Pierluigi Diaco, Oggi 7/1/2016, 7 gennaio 2016
La matrona Paolo Villaggio
Intervista a Paolo Villaggio (e a Fantozzi) Paolo Villaggio dixit: «Il comico non diventa mai adulto, resta sempre un bambino». Insomma, se fosse vero che i comici non invecchiano nello spirito ma restano sempre allegramente attaccati al senso più ludico della vita, Villaggio farebbe eccezione a modo suo: ha appena compiuto 83 anni, veste come una matrona rigorosamente in divisa, si serve di scicchissimi apparecchi acustici per ascoltare le «fregnacce» di noi comuni mortali e in silenzio, esclusivamente in silenzio, sente il suono di quell’aldilà che più volte, in diretta tv, ha preso di petto quasi volesse sfidarlo. Quante volte abbiamo letto «Villaggio annuncia la sua morte in diretta televisiva», senza che il Signore Gesù sentisse l’urgenza di venirselo a prendere direttamente dentro lo schermo? Quante volte abbiamo ascoltato, dalla voce di Paolo, scomodare la morte, e deriderla, invocarla, provocarla al solo scopo di esorcizzarla e restituirla a tempi futuri? Tante immagino, come tante sono state le interviste concesse, «tutte noiose» dice lui, nelle quali ha snocciolato modi, tempi, date della sua lunga e felice carriera. Stavolta al bando curriculum, riconoscimenti, premi, film, successi teatrali, quelli televisivi, libri e trovate mediatiche. Stavolta si entra in casa sua con permesso e ci si ritrova dentro al suo stato d’animo senza licenza alcuna. Insomma, ti mantieni in vita per puro dispetto? «Io ho annunciato più volte la mia morte perché ho sempre avuto un interesse speciale a sopravvivere. Annunciare la morte è stato un modo banalissimo, quindi criticabile, per uscire sui giornali. Alimentare l’idea di stare sul punto di morte è stato uno strumento per celebrarmi e far parlar di me. Insomma, mi mantengo in vita perché, in fondo, voglio vivere». Quindi ti stai facendo intervistare perché finire sui giornali ti dà l’illusione dell’immortalità? «(Ride). Può darsi… Mi diverte parlare di me perché è un modo per narrare la mia biografia. E come sai, quando si racconta se stessi non si dice mai la verità. Soprattutto quando, come in questo caso, rispondo alle domande. La mia tendenza è quella di costruire risposte, inventarle, depistare l’interlocutore». Nel 1968 tenevi una rubrica sull’Europeo, «La domenica di Fantozzi». Oggi come sono le domeniche? «Le mie, quelle di Paolo, insignificanti. Quelle di Fantozzi, al contrario, sono sicuramente più interessanti di quelle di Villaggio. Fantozzi tutte le domeniche va ancora a fare la mangiata fuori porta con la famiglia, oppure fa la scampagnata con gli amici, insomma ha un piccolo gruppo di disperati con cui passare il suo tempo e con cui parlare di politica, male, e di calcio, un po’ meglio». Ma Villaggio e Fantozzi si sono mai odiati? «No, nel modo più assoluto. C’è un rapporto di riconoscenza reciproca. Io devo tutto al personaggio di Fantozzi. Infatti, io ho un vantaggio su molti miei colleghi di cui non faccio il nome: io ho già un posticino nei ricordi della gente, anche tra cinquant’anni. Perché Fantozzi è l’emblema dell’italiano medio sfigato e questo modo di essere, nel nostro Paese, non credo scomparirà facilmente». Ma Fantozzi vota per Renzi? «Sinceramente sì, perché non lo vedo impegnato né a destra né a sinistra. Lui è assolutamente rassegnato a subire, quindi quando ascolta Renzi e le sue promesse, si sente ingenuamente rassicurato». Villaggio invece il 18 Gennaio del 2013 ha dichiarato di essere un sostenitore di Grillo «Non me lo ricordo». Me lo ricordo io, però. «Credo di aver barato, perché avevo capito che l’onda di quel momento era quella della protesta a tutti e a tutto. Grillo è stato il comandante di quel tipo di protesta, è stato abile e furbo. Quando faceva il comico non faceva ridere e basta: funzionava nei suoi spettacoli perché parlava male dei politici. Negli anni ha messo a punto con una tecnica, provata per dieci anni nei teatri e nei palasport, le cose che piacevano di più alla gente che lo andava ad ascoltare. Questo repertorio lo ha usato in politica e ha avuto un successo popolare ed inaspettato. Recentemente ho avvertito la sua stanchezza, il suo volersi fare da parte. Comunque una cosa gli va riconosciuta: lui sarà ricordato come un politico geniale. Il suo aspetto comico, al contrario, sarà ricordato meno: ha preferito diventare un tribuno della plebe e non uno di noi con il dono di far ridere». E Renzi che repertorio ha usato per diventare presidente del Consiglio? «L’aspetto fisico, il giovanilismo e un po’ di simpatia. Ecco i suoi ingredienti: niente anziani, niente gobbi (anche se gli avrebbero portato fortuna), niente sordi e quindi ha messo in campo un aspetto apparentemente rassicurante». Quindi vitale? «Tanto vitale non direi, si comporta già come un vecchio politico. Sembra gioviale, ma sotto sotto deve essere una belva, altrimenti non si arriva a quei livelli». Com’è lo stato di salute del nostro Paese? «Discreto perché l’Europa va discretamente. C’è un errore di fondo, però: l’Unione Europea è fatta da un Nord molto ricco e da un Sud piuttosto povero. Questo contrasto fa sì che le cose non funzionino come dovrebbero. Si continua a mettere i poveri in una condizione debitoria». E tu sei ricco? «Io sono benestante anche se esserlo serve a fare cose più o meno interessanti, come andare a cena in un buon ristorante nel centro di Roma, oppure passare cinque giorni a Londra, o andare con un amico dall’altra parte del mondo e passare un periodo senza troppi pensieri o preoccupazioni». E l’amico di cui parli chi sarebbe? «L’unico amico che ho: Paolo Fresco (ex presidente Fiat, ndr), che è stato anche il mio compagno di banco». Hai solo un amico? «Sì, solo uno. Ho sempre pensato di essere una persona divertente da frequentare per il clima che riuscivo a creare, ma dal giorno in cui mi sono ritirato dalle notti romane, circa due anni fa, non ho trovato più nessuno di quegli amici occasionali che frequentavo. Oggi non esco più, prima uscivo tutte le sere e senza mai annoiarmi. Poi ho capito che Roma è una città che offre molto poco, soprattutto dal punto di vista umano». Cosa ti diverte oggi? «Mi diverte vedere qualche vecchio film in tv». E chi sono le persone a cui vuoi veramente bene? «Nell’ordine?» Come vuoi tu. «Nell’ordine: voglio bene a mia moglie, ai miei due figli, ai miei due cani».