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 2016  febbraio 18 Giovedì calendario

ARTICOLI SU MONICA CIRINNA’ DAI GIORNALI DEL 18/2/2016


ROBERTO SCAFURI, IL GIORNALE
Gli occhi feroci e la lingua saccente della ministro Boschi. L’imbarazzo di Zanda, l’impassibile Finocchiaro. L’intero stato maggiore del Pd al Senato che processa a porte chiuse e spella vivo l’agnello sacrificale: Monica Cirinnà, cinquatreenne arrembante senatrice madrina della legge 2081. Garante a titolo personale - più volte ribadito assieme al senatore Lumia (anch’egli rovesciato fin nei precordi dalla sfuriata di ieri mattina) - dell’instabilità grillina sulle unioni civili. Al punto che viene da domandarsi se non ci sia del metodo in questa follia, e se la scelta proprio di un’anima allo sbaraglio come quella della Cirinnà non sia stata l’ennesima ganzata della cricca di Palazzo Chigi, in gran difficoltà con le gerarchie vaticane per l’incedere di una legge cui sembrerebbe contraria almeno la metà degli italiani. Per lo meno, per come è stata concepita e portata avanti dalla stessa Cirinnà. Che ieri giaceva confusa e travolta, annunciando il «ritiro dalla scena politica» e quasi invocando il me crucifige, la giusta punizione.Eppure il vero problema, parlando della Cirinnà, non parrebbe distinguere il grano dal loglio, quanto il pubblico dal privato. Come nel celebre slogan sessantottino, con lei «il personale è politico». Tale e tanta è la mole di informazioni non più riservate che si rintracciano dappertutto, in particolare sul web. Una specie di libro aperto: dal luogo del primo bacio con il marito potente assessore rutelliano (una discarica) alle pulsioni emotive che portano la strabordante personalità di Monica a cercare l’emersione dal banale grazie a una cura degli animali spinta fino alle estreme conseguenze. Basti a porre qualche interrogativo l’episodio da lei stessa raccontato dei cinque cuccioli di una topa di campagna uccisa dalla gatta: salvati e portati a crescere e moltiplicarsi fino alle 36 unità (si presume in un’ineluttabile catena incestuosa), quindi abbandonati in libera campagna. Illuminante il commento reso all’intervistatore di Panorama: «È stata un’esperienza di vita... Si chiama accoglienza, se pensi che ogni essere vivente sia uguale all’altro».In un’altra occasione, sarà il coniuge Esterino Montino, a raccontare senza veli di quando Monica fu sottoposta a esorcismo dalle suore francesi, esperienza forte conclusa con il cambio della scuola (era stata testimone della piccante avventura di una suora). Ma è lei stessa a non negare quasi nulla, anzi al contrario a vantarsi, di qualunque cosa le passi per la testa riccioluta. Per esempio dell’iniziale emozione a occuparsi della legge, «perché così non mi annoio più, la vita dei nuovi eletti al Senato è mortale: non si fa niente, non si partecipa, si vota e basta». O dei 4 figli «portati in dote» da Montino, o del fatto di essere stata allevata lei stessa da due donne, madre vedova e nonna. O della fattoria-agriturismo messa su a Capalbio. Fiore all’occhiello di un intenso intreccio di società controllate direttamente o indirettamente dalla coppia (che fu sposata nel 2011 di venerdì, officiante D’Alema). Un piccolo impero di quasi 140 ettari a coltura, con 50 tra vacche e tori maremmani, sette chianine, per non parlare del resto (ci sarebbe anche un porcospino e una famiglia di asini). Ma neppure in tutto questo, si può gettare la croce sulla vegetariana Monica e lapidarla. Avendo il Montino, ex cacciatore accanito, oggi sindaco di Fiumicino, spiccato il senso per gli affari. Quasi una nemesi, per la Cirinnà.

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MARIO AJELLO, IL MESSAGGERO –
E’ diventata il simbolo dell’ingenuità (non soltanto sua) e del dilettantismo. I colleghi che passano nei saloni del Senato, dove lei ha assunto la postura mesta e inconsolabile di un salice piangente, la guardano come fosse la reincarnazione parlamentare di Alice nel Paese delle Meraviglie, divorata dai grillini che hanno preso le sembianze - proprio come nella mascherata di Grillo a passeggio per Roma - di lupi e di tigri famelicissime. Lei si è fidata dei pentastellati - «Ho fatto un errore e lo pago» - ed è visibilmente sconvolta dalla scoperta del professionismo altrui e proprio di quelli che credeva di aver convinto e invece se la sono mangiata. E’ il simbolo di tanti errori la Cirinnà. Per esempio della baldanza con cui Renzi ha creduto di poter vincere una partita incertissima e lei si è immolata alla causa, che le appartiene da sempre, come una Giovanna d’Arco dei diritti-diritti-diritti e la sua morte politica è la versione metaforica di quella reale, e cruentissima, che toccò alla Pulzella d’Orléans.
IL MOOD
Ma è davvero finita la carriera politica della Cirinnà, come lei stessa ha detto nella mattinata dello scoramento più profondo? Poi ha corretto se stessa così: «Ripeto che ho sbagliato a fidarmi dei 5 stelle. E aggiungo che se la legge diventerà una schifezza, sono pronta a togliere la firma e a lasciare la politica». Poi Renzi la rassicura, «nessun cedimento», altri ministri come Martina le fanno forza («Monica deve restare in campo») e per il tiggì della sera riprende autostima: «Non penso di lasciare, ma non lascio il mio nome su una legge porcata». Ancora di più: «Non mi arrendo, la legge passerà». Non ha le idee chiare, mentre intorno a lei ecco il leghista Calderoli che la guarda e sussurra: «Poverina, pensava di essere diventata furba...». I messaggi che vengono dai social network dicono così: «Cirinnà, torna a fare la gattara» (ma anche l’opposto: «Come si fa a non amare una persona così, che crede ancora in un Paese giusto #cirinnamoreremo»). Piovono le critiche che non pochi Pd rivolgono a Renzi perchè s’è fidato di lei che s’è fidata di Airola e degli altri finti compagni di strada eterodiretti da Casaleggio. E comunque nella Giovanna d’Arco dem, e nel suo flop, si rispecchia lo scarso coraggio del Pd che ha dato libertà di coscienza sulle unioni civili invece di imporre il sì senza troppi sofismi e di portare a casa la legge con ogni mezzo. E sempre Monica è allo stesso tempo l’agnello sacrificale delle divisioni a sinistra e della sottovalutazione da parte dei renziani della cocciutaggine dei catto-dem. E ancora: Cirinnà come simbolo e come strumento di una battaglia considerata di sinistra che Renzi ha voluto ingaggiare anche per ragioni elettorali (le amministrative alle porte) e di bilanciamento rispetto alle sue aperture verso destra su molte altre materie. Cirinnismo come contraltare del verdinismo? Il grillismo, a sua volta, ha sparato sulla senatrice dei diritti-diritti-diritti (e pensare che viene da famiglia molto cattolica e vive in una casa di Propaganda Fide) non solo per sgambettare Renzi ma anche per strizzare l’occhio alla parte destra o più tradizionalista del proprio elettorato.
FRECCE
E quanti riccioli ha in testa la Cirinnà. Adesso tutti quei riccioli sembrano le frecce conficcate nel corpo di San Sebastiano e lei pare un martire, non incolpevole, in questa fase dolorosa. Il Pd la accusa ma lei non ci sta a portare la croce da sola. «La genesi del provvedimento - spiega - deve essere chiara. Non ho scritto da sola il ddl. Ma con Tonini e Lumia. Non era una cosa che nessuno conosceva». Una chiamata sul banco degli imputati per tutti: compresa la Boschi che ha partecipato a molte riunioni sulla legge colpita e forse affondata dall’inciampo del canguro. Che lei avrebbe voluto aggiungere al suo zoo domestico (che comprende i gatti Red, Tiger, Mizzi e Rosita, una coppia di cavalli e una famigliola eterosessuale di asini, i tre enormi maremmani Arno, Luna e Orso, il beagle Libera) ma non si può avere tutto.
Mario Ajello

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MATTIA FELTRI, LA STAMPA –
Il meraviglioso mondo di Monica Cirinnà è pieno di abbracci, strette di mano, lealtà scandita al battito del cuore, ragazzi sospiranti, cani e gatti, cavalli, distese azzurre e verdi terre. Per questo vederla ieri al Senato faceva venire il magone: il volto scuro sotto i ricci biondi, gli scatti a lunghe falcate rapsodiche, i conciliaboli coi giovani gay per condividere l’amarezza sulla malvagità del mondo. E l’anima ferita offerta ai giornalisti: «Ho sbagliato a fidarmi dei 5 Stelle, se la legge sulle unioni civili diventerà una schifezza sono pronta a togliere la firma e a lasciare la politica».
Per capirla tocca raccontarla. È nata nel 1963 (il 15 febbraio: auguri!) da una famiglia cattolica. Va a scuola dalle suore, elementari e medie. Secondo il racconto di Gabriele Albertini, che ha girato la confidenza a Un giorno da pecora, un giorno Monica vede una suora in intimità col giardiniere, lo dice a casa, a casa lo riferiscono a scuola, a scuola non le credono, pensano sia una faccenda del demonio e la sottopongono a un esorcismo. Alle superiori sceglie – e come darle torto – un istituto laico, il liceo classico Tacito. Entra nel Movimento studentesco. All’università studia Legge e si laurea col professor Franco Cordero del quale è assistente per un decennio. Fonda un’associazione per la difesa dei gatti e dei gattari, attività che intensifica quando diventa consigliere comunale dei Verdi, Francesco Rutelli sindaco; al grido che i randagi non si uccidono ma si sterilizzano, comincia l’operazione per cui oggi i gatti randagi sono scomparsi da Roma, ma in compenso si sono decuplicati i ratti. In Consiglio comunale si dedica a battaglie memorabili: la liberazione della mucca Ercolina dagli allevatori di Torrimpietra che la usano per la protesta del latte, le multe ai manifestanti che si erano portati in corteo gli asini di Arcore (esistono davvero, non sono solo un insulto), l’appello affinché Papa Ratzinger fosse libero di portarsi i due mici adottivi in Vaticano. Un impegno sacrosanto: chi non ama gli animali? Lei, poi, è vegetariana e dunque si impegna per i diritti di vegetariani e vegani. Ha un’azienda agricola a Capalbio che si chiama CapalBIOfattoria dove produce vino, olio, marmellata e ortaggi: tutto biologico, come si è intuito. Lì vivono quattro cani, quattro gatti, due cavalli e una famiglia di asini. I figli di suo marito, Esterino Montino, portano avanti la fattoria e qui serve un ulteriore approfondimento.
Esterino Montino, capogruppo del Pd in Regione Lazio ai tempi di Rimborsopoli (unica divagazione dalla linea bucolica dell’articolo), è cacciatore e carnivoro. Lui e Monica si conoscono in Consiglio comunale. Si ignorano. Neanche buongiorno e buonasera ma Esterino, romanticone, quando Monica passa davanti alla sua scrivania le dice «miao miao, bau bau». Scoppia una simpatia che ha fatale evoluzione perché Montino, diventato assessore, deve costruire un canile. Si vedono di nascosto, vanno a mangiare a Torvaianica finché Massimo D’Alema non benedice la fuitina. Si sposano. Si trasferiscono in via Dell’Orso, a due passi da piazza Navona: 110 metri a 360 euro al mese. Quando esce la notizia, Monica abbandona l’indole estatica e si arrabbia come un bufalo: spiega che l’affitto era basso perché non c’erano infissi, impianto elettrico, impianto idraulico, non c’erano nemmeno i bagni, «per non parlare dei pavimenti e dell’intonaco», qualunque cosa volesse dire. Più che un appartamento, un mucchio di polvere, colmo di sacchi di spazzatura e siringhe piantate nelle travi di legno. Diventata senatrice in quest’ultima legislatura, si dedica alla «lotta alla corruzione» e per «legittimare le scelte alimentari» (sempre ambito vegetariano e vegano). Poi la sfida di una vita: le unioni civili. Ai molti che esprimevano dubbi sulle chance di portarle a casa, lei sorrideva perché a Palazzo Chigi le dicevano di avere i numeri. È andata come è andata, e lei si sente tradita dai cinque stelle. Mettiamola così: se anche sapessimo com’è, non le faremmo il verso dell’aquila.
Mattia Feltri

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FABRIZIO RONCONE, CORRIERE DELLA SERA –
Come sta, come si sente, senatrice Cirinnà?
«Come mi sento? Sono amareggiata, delusa… e anche un po’ stanca».
Tra l’altro, nel suo partito, il Pd, soffiano contro di lei, tira una brutta aria.
«Mhmm… Cioè?».
Dicono che ha sbagliato a fidarsi così tanto del Movimento 5 Stelle.
«No no, aspetti… Sa, in tutta questa brutta storia, cosa pago davvero io? Pago la lotta, la guerra profonda che c’è tra i renziani… Una cosa tremenda… No, dico: ma ha visto come s’è comportata con me la Di Giorgi? Guardi che lei è una renzianissima della prim’ora, stava a Firenze con Renzi… Eppure…».
Continui.
«Beh, sì, insomma: così accanita, così spietata contro il mio ddl…».
E cosa avrebbe scatenato tante tensioni tra i renziani?
«La verità è che io pago le delusioni di molti… Ecco, sì».
Non capisco: le delusioni rispetto a cosa?
«Ma come rispetto a cosa? Pago le delusioni di chi, e sono tanti, nutriva forti aspettative nell’ultimo rimpasto di governo… Stavano tutti lì ad aspettare il premietto, una promozione… Chi voleva guidare una commissione, chi avrebbe voluto diventare sottosegretario… E allora sono scattate volgari ripicche, atteggiamenti assolutamente disgustosi sia in Aula che fuori».
Però anche alcuni suoi compagni di partito che provengono dal vecchio Pci, le hanno dimostrato una certa ostilità.
«Ma no, lasci stare. Uno come Migliavacca, ne sono sicura, mi avrebbe votato completamente tutto il “canguro”. E anche Sposetti… Uno molto rigido come lui, alla fine, davanti ad una legge così importante per il Paese, sono certa che non si sarebbe tirato indietro. Mi creda: pago le porcate che mi hanno fatto i renziani in guerra… contro i quali, come s’è visto, ho potuto purtroppo fare poco».
(Stiamo parlando nel salone Garibaldi, il transatlantico di Palazzo Madama. È in corso la riunione dei capigruppo che deciderà di far slittare di una settimana la discussione sul ddl per le unioni civili: e la senatrice Monica Cirinnà è qui, circondata dai rappresentanti della galassia Lgbt-Lesbiche Gay Bisessuali Transgender, che sono venuti a chiederle cosa sia realmente accaduto in Aula poche ora fa e che tra un po’, davanti alla buvette, ingaggeranno un coraggioso confronto con la grillina Paola Taverna. «A bbbello! Io le cosette che nun so’ democratiche… nun le votoooo! Io nell’incostituzionale nun ce scivolo». )
Senatrice Cirinnà, gira voce che lei abbia ricevuto sul telefonino addirittura degli sms da parte di esponenti del M5S, i quali le confermavano il totale appoggio in Aula…
«Sì. Purtroppo, è così. Si sono rimangiati tutto: non hanno avuto un filo di vergogna, di imbarazzo... Ma che modo di fare politica è?».
Le ha scritto anche il grillino Alberto Airola, quello che poi ha preso la parola in Aula, definendo inaccettabile l’idea di votare il cosiddetto canguro-Marcucci?
«Sì: pure Airola mi aveva spedito un sms, assicurandomi il suo sostegno. Che roba… Che roba… Comunque, sia chiaro: io mi prendo tutta la responsabilità di essermi fidata del M5S! Tutta ma proprio tutta… Chiudo la mia carriera politica con questo scivolone…» (poi, nel pomeriggio, preciserà: «Ma no, certo che non l’abbandono il campo di battaglia»)
Dicono che lei…
«No, aspetti: io mi prendo tutte le responsabilità, ma se qualcuno ha qualcosa da dire sul testo del ddl 20/81, si deve sapere da chi e come è stato scritto. Eravamo in tre: io e i senatori Giuseppe Lumia e Giorgio Tonini, nell’ufficio di Giorgio. E lì abbiamo finito di limare il testo, sui cui contenuti tutto il gruppo del Pd s’era impegnato. E s’era impegnato, diciamolo, perché le unioni civili e le adozioni sono nel programma elettorale del partito».
Ora cosa può accadere?
«Mi pare evidente che il testo non sia più centrale, è chiaro che ci sono pesantissime questioni politiche da risolvere e comunque io non lascio il mio nome su una legge schifezza».
Il Pd potrebbe tentare di ricucire con il Movimento 5 Stelle?
«Ricucire? No, mi ascolti bene: io ho un brutto carattere. E se qualcuno mi fa una storta, non gli parlo proprio più».
(I romani usano la parola “storta” in modo abbastanza intraducibile: è qualcosa che sta a metà tra la scorrettezza e la mascalzonata. Alla senatrice la parola scappa perché è nata a Roma 53 anni fa: e perché ci mette passione. Da sempre. Vent’anni in consiglio comunale, al Campidoglio: prima con i Verdi, poi con il Pd; battaglie politiche su temi forti: la tutela delle donne, il rispetto dell’ambiente, la difesa degli animali. Sposata con Esterino Montino, potente esponente del Pd romano ed ora sindaco di Fiumicino, vivono in una specie di fattoria con quattro cani, quattro gatti, due cavalle e una famigliola di asini. «Pensi il destino: io, una che ha passato una vita a difendere gli animali, mi ritrovo a dipendere da un canguro…»).
Fabrizio Roncone