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 2016  febbraio 19 Venerdì calendario

SESSO, BAU

& MIAO MIAO–

Animali da palco che cantano altri animali
Se Esopo rinascesse farebbe il cantante, perché dalle fiabe gli animali sono migrati nelle canzoni. È una processione tipo diluvio universale, che non a caso è il titolo che Annalisa porta a Sanremo e il tema dell’Arca di Noè di Sergio Endrigo, terza nel 1970. Nel 1939 arrivarono Maramao perché sei morto, Il pinguino innamorato “il petto inamidato”, poi L’uccellino della radio. A Johannesburg, intanto, Solomon Linda addormentava Il leone, “auimmauà, auimmauè”. Nel 1949 il Quartetto Cetra si infilò Nella vecchia fattoria, infatti, a Sanremo, nel 1952, Nilla Pizzi trionfò con Papaveri e papere e Vola Colomba. La colomba volò, e nel 1956, molto prima di Battiato, Harry Belafonte cantò Cuccuruccuccù Paloma. 1954: Mimmo Modugno lanciò Lu pisce spada – “pigghialo, accidilu” –, nel 1960 Gino Paoli La gatta, che partorì i Quarantaquattro gatti dello Zecchino d’oro (1968), Il gatto e la volpe di Bennato (1977) e “il gatto rosa” di A me mi piace vivere alla grande del grande Franco Fanigliulo (1979), ma nel 1983, Nell’aria di Marcella Bella, “la gatta è ancora lì, non miagola ma dice sì”.
Iva Zanicchi era l’Aquila di Ligonchio, Milva la Pantera di Goro e Mina la Tigre di Cremona, ma in Brava si sentiva “un uccellin”. Nel 1967 Cochi e Renato stabilirono che La gallina non è un animale intelligente, nel 1972 Lucio Battisti lo ribadì in Il leone e la gallina. “Per accontentarsi delle briciole”, Povia vinse Sanremo nel 2006 con Vorrei avere il becco. Passerotto non andare via di Baglioni è del 1975, Il pulcino Pio del 2012, La pojana di Enzo Jannacci del 1979. (Too many birds avrebbe commentato Bill Callahan). Molto prima, Jannacci si era inventato Il cane con i capelli (e “povero anche il cavallo”: forse perché Vecchioni in Samarcanda continuava a ripetergli “oh oh”). Il premio per i migliori cani cantati in Italia lo vincono i Quattro cani per strada di De Gregori, ma menzioni speciali vanno a Il pelo sul cuore di Renato Zero (“tutta la vita in un angolo peloso angelo”) e a Dove il mio cane vorrà di Califano (“guarda il mio cane com’è triste pure lui”), mentre Damme ’o cane di Enzo Romano va assolutamente visto su YouTube. Il bestiario può continuare con i poveri elefanti e le giraffe molestati dai Watussi di Vianello, i cammelli di Sandy Marton, il somarello di Paolo Barbarani, Cervo a primavera di Cocciante, Johnny il Bassotto di Toffolo, La tartaruga di Lauzi e “il gufo con gli occhiali” di Sei forte papà di Gianni Morandi.
Non fu una moda italiana. I Pink Floyd non citarono mai Rita Pavone (in San Tropez cantano “making a date for later by phone”), ma ci diedero dentro con Pigs, Dogs, Run rabbit run, oltre alla mucca di Atom earth mother. I Beatles (“beetles” vuol dire scarafaggi) tennero il passo: Blackbird (vuol dire merlo), Rocky Raccoon (vuol dire procione), I am the Walrus (vuol dire tricheco), Octopus’s garden (vuol dire piovra), invece Martha my dear era il cagnolino di Paul. L’elenco è infinito: Wild horses è dei Rolling Stones, Crocodile rock di Elton John, See you later alligator di Bill Haley; Peace Frog è dei Doors di Jim Morrison, detto Lizard King, mentre i Wall of woodoo in Mexican radio – colonna sonora di Rumble fish – mangiano “barbecue di iguana”. I Culture Club cantavano Karma Chameleon. Già, I Camaleonti! E I Corvi! I Gufi! I Delfini! Non c’è animale che non abbia battezzato una band: Animals, Eagles, Monkees, Birds, Drake e Nick Drake (vuol dire drago), Eels (vuol dire anguille), Flock of seagulls (vuol dire gabbiani), Gorillaz, Stray Cats, Adam Ant, Arctic Monkeys, Snoop Dogg, Panda Bear... manca più nessuno, solo non si vedono I due liocorni (Roberto Grotti, 1976).