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 2016  febbraio 18 Giovedì calendario

IL MULLAH PUTIN


[note alla fine]

Il presidente Putin si è convertito all’islam! Questa la notizia shock riportata nel marzo 2014 dalla stampa turca. Una bufala certamente, frutto della manipolazione dell’account Twitter del portavoce del leader russo [1]. Ma anche un richiamo a quel «fattore islam» che sta diventando così importante per il Cremlino sia all’interno della Federazione sia al suo esterno.
Se vogliamo considerare per un momento la Russia come parte della nostra Europa, scopriamo che il paese ex sovietico diventa automaticamente il primo (Turchia esclusa) per numero di musulmani che vi risiedono, legalmente e non. Circa 20 milioni di persone, a comporre quel continente islamico, in larga parte sunnita, compreso tra Caucaso e regioni centro-settentrionali, con Mosca che da sola conta circa la metà della popolazione musulmana ospitata dall’intera Francia. A differenza dei «nostrani», i musulmani di Russia sono soprattutto autoctoni: risiedono in alcuni territori dell’attuale Federazione da molti secoli [2], intrecciando la loro storia con quella dell’impero. Non una comunità omogenea la loro, con percorsi e destini diversi per gli indomiti caucasici e i ricchi e più allineati tatari e baschiri. Di certo una comunità che dalla caduta dell’Unione Sovietica assume per il potere centrale una valenza cruciale su alcuni temi basilari. A cominciare dall’inarrestabile crescita demografica tipica della popolazione musulmana, sullo sfondo di un’inesorabile tendenza dei russi a riprodursi meno. A cui bisogna aggiungere una massiccia migrazione verso la Federazione (la seconda al mondo per volume dopo gli Stati Uniti [3]) di musulmani provenienti da paesi ex sovietici dell’Asia centrale e dall’Azerbaigian. Il tutto condito da uno sviluppo esponenziale del cosiddetto islam non tradizionale, con notevoli conseguenze sia per le comunità musulmane storiche sia per il Cremlino.
Dalla metà degli anni Novanta, la Russia registra infatti la crescita di un islam radicale e terrorista spinto e foraggiato dall’esterno. Inquadramento teologico e organizzazioni militanti prendono piede nel martoriato Caucaso per espandersi senza grandi difficoltà in tutti i territori abitati da musulmani. La presa sulle nuove generazioni è fortissima: sono migliaia i musulmani russi militanti nello Stato Islamico. E un loro rientro non è previsto dalle autorità russe, decise ad annientarli fuori dai confini della Federazione.
Appena salito al potere, Putin intuisce di dover fare i conti con una realtà complicata, la cui gestione però può risultare anche vantaggiosa per una Russia decisa a riconquistare il suo spazio in Medio Oriente e nel mondo islamico. Proclami in favore di un islam religione tradizionale del paese e contro l’islamofobia, apertura di moschee e madrase, forti legami con i leader della comunità musulmana, esaltazione di storia e valori comuni nel nome della Russia multietnica e multireligiosa. In cambio: lealtà e lotta all’islamismo radicale. Il leader del Cremlino spende i numeri dei suoi musulmani per legare la Federazione alla umma globale e candida il paese, eurasiatico per destino e geografia, a parte integrante di quella galassia islamica sua alleata naturale contro un Occidente corrotto e decadente, che resta il vero nemico da cui difendersi.

2. La religione musulmana è presente in territorio russo da prima dell’avvento dell’ortodossia. Venne introdotta da Vladimiro il Grande nel 988, dopo aver consultato, a quanto pare, gli emissari delle maggiori confessioni [4]. A questo racconto in odor di leggenda se ne aggiunge un altro che vuole il principe di Kiev scartare l’islam perché avrebbe privato il suo popolo dell’uso di alcolici [5]. Miti a parte, la religione di Maometto prospera e si espande comunque, così come lingua e scrittura arabe, fino alla conquista di Kazan’ per mano russa nel 1552. L’impero assoggetta le popolazioni musulmane, ma per il potere centrale la loro conversione all’ortodossia non è una priorità. Solo due secoli più tardi l’islam viene legalizzato. È Caterina II a decidere nel 1773 per la tolleranza di tutte le fedi e a creare nel 1788 l’Assemblea spirituale musulmana di Orenburg, ente preposto a curare i rapporti tra centro e territori centrasiatici dell’impero, e a meglio organizzare e controllare la comunità islamica. La sovrana ne chiama le élite a servire il governo, riconosce ufficialmente clero e luoghi di culto, approva leggi islamiche. In cambio vuole lealtà assoluta all’impero. Una scelta precisa, che 225 anni più tardi, esattamente il 22 ottobre 2013, Putin battezzerà definitivamente come propria festeggiando gli oltre due secoli dalla nascita dell’Assemblea su citata. «Il lavoro delle comunità musulmane e dei loro leader», spiega il capo del Cremlino nel suo discorso a Ufa, capitale della repubblica di Baschiria, «è di grande importanza. Ed è nostro compito educare i giovani in uno spirito di rispetto reciproco fondato su sentimenti comuni di cittadinanza, patriottismo e identità nazionale condivisa» [6].
Dopo le conquiste musulmane di Crimea, Caucaso e Asia centrale, l’impero zarista viene spazzato via dalla rivoluzione bolscevica del 1917. L’Urss usa il pugno duro contro le religioni, e l’islam, che il potere sovietico percepisce anche come forza politica, si racchiude in un angolo privo delle sue moschee e del suo sistema educativo. Bisognerà aspettare la perestrojka per assistere alla rinascita delle confessioni contro l’ateismo di Stato. E la caduta definitiva dell’Unione Sovietica perché i musulmani tornino alla pratica aperta della loro fede.
I primi anni Novanta vedono l’islam affermarsi anche come forza separatista e di protesta. La comunità musulmana riscopre se stessa e la sua appartenenza alla galassia islamica. Atteggiamento fortemente osteggiato da Mosca subito dopo la caduta dei soviet. Da un potere che evita di assumersi ogni responsabilità di fronte al malcontento di una comunità tenuta ai margini, che assiste attonita alla prima guerra russo-cecena del 1994 e all’arrivo da alcuni paesi del Medio Oriente di predicatori e idee di un islam non tradizionale, radicale e spesso guerriero. I leader della comunità musulmana locale ingaggiano da subito una dura battaglia con i nuovi arrivati, i cui insegnamenti fanno sempre più presa sulla gioventù, e non solo. Dal Caucaso ribelle e martoriato il fondamentalismo islamico si radica in altre zone della Federazione popolate da comunità musulmane decisamente più agiate e meno turbolente.
Poi, dopo una sequenza di terribili attentati e l’inizio di una seconda guerra russo-cecena dai forti connotati islamisti, sale al potere Vladimir Putin. Mosca e la Russia, comprese le regioni «musulmane», sono teatro di stragi jihadiste. Il nuovo inquilino del Cremlino lancia la sua sfida al terrorismo e al radicalismo di matrice islamica. Ma inizia anche a sostenere la versione di un islam pacifico e gentile presente in un paese capace da sempre di far convivere etnie e religioni diverse. Una fede con molti punti in comune con l’ortodossia, che in un’intervista ad Aljazeera del 2003 Putin definisce come ramo orientale del cristianesimo, cresciuto per secoli al fianco dell’islam [7].
Nella stessa intervista Putin invita i cristiani di Russia al rispetto di interessi e diritti dei concittadini musulmani. E lo fa perché nel paese si registrano molti atti di violenza razzista contro gli islamici. La popolazione russa inquadra sotto la stessa lente terroristi radicali e semplici musulmani, e il potere cerca il giusto equilibrio per non scontentare nessuno. Le rassicurazioni che il presidente russo lancia sempre nell’ottobre del 2003 durante il suo discorso all’Organizzazione della Conferenza Islamica (Oic), il primo nella storia dell’organizzazione del capo di uno Stato non a maggioranza musulmana, sembrano più dirette ai suoi interlocutori stranieri che all’interno del paese. Il leader del Cremlino chiarisce che i tentativi dei terroristi di provocare islamofobia in Russia sono falliti [8]. Putin sa che seduti in platea ad ascoltarlo ci sono anche i finanziatori di gruppi combattenti e predicatori dell’islam radicale presenti nel paese. Ma se vuole legare la comunità musulmana russa con il resto del mondo islamico deve fare buon viso a cattivo gioco. Per questo cerca di ottenere un maggior numero di permessi per i musulmani della Federazione che desiderano compiere il pellegrinaggio alla Mecca. Per questo ringrazia i tanti benefattori che sostengono lo sviluppo dell’educazione spirituale della comunità.
Gli anni che seguono vedono il sempre maggior impegno del Cremlino, con Putin o Medvedev che sia, nel tentare di integrare la comunità musulmana nella vita sociale del paese. Di salvaguardare le forze dell’islam tradizionale contro le non tradizionali, spesso esagerando e producendo effetti contrari. Non c’è anniversario o festività islamica senza gli auguri e/o le congratulazioni di uno dei due presidenti. Non mancano in molte occasioni i richiami alla fratellanza e alla comunione di intenti tra le diverse etnie e religioni del paese. Ma neanche interventi più duri, soprattutto di un Putin stanco di assistere alle continue lotte intestine tra i leader della comunità cosiddetta moderata.
Il presidente inaugura in pompa magna nel settembre scorso la moschea-cattedrale di Mosca. Opera mastodontica, simbolo del ritrovato spazio e dell’importanza dei musulmani nei meccanismi sociali e politici della Federazione. Qui Putin tuona contro i terroristi dello Stato Islamico che reclutano in Russia e lordano con le loro azioni l’islam pacifico e tollerante. Solo qualche giorno dopo il capo del Cremlino batterà i pugni sul pulpito delle Nazioni Unite per ricordare al mondo come i terroristi stanno facendosi beffe dell’islam e ai leader musulmani, suoi e non, quanto importante sia la loro opera per frenare la corsa di tanti ingannati al fianco delle bandiere nere. Il presidente russo torna a ribadire il proprio sostegno all’islam dopo l’abbattimento del jet russo per mano turca e a chiarire una volta per tutte che questo è parte integrante della Federazione.

3. Il capo del Cremlino conosce le cifre della comunità musulmana, sa dove si sta espandendo e dove il fondamentalismo prende piede. Ne teme la politiciz­zazione e la radicalizzazione, anche tra i milioni di immigrati. E sa che la crescita aumenterà il peso dell’islam nel paese. Dal 2002 a oggi il numero dei musulmani presenti in Russia passa da 14,5 milioni ai 20 attuali [9]. Cifra questa che non corri­sponde ai dati dell’ultimo censimento del 2010 ma sicuramente di più alla realtà, considerando gli illegali presenti. In molti credono che il potere aumenti di pro­posito la cifra per avere più peso contrattuale nel mondo islamico. Altri sosten­gono che considerare i soli dati statistici non dà conto della forza effettiva della comunità all’interno della Federazione. Le rilevazioni di sei anni fa parlano di 13milioni di musulmani, calcolati però soltanto su base etnica [10].
Alcuni studi recenti descrivono la parabola dell’islam nel mondo. Secondo i dati forniti, entro il 2050 la popolazione musulmana quasi raggiungerà per numero quella cristiana, con 2,8 miliardi di persone contro 2,9, e a partire dal 2070 la supererà [11]. Per la Russia, uno studio delle Nazioni Unite del 2009 prevede una riduzione generale della popolazione dagli allora circa 142 milioni a soli 116 entro il 2050, con i russi etnici che per quella data saranno il 46,5% del totale. Se consideriamo che tra inizio secolo e 2012 nel solo Caucaso russo la natalità è cresciuta del 170% [12], abbiamo un’idea delle preoccupazioni del Cremlino circa l’andamento demografico del paese. Come segnala Aleksej Malasenko, il maggior esperto russo di islam, la percentuale dei musulmani è sempre cresciuta nel corso degli ultimi decenni, sovietici e post-sovietici, passando dal 5,9% nel 1937 al 7,9% del 1989, fino all’11% del 2009 nella Federazione Russa [13]. A quest’ultimo dato vanno aggiunti i migranti che, registrati o meno, portano la variegata comunità musulmana a circa il 14% dell’intera popolazione. Solo la Cina ne ospita una più folta, ma data la diversità del bacino demografico la percentuale sul totale ufficiale è per Pechino del solo 1,8% [14].
La massa dei lavoratori musulmani giunti in Russia negli ultimi anni arriva soprattutto da alcuni paesi ex sovietici dell’Asia centrale e dall’Azerbaigian. Il numero totale è difficile da determinare ma si parla di una cifra oscillante tra 800 mila e 1,2 milioni dall’Uzbekistan, circa 1 milione dal Tagikistan, tra 4-500 mila dal Kirghizistan, oltre 1,5 milioni dall’Azerbaigian [15]. La loro massiccia comparsa nella Federazione Russa ha portato a uno scontro con comunità e leadership musulmane già presenti. E se questo tipo di migrazione continuerà tra un paio di decenni il numero dei musulmani già «stranieri» supererà quello dei nativi. Il Cremlino è preoccupato per questo trend e sa che le nuove comunità offrono alle idee islamiche più radicali terreno fertile sul quale attecchire. Putin si rivolge così ai leader delle comunità indigene affinché si adoperino per «l’adattamento sociale di quanti vengono in Russia per vivere e lavorare» [l6].
Un paese abituato a riconoscere le isole musulmane all’interno della Federazione nelle sole repubbliche del Caucaso, in Tatarstan e in Baschiria, oggi vede la comunità espandersi in un vero e proprio arcipelago islamico nei confini russi. Al suo interno proliferano predicatori e idee di un islam radicale, quei salafiti arrivati a contare da 300 mila a 1.5 milioni di seguaci [17]. L’intera regione del Volga, quella degli Urali e alcune zone della Siberia occidentale subiscono importanti mutamenti etnici, così come parte dei soggetti federati all’interno del Distretto meridionale. Se nel 2002, ad esempio, regioni come Orenburg, Celjabinsk e Ul’janovsk hanno una percentuale di popolazione musulmana rispettivamente del 16,7, 12 e 13%, oggi oscillano tra il 21 e il 25% per la prima e il 15 per le altre due. Nella sola regione di Sverdlovsk vivono 216 mila musulmani (pari al 5,3% della popolazione) e ogni anno arrivano tra i 150 e i 200 mila migranti, dei quali il 74% musulmani. Scendendo verso i distretti dove la radicalizzazione delle comunità islamiche spinge la popolazione russa a trasferirsi in altre aree della Federazione, notiamo che nel territorio di Stavropol’ si registra il 26% di popolazione musulmana, in quello di Krasnodar oltre il 20%, nella regione di Astrakhan’ il 30% e in quella di Rostov oltre il 10% [18].
Torniamo nel distretto federale degli Urali e precisamente nei circondari autonomi di Khanty-Mansijsk e di Jamalo-Nenec. Due territori immensi, con il secondo che affaccia sull’Artico, di norma sconosciuti ai più ma che da soli depositano ogni anno nelle casse del Cremlino un terzo delle tasse dell’intera Federazione, grazie agli idrocarburi di cui è ricco il sottosuolo. Nel primo la comunità islamica, che nel 2002 è il 15% del totale, oggi oscilla tra il 25 e il 40% [19]. Con un processo di islamizzazione in corso che, citando ancora Malasenko, fa degli Urali non più la periferia dei musulmani di Russia [20]. Un tema molto sentito nel distretto tanto da spingere il dipartimento di Teologia dell’Università e il Consiglio spirituale dei musulmani di Sverdlovsk a pubblicare, subito dopo l’inizio dei bombardamenti russi in Siria, un manuale dal titolo lapidario L’Isis non è l’islam distribuito nell’intera regione e che suscita l’interesse di altri soggetti federati. Il volume è soprattutto rivolto ai giovani, prede più facili per i reclutatori jihadisti, ai quali si spiega la differenza tra l’islam autentico e quello travisato dal califfo [21].

4. È questa estesa e variegata comunità che Putin cerca di controllare ma anche di sfruttare al meglio per legare a doppio filo la Russia al mondo islamico. Dopo aver tentato invano di agganciare il paese al carro occidentale, il presidente russo si convince che per ricucire alla Russia l’abito della grande potenza dovrà curare i suoi interessi a sud e a est della Federazione. La sua posizione di ponte tra Occidente e Oriente agevola il compito, così come il declino di influenza che Stati Uniti e loro alleati registrano in Medio Oriente dopo l’inizio del conflitto iracheno del 2003, percepito da molti come guerra aperta all’islam. Putin coglie l’attimo e si mostra disponibile al dialogo con il mondo musulmano, fino a ottenere nel 2005 che la Federazione Russa sia ammessa quale osservatore nell’Organizzazione della Conferenza Islamica. Mossa decisiva, pensata e preparata subito dopo la caduta dell’Unione Sovietica da Evgenij Primakov, che già a metà degli anni Novanta avverte di una possibile minaccia islamica per la Russia e avvia il percorso che porterà Mosca nell’ambito dell’Oic.
Sono gli anni in cui la principale erede dell’Urss fa i conti con una brutale guerra separatista nella musulmana Cecenia e con il timore delle reazioni nel mondo islamico. Aiuti finanziari e combattenti provenienti da vari paesi musulmani arrivano a dar man forte ai ribelli ceceni, ma in generale la galassia dell’islam ufficiale resta al fianco di Mosca. Nel 1994, all’inizio del conflitto, l’Oic respinge le proposte di supporto alle milizie cecene avanzata da azeri e sauditi. Più tardi dirà no al generale Dudaev che chiede un posto nell’organizzazione per la sua Ickerija [22].
Il mondo musulmano è attento e interessato a quanto Mosca propone. Putin conferma come dal suo punto di vista la comunità musulmana di Russia sia da considerare parte della umma globale, sicché l’ingresso di Mosca nell’Oic, sia pure come osservatrice, conferirà maggior peso strategico all’organizzazione. I suoi non sono musulmani di seconda scelta, spiega il leader del Cremlino. Nel 2004 il presidente fa approvare alla Duma la creazione di una commissione parlamentare per definire legalmente i rapporti con paesi e organizzazioni musulmane. L’anno successivo, nel suo discorso alla prima sessione del parlamento ceceno, Putin afferma che la Russia è la più fedele e sicura paladina degli interessi del mondo musulmano e sicuramente l’alleata più affidabile [23]. Ancora un anno e il presidente russo si schiera in difesa dell’islam contro le vignette su Maometto e tuona contro il discorso pronunciato il 12 settembre 2006 da papa Benedetto XVI a Ratisbona, percepito offensivo dai musulmani.
La strategia di Putin mira a cementare l’alleanza con i paesi musulmani in chiave antioccidentale e soprattutto antiamericana. Il leader russo afferma più volte nel corso degli anni successivi che per Mosca e i suoi amici islamici non è accettabile che il mondo venga guidato da una sola potenza. Sicché non bisogna avallare alcuna ingerenza in nome di falsi miti democratici nelle questioni interne di un paese. Il suo mantra è la multivettorialità nel governo globale e la necessità per tutti di seguire il diritto internazionale e di rispettare le decisioni di organismi sovranazionali come le Nazioni Unite. Il leader russo approfitta del rancore di buona parte del mondo islamico verso gli Stati Uniti, dell’occidentalizzazione forzata delle loro società e del parziale disimpegno di Washington dal Medio Oriente per proporre la Russia come alternativa di sicurezza e sviluppo per la regione. Vuole colmare un vuoto geopolitico, dimostrando ai leader musulmani la completa indipendenza strategica e diplomatica di Mosca.
Così come quella morale. Nello scavare il fossato che separa l’immagine della Russia dal resto dell’Occidente, Putin fa leva anche sui valori espressi dal suo popolo. Valori positivi, affini a quelli dei paesi musulmani, e ormai lontani da quelli espressi da una civiltà occidentale avviata verso un inarrestabile declino. Solo la natura certamente cristiana, ma di stampo orientale, salverà la Russia dalla stessa fine. Nel suo discorso del 19 settembre 2013, il presidente russo è chiaro: «Possiamo vedere come molti paesi euro-atlantici stanno rifiutando le loro radici, persino quelle cristiane che costituiscono la base della civiltà occidentale. Rinnegano i princìpi morali e tutte le identità tradizionali: nazionali, culturali, religiose e perfino sessuali.» Il presidente russo si scaglia contro le leggi che approvano famiglie composte da partner dello stesso sesso e contro chi equipara la fede in Dio con quella nel diavolo. Parla di partiti politici promotori di pedofilia e della paura degli europei di manifestare la propria fede. E si dice convinto che tutto questo porterà a una profonda crisi morale e demografica [24].
La sua Russia si pone nel mezzo, pronta a combattere la minaccia di un Occidente in disfacimento e un islam radicale: «Noi apprezziamo sia i nostri amici sciiti che i nostri amici sunniti, così come i nostri amici alauiti. Non facciamo distinzioni tra di loro. (...) Il nostro primo e unico scopo è quello di combattere il terrorismo» [25]. E solo una stretta comunione di interessi tra Mosca e il mondo islamico riuscirà a superare queste sfide e, perché no, portare a compimento i progetti eurasiatici del Cremlino.


Note:

1. www.aksam.com.tr/dunya/putin-musluman-oldu-mu/haber-389304
2. mondediplo.com/2008/12/05russia#nb3
3. goo.gl/RVSdyi
4. V. GITERMANN, Storia della Russia, Firenze 1973, La Nuova Italia editrice, vol. I. p. 48.
5. goo.gl/8CclFE
6. kremlin.ru/events/president/transcripts/19473
7. kremlin.ru/events/president/transcripts/22162
8. en.kremlin.ru/events/president/transcripts/22l60
9. goo.gl/1yJcoI
10. goo.gl/IS4pum
11. Tass.ru/en/worl/787028
12. goo.gl/iUZS9b
13. goo.gl/Jj4V9I
14. goo.gl/QtHIk2
15. goo.gl/LZGkkR
16. globalaffairs.ru/number/Islam-in-Russia-17002
17. goo.gl/a81KxS
18. carnegie.ru/publications/?fa=50811
19. goo.gl/NLs9Ag
20. carnegie.ru/2015/09/30/rise-of-nontraditional-islam-in-urals/iie6
21. www.newsru.com/russia/06oct2015/igil_print.html
22. arsiv.setav.org/ups/dosya/23889.pdf
23. goo.gl/hwsXRd
24. en.kremlin.ru/events/presidcnt/news/19243
25. en.kremlin.ru/events/president/news/50548