosboch, 49 anni. Insegnante precaria di francese a Castellamonte (Torino), ingenua e sognatrice, «à la moda veja», all’antica, come la descrivono i suoi colleghi, tifosa della Juventus, fragile, sempre sola, trascorreva le domeniche sul divano guardando le partite col papà Ettore, mentre la mamma Marisa rassettava la cucina. Nella sua vita semplice, trascorsa tra la villetta in periferia, dove viveva tra merletti e porcellane con i genitori, e la scuola a 10 minuti a piedi, s’era fatta affascinare da un suo ex allievo, Gabriele Defilippi, 22 anni, un diploma e non ancora un lavoro. Questi aveva diversi profili web, con foto che lo ritraggono con le meches e senza, oppure con la barba e poi glabro, sempre diverso. Scriveva: «Maledetto il giorno in cui sono nato umano», oppure si descriveva come «un essere fuori schema, fuori ruolo, fuori controllo, fuori da tutto». I suoi interessi: «Cosmesi, estetica, musica, fotografia». Alla sua ex professoressa raccontava il sogno di andare a vivere insieme in Costa Azzurra, dove avrebbe avuto agganci con importanti imprenditori stranieri. Per diventare soci di una finanziaria ad Antibes e costruire laggiù il loro nido d’amore le aveva chiesto tutti i suoi risparmi, che la Rosboch andò a ritirare: 187mila euro in banconote da 500. Li consegnò al Defilippi, che ovviamente sparì.

Quando la professoressa capì d’essere stata turlupinata, non trovò più pace, raccontò tutto ai suoi genitori che la videro dannarsi per mesi, tanto che arrivò a denunciare per truffa il ragazzo. La madre del Defilippi, Caterina Abbattista, 49 anni, infermiera all’ospedale di Ivrea, invano tentò di convincerla a ritirare la denuncia sostenendo che il figlio era stato picchiato da un fantomatico capo che lo aveva raggirato e che i soldi non c’erano più. Il 12 gennaio la professoressa credette d’essere a una svolta: il ragazzo, che nel frattempo aveva cercato di tenersela buona mandandole email consolatorie in cui la chiamava «dolce Glo» e la salutava «ciao tesoro», le chiese un appuntamento per restituirle i soldi. Così il 13 gennaio la Rosboch si vestì con maggiore cura e andò all’appuntamento con Gabriele Defilippi che si era fatto accompagnare da Roberto Obert, 53 anni, parrucchiere, omosessuale, suo ex amante, ancora innamoratissimo di lui, alla guida di una macchina. Il tempo di scambiare qualche parola, poi la Rosboch, forse convinta o forse costretta, salì in auto. Presero la strada per Rivara, sino al bosco. Lì Defilippi la strangolò col foulard che portava sempre al collo, da dietro. Tirarono fuori il cadavere, lo trascinarono per una ventina di metri, lo scaraventarono nelle gelide acque fangose di una vasca di decantazione, in un prato sperduto. Dopo più di un mese fu Obert a confessare tutto e indicare il luogo del ritrovamento. Fu arrestato, e con lui Gabriele Defilippi e la madre di lui, che forse aveva sempre saputo tutto.
Pomeriggio di mercoledì 13 febbraio, intorno alle 15, in una discarica abbandonata a San Ponso, tra Torino e Ivrea.