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 2016  gennaio 07 Giovedì calendario

UNA TECNOLOGIA NOTA DAGLI ANNI ’50

Bomba atomica quella di Hiroshima o bomba a idrogeno quella tornata ora d’attualità, ma già sperimentata a iniziare dal 1952. Sono definizioni che fanno pensare agli atomi ma che più propriamente riguardano la fisica che avviene nel nucleo, la parte dove protoni e neutroni vengono tenuti insieme dalle forze, nucleari appunto, infinitamente più elevate di quelle che regolano il moto degli elettroni attorno ai nuclei. Le prime bombe atomiche erano a fissione: si parte con nuclei di atomi pesanti, l’isotopo 235 dell’uranio o l’isotopo 239 del plutonio, frammentati in nuclei di atomi più leggeri con produzione di energia e radiottività.
È importante che si sia riusciti a controllare il processo e difatti la fissione controllata è alla base del funzionamento dei reattori nucleari per la produzione di energia. Alla base del funzionamento della bomba a idrogeno ci sono invece i nuclei degli atomi più leggeri di cui disponiamo in natura, idrogeno, elio, litio e il processo fisico non è quello della fissione dei nuclei bensì della loro fusione. Perché avvenga la fusione tra nuclei bisogna che questi vengano forzati ad avvicinarsi sino a milionesimi di miliardesimi di metro.
Conseguenza della fusione è che, partendo ad esempio dal deuterio e dal trizio, isotopi che pesano due o tre volte più dell’idrogeno “normale”, si producono nuclei di atomi completamente diversi, quelli di elio che pesano quattro volte l’idrogeno. Il nuovo nucleo che si genera ha però una massa inferiore alla somma delle masse dei nuclei reagenti. La massa mancante viene trasformata in un’enorme quantità di energia poichè “moltiplicata” per la velocità della luce al quadrato secondo la relazione di Einstein E=mc2.
In una bomba a idrogeno la fusione avviene in modo incontrollato. Le altissime temperature e densità necessarie vengono “fornite” da una bomba a fissione “classica” posta all’interno di un contenitore insieme ad atomi leggeri che dà il via ad un’incontrollata successione di processi di fissione (nuclei pesanti) e fusione (nuclei leggeri). Tutto questo è spaventoso ma si consideri che il processo di fusione nucleare è quello che alimenta le stelle a cominciare dal nostro sole.
Se si riuscisse a controllare la fusione, così come si è fatto con la fissione, si risolverebbero i problemi energetici sul nostro pianeta con produzione di energia pressocché illimitata e con scorie radioattive limitate e localizzate. Questo ha motivato decenni di ricerca per il controllo della fusione termonucleare. Progetti importanti vengono portati avanti anche in Italia, ad esempio l’Enea lavora allo schema di un reattore a fusione dove il forte confinamento venga prodotto da intensi campi magnetici. Non si puòescludere che la soluzione possa essere fornita dalla parte meno energetica degli atomi, quella degli elettroni che regola l’assorbimento e l’emissione di luce. Il laser nasce da questi fenomeni e lo sviluppo della tecnologia laser consente oggi di concentrare per istanti brevissimi luce intensissima sulle piccolissime dimensioni di “goccioline” di atomi leggeri per la fusione. Si è appena dimostrata la possibilità di superare la soglia di un’energia prodotta superiore a quella consumata per il funzionamento del laser.
Accademico dei Lincei, fisico della Materia - Firenze, presidente Inrim - Torino