Guido Olimpio, Corriere della Sera 4/1/2016, 4 gennaio 2016
LA PSICOLOGA CHE INSEGUE GLI HACKER –
LA PSICOLOGA CHE INSEGUE GLI HACKER –
La minaccia è scaltra, si manifesta in tanti modi. Un impiegato di una banca posta su Facebook la foto del luogo dove si trova in vacanza. Un gesto semplice, di svago. Qualcuno mette il «mi piace» sotto l’immagine della spiaggia o della montagna, ma le sue intenzioni non sono amichevoli. Sa che la persona non è a casa e decide di fare una visita per impossessarsi di oggetti, magari di dati legati al lavoro della vittima. Informazioni che potranno poi essere usate da un hacker per organizzare un’infiltrazione all’interno di un istituto finanziario.
L’episodio citato è uno di quelli considerati da chi deve proteggere conti e clienti. Lavoro complicato perché il cyber crime è in crescita, alcune stime fissano a 500 miliardi di dollari i costi provocati dai banditi invisibili ma reali. Contro di loro si muovono task force, agenti, apparati. Uno di questi è diretto da Jennifer Spratley, 48 anni, americana, una delle responsabili anti-frode della Well’s Fargo. La sua storia è particolare perché nel background non c’è una conoscenza tecnica specifica.
Jennifer non è un ingegnere e neppure una maga dei computer. Ha studiato comunicazione e psicologia legata al mondo degli affari, aspetti dove è la persona il focus e non una macchina, un pc, un portatile, la rete che avvolge ogni aspetto. Il non essere esperta non le ha impedito però di assumere l’incarico e di ottenere risultati con una ricetta che è alla base di tutto: il lavoro di squadra unita alla decisione nelle mosse. Un buon leader non deve sapere tutto — è la tesi della Spratley —, l’importante è che sappia guidare le persone che gli stanno attorno, deve comprendere la loro missione e le attitudini dei collaboratori.
«A volte mi sono sentita incerta, insicura davanti a certi problemi — ha ammesso Jennifer — ma il responsabile della divisione tecnica mi ha sempre rassicurato dicendo: “È un bene, perché puoi vedere le situazioni con un occhio diverso, fai delle domande, vuoi capire meglio”» . Ossia va oltre l’approccio dello specialista che, ovviamente, è indispensabile nell’individuare le contromisure. Insieme alle «armi» di difesa serve però la consapevolezza dei pericoli, sempre più ampi.
Per questo il messaggio — come ha spesso insistito Jennifer Spratley — deve essere trasversale, riguarda i vertici di una banca come l’ultimo dei dipendenti. Da qui il consiglio a stare attenti a cosa si scrive sui social network, alle email trabocchetto, al materiale portato a casa, a certe leggerezze nei comportamenti, all’uso disinvolto delle chiavette Usb. Molte delle scorrerie recenti, con milioni di individui finiti nel mirino dei truffatori, sono iniziate con un innocuo messaggio di posta elettronica che chiedeva di cliccare su un link. Chi lo ha fatto ha aperto una breccia nel sistema interno permettendo ai ladri cibernetici di fare un grande bottino.
Colpi minori rispetto a quelli studiati da organismi statali, servizi nemici, bande di supercriminali. Gli Usa, negli ultimi due anni, hanno sofferto intrusioni massicce attribuite a gang dell’Est, a nordcoreani, russi, cinesi. Nessuna componente della società, dal settore militare strategico a quello privato, dalle assicurazioni sanitarie ai dipendenti federali, è stato risparmiato. A conferma di come la sfida sia globale.
Guido Olimpio