Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 19 Venerdì calendario

EVASORI ALLA RISCOSSA

F atta la legge, trovato l’inganno? I risultati delle indagini milanesi sul gruppo Credit Suisse, rivelati da "l’Espresso" nell’inchiesta di copertina della settimana scorsa, sollevano nuovi dubbi sulla reale efficacia degli accordi internazionali per combattere la grande evasione. Il pericolo è che i solenni impegni a limitare o abolire il segreto bancario nelle nazioni-cassaforte, a cominciare dalla Svizzera, possano essere aggirati dalle contromosse dei signori del nero.
«Scomparso un paradiso fiscale, se ne crea un altro»: il professor Vincenzo Visco, ministro anti-evasione nei governi di Romano Prodi, ha letto l’articolo de "l’Espresso" e non è ottimista. «Solo una vera svolta internazionale potrebbe costringere i singoli Stati a far emergere le enormi masse di denaro nero che continuano ad essere occultate da evasori, criminali, mafiosi e politici corrotti. Ci sono ancora troppi paradisi fiscali, societari e normativi in concorrenza tra loro. Qualcosa sta cambiando, ma è difficile che la politica riesca ad affrontare il problema dei ricchissimi che non pagano le tasse: bisognerà vedere quale forza di condizionamento avrà la grande finanza sulla campagna elettorale in un Paese chiave come gli Stati Uniti».
Per l’Italia, nella lotta contro i malfattori economici, la Svizzera è la nazione cruciale. Con le ultime due sanatorie, lo scudo anonimo del 2009-2010 e la voluntary disclosure del 2015, gli evasori italiani hanno regolarizzato, in totale, 164 miliardi di euro: ben 113 erano nascosti in terra elvetica. Al fisco italiano però continuano ad essere sottratte cifre mostruose. Secondo l’Istat e la Banca d’Italia, la massa degli evasori riesce a occultare almeno 120 miliardi all’anno, a cui si aggiungono i profitti incalcolabili delle attività totalmente criminali, dalla droga alle estorsioni, dall’usura alle scommesse.
Nel mondo esistono decine di Stati-canaglia che ammettono conti anonimi e società-fantasma. La Svizzera invece ha varato da tempo regole molto serie e chiare, riconosciute e rispettate dai magistrati italiani più esperti, che da Milano a Palermo hanno ottenuto prove decisive proprio nelle grandi banche elvetiche. Già dai primi anni Novanta, dopo le storiche inchieste di Giovanni Falcone sui narco-dollari di Cosa Nostra, le autorità di Berna hanno approvato norme anti-riciclaggio che impongono alle banche di registrare il «titolare effettivo» di ogni conto. Fino a ieri le tasse erano considerate un problema altrui, per cui l’evasore italiano restava protetto dal segreto bancario. Ma l’istituto era ed è obbligato a identificarlo e per i reati più gravi, come mafia, droga o corruzione, i nostri magistrati possono ricevere tutti i conti. Anche per i clienti più ricchi e potenti, come dimostrano le rogatorie che prima e dopo Tangentopoli hanno incastrato migliaia di politici, imprenditori e criminali italiani.
Con la grande crisi che dal 2008 ha svuotato i bilanci di tutti gli Stati, anche la Svizzera ha dovuto rassegnarsi a una linea più dura. Nel febbraio 2015 il governo elvetico ha firmato uno storico accordo per rispondere alle richieste italiane anche sui casi di evasione. Le nuove norme prevedono di smascherare anche interi gruppi di clienti accomunati dallo stesso trucco fiscale. E nel prossimo futuro, dal 2018 (per l’anno fiscale 2017), dovrebbe entrare in vigore il trattato europeo che regola addirittura lo scambio automatico di informazioni: anche il nostro fisco potrà ricevere l’intera massa di dati sui clienti italiani. Proprio queste regole spiegano la gravità delle accuse che la Procura di Milano si prepara a contestare per il gruppo Credit Suisse: un colosso bancario di quel livello avrebbe aiutato oltre 13 mila italiani a nascondere ben 14 miliardi di euro con intestazioni «fittizie». In particolare finte assicurazioni («polizze-mantello») congegnate proprio per coprire l’identità degli evasori. Con istruzioni ai funzionari per sfuggire alle indagini italiane, come il cosiddetto «manuale del perfetto evasore-riciclatore» sequestrato nella sede di Credit Suisse a Milano. Nonostante i divieti di legge, insomma, tutti quei soldi sarebbero rimasti anonimi di fatto.
A questo punto gli esperti si chiedono se le nuove regole segneranno davvero la caduta del segreto bancario elvetico: le accuse del caso Credit Suisse, sempre che vengano confermate, fotografano solo un passato ormai superato? I vecchi e nuovi trattati verranno rispettati da tutte le banche svizzere? E le altre nazioni uscite dalla lista nera, come le vicine Montecarlo o San Marino, si rassegneranno a perdere le loro ricchezze nere?
In Canton Ticino la polizia finanziaria ha già scoperto le prime contromisure degli evasori italiani. Le più semplici sono le vecchie cassette di sicurezza. Per sfuggire alle nuove norme, ora vengono intestate a società di comodo o a complici privati, non sottoposti agli obblighi bancari. Le cassette vengono offerte anche su Internet «senza obbligo di aprire alcun conto». Il secondo trucco sono le società-fantasma: anonime, senza uffici né stabilimenti, create solo per spostare in Svizzera i profitti italiani, magari acquisendo la residenza fiscale elvetica, e nei casi peggiori svuotare le casse e i capitali delle aziende nel nostro territorio. Il boom di questi illeciti coincide con le prime crepe del segreto bancario: solo nel Canton Ticino, nel 2014, le autorità elvetiche hanno aperto 179 inchieste per reati finanziari, con 31 arrestati e 498 indagati già interrogati: in maggioranza (51 per cento) sono italiani.
Un’altra tradizionale via di fuga, la chiusura del conto con prelievo in contanti, sta invece diventando quasi impraticabile: dal 2015 le grandi banche svizzere, compresi colossi come Credit Suisse e Ubs, scrivono ai clienti italiani che, d’ora in poi, potranno svuotare i depositi solo con «bonifici intestati al titolare effettivo nel suo Stato di residenza». Come dire: dovete autodenunciarvi con la voluntary disclosure. Gli evasori più furbi però hanno già trovato i primi rimedi, come spiegano a "l’Espresso" due autorevoli fiscalisti italiani: «Il titolare firma un assegno regolarmente intestato e lo passa a un fiduciario-prestanome, che poi deposita i soldi a proprio nome in un qualsiasi paradiso fiscale». Oltre a piccoli Stati come Panama o le Cayman, che restano nella lista nera internazionale senza subire sanzioni o embarghi, le mete preferite sono insospettabili istituti di nazioni europee, «in particolare Romania e Ungheria».
Di certo i precedenti non mancano. Nella vicina San Marino, dove le norme anti-riciclaggio varate dopo i primi scandali bancari del 2008-2010 sembravano aver abolito i conti anonimi, le nuove indagini della Guardia di Finanza di Forlì hanno svelato un trucco molto simile: gli evasori più astuti e spregiudicati, compresi alcuni banchieri italiani, hanno trasferito i soldi, fino al 2014, su conti formalmente regolari, ma intestati a società fiduciarie. Cioè a casseforti anonime.
La contromisura più assurda, dal punto di vista italiano, sono i processi civili intentati in Svizzera contro le banche, accusate dagli evasori di aver lasciato violare i loro segreti. Dopo la lista Falciani, il caso più recente riguarda proprio i 1.300 clienti italiani di Credit Suisse che hanno già ricevuto i primi atti d’accusa dalla nostra Agenzia delle entrate, per evitare la prescrizione dei loro illeciti fiscali del periodo 2005-2006. Essendo già inquisiti, questi evasori non hanno potuto fare la disclosure, che non è un condono ma un’autodenuncia di capitali ignoti al fisco. Ora molti di questi italiani stanno avviando cause legali contro Credit Suisse, lamentando di non essere stati avvisati che la banca era stata perquisita nel dicembre 2014 dalla Guardia di Finanza. Di qui le richieste di risarcire i danni da «mancata disclosure»: la differenza tra le super-multe applicate dal fisco italiano e gli sconti che avrebbero potuto ottenere approfittando della sanatoria. Da notare che in Italia è reato dare l’allarme a un potenziale complice. Per cui ai nostri inquirenti sembra incredibile che gli evasori possano processare le banche svizzere per «mancato favoreggiamento».
L’avvocato più famoso di Lugano, Paolo Bernasconi, mette in dubbio persino i risultati sbandierati dal governo Renzi con i nuovi trattati con la Svizzera. «Sia l’accordo con l’Italia per la lotta all’evasione, sia il patto europeo per lo scambio automatico di informazioni, devono ancora essere ratificati dal Parlamento elvetico. Dove sono in forte ascesa i partiti populisti di destra, isolazionisti e xenofobi, contrari alla ratifica e pronti a mobilitare le piazze anche con un referendum. Per me è chiaro che la Svizzera non può più reggersi su un sistema continuamente a rischio di arresti, ma in politica rischia di vincere la demagogia».