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 2016  febbraio 21 Domenica calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 78

(L’uomo del futuro)

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DON MILANI IN SILENZIO –
Ingiusto. «Non c’è nulla che sia ingiusto quanto far le parti uguali fra diseguali» (don Lorenzo Milani).
Anagrafe. Lorenzo Milani, nato a Firenze il 27 maggio del 1923, in via Principe Eugenio 9 (oggi via Gramsci), figlio di Albano Milani ed Alice Weiss, triestina nata sotto l’impero austro-ungarico, famiglia alto borghese, coltissima. Trasferitosi a Milano, finì gli studi e s’iscrisse all’Accademia di Brera, ma lasciò la pittura per entrare in seminario. Ordinato prete il 13 luglio del 1947, dedicò la sua vita ad istruire i poveri. Morì a 44 anni per un linfogranuloma.
Vita. Don Milani, una vita «singolare, irripetibile, misteriosa, fulminante» (David Maria Turoldo).
Zitti. Gli esercizi di don Milani durante il suo noviziato: stare zitti per 4 giorni e ascoltare 16 prediche. «Stare zitti sottoscriverei a seguitarlo tutto l’anno col vantaggio di non dire sciocchezze, ma le prediche per ora mi bastano…. Si ha sempre l’impressione d’essere al manicomio».
Cappellano. Quella volta che Lorenzo Milani, a 24 anni, fu inviato in via provvisoria come cappellano a Montespertoni, tra i suoi compaesani. Era inverno, e una donna, vedendolo tutto raggrinzito nella tonaca, gli disse: «Signorino, s’ammalerà con codesti sandali col freddo che c’è fuori». E lui: «Lo sa quanto ha patito più di me Nostro Signore?».
Libertà. «Quando uno liberamente regala la sua libertà è più libero di uno che è costretto a tenersela» (Lorenzo Milani alla madre, 14 marzo 1944).
Pane. Uno degli episodi che convinsero Lorenzo Milani alla conversione: aveva preso l’abitudine di dipingere nei vicoli vicino piazza Pitti. Ogni tanto si fermava per consumare il suo spuntino. Una signora affacciata alla finestra, senza nascondere la propria irritazione, esclamò: «Non si viene a mangiare il pane bianco nelle strade dei poveri!».
Pipetta. «Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. Quando tu non avrai più fame né sete, ricordatene Pipetta, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno finalmente potrò cantare l’unico grido di vittoria degna d’un sacerdote di Cristo: “Beati i… fame e sete”» (don Lorenzo Milani a Pipetta, giovane comunista di San Donato di Calenzano).
Democrazia. Don Lorenzo Milani era stato invitato insieme ai suoi scolari a una proiezione di Roma Città Aperta a Vicchio. Ma gli studenti delle medie fecero una gazzarra tale da disturbare la visione del film. Milani intervenne a muso duro. Il giorno dopo, scrisse al professore che aveva organizzato l’incontro: «Caro Marcello, ieri ho trattato male quei poveri ragazzi, ma cinque minuti dopo m’ero già accorto di aver sbagliato destinatari. I ragazzi son dei poveri ingannati. La colpa è vostra. I ragazzi di qui sono stati unanimi in questo giudizio. Quella non è una scuola, è una pubblica piazza. Ognuno tira per la sua strada disinteressandosi del prossimo. Vi siete forse illusi di poter fare una scuola democratica? È un errore. La scuola deve essere monarchica assolutista ed è democratica solo nel fine cioè solo in quanto il monarca che la guida costruisce nei ragazzi i mezzi della democrazia».
Studenti. «Io ho insegnato loro soltanto a esprimersi mentre loro mi hanno insegnato a vivere. Sono loro che han fatto di me quel prete dal quale vanno volentieri a scuola, del quale si fidano più che dei loro capi politici, per il quale fanno qualsiasi sacrificio, dal quale si confessano a ogni peccato senza aspettare che sia festa. Io non ero così e perciò non potrò mai dimenticare quel che ho avuto da loro».
Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 21/2/2016