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 2016  febbraio 17 Mercoledì calendario

LA NUOVA VITA DI BONERA AL VILLAREAL

Daniele Bonera arriva ai 35 anni, ne ha passati quasi 15 in serie A, gli ultimi 9 al Milan. «La squadra per cui tifavo da bambino, il sogno di una vita. Il calcio italiano mi ha trattato non bene, benissimo».
Poi l’offerta dal Villarreal.
«Non sapevo nemmeno come dirlo a mia moglie. Ho aspettato di tornare a casa la sera. Non ero granché certo che l’idea le sarebbe andata a genio. “Grande, andiamo!” è stata la sua risposta. Siamo partiti, e si è aperto un mondo. A me, nel calcio. A lei e ai ragazzi, ho due figli di 9 e 15 anni, come esperienza».
I paragoni a volte sono antipatici, però proviamoci.
«Qui al centro di tutto c’è il calcio, lo sport, il gioco. In Italia queste cose sono passate in secondo piano. Si parla per giorni delle designazioni arbitrali e il risultato è vissuto come un dramma, cosa che condiziona pesantemente la maniera di giocare, e persino quella di prepararsi».
Si spieghi.
«Anche la squadra più piccola qui prova a giocarsela. E per farlo ti serve un’intensità molto superiore a quella necessaria se pensi solo a difenderti. Il terzino deve fare su e giù e non salire solo se costretto, il centrale difensivo uscire con la palla e non spararla via, il centrocampista fare molti più metri per arrivare alla porta avversaria, l’attaccante abbassarsi a pressare e ripartire. Qui ho trovato un’intensità in allenamento alla quale non ero abituato. Non è una questione di metodo ma di mentalità. Questo atteggiamento dall’allenamento si riflette sul campo: il calcio diventa attrattivo».
E anche vincente: 3 trionfi recenti per la nazionale spagnola, in Europa dal 2000 i club della Liga hanno vinto 23 titoli, gli inglesi 6, noi 5, i tedeschi 3.
«Esatto, perché l’obiettivo comunque è la vittoria. E che arrivi attraverso il gioco. Non sono uno snob, parlo da appassionato: certe gare della Serie A sono difficili da digerire ed è un peccato per chi le gioca e per chi le vede. E dopo le partite, gli allenatori costretti a fare una marea d’interviste spesso rispondendo a domande sugli arbitri. Qui la tv paga uguale ma il tecnico fa solo la conferenza stampa. C’è un senso di leggerezza attorno al calcio che in Italia si è perduto».
Altre cose che le piacciono?
«Il trattamento e l’approccio dei canterani. In Italia quando arriva un ragazzo della Primavera non è preparato fisicamente. Qui è diverso: sono abituati a giocare a grande ritmo perché fanno campionati veri, non con i pari età. Tutto diventa più normale. Sei bravo? Giochi. E ai ragazzi questa fiducia fa benissimo».
Pentito di non essere venuto prima?
«Sì perché mi sarebbe piaciuto misurarmi con questo calcio a un’altra età. No perché il Milan era il mio sogno e l’ho realizzato. Ai giovani però dico di provarci, come fanno gli spagnoli che giocano ovunque».
Come vede il suo Milan?
«Meglio. Si è capito che ci vuole tempo e programmazione. Mihajlovic sta facendo un ottimo lavoro, chi sta davanti investe da anni sulla rosa: non puoi pensare di arrivare al livello di Juve e Napoli in pochi mesi».
Il Napoli che sfidate domani.
«Mi ha sorpreso. Sarri ha saputo far fare il passo decisivo a giocatori già buoni, Higuain su tutti, e ha grandi meriti. Loro partono favoriti, noi però ce la giochiamo. Sempre».