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 2015  dicembre 24 Giovedì calendario

UN ESERCITO DI NONNI CI HA SALVATI DALLA CRISI

Il welfare all’italiana? È un esercito di nonni che comprano le cotolette per i figli precari con la loro pensione, tirano su i nipotini che non trovano posto negli scarsi e carissimi nidi pubblici, li aiutano a fare i compiti di matematica nei pomeriggi in cui mamme e papà sono di turno. Se l’Italia ha retto la botta della crisi meglio di altri paesi è merito anche e soprattutto loro, lo ha ammesso persino il presidente della Repubblica (e nonno) Sergio Mattarella lo scorso 2 ottobre, naturalmente in occasione della Festa dei nonni. Ma attenzione, quello dei nonni è un welfare che non potrà durare in eterno, perché la demografia è contro di noi e i nipoti sono sempre meno, come d’altronde le pensioni. A spiegare i «Nuovi nonni» prova Anna Laura Zanatta, studiosa nonché nonna di cinque nipoti, che sulle mutazioni della famiglia ha scritto un lavoro interessante e documentato per il Mulino.
Quanti sono i nonni oggi in Italia?
«Dodici milioni. Un vero esercito: pensi che nel 1861, anno del primo censimento in Italia, gli over 65 erano il 5 per cento della popolazione, adesso sono il 20 per cento e questa percentuale è destinata ad aumentare ancora, man mano che diventano nonni i baby boomers».
Come è cambiato il ruolo dei nonni in un secolo?
«La loro importanza nella vita quotidiana è enormemente cresciuta perché si vive molto più a lungo e in buona salute, quindi si hanno molte più probabilità di un tempo di vedere crescere i propri nipoti. E anche enormemente diminuita la mortalità infantile, eppure oggi i bambini con meno di 5 anni sono meno che nel 1861».
Quindi le grandi famiglie tradizionali di un tempo dove convivevano tre generazioni sono un mito?
«In parte sì: è vero che nel mondo contadino le tre generazioni convivevano, a differenza di oggi, ma lo facevano per breve tempo, data l’altissima mortalità infantile e di anziani. Oggi è vero che viviamo nell’era della famiglia nucleare ma in realtà, almeno in Italia, nella maggior parte dei casi i figli quando diventano adulti non vanno mai a vivere troppo distanti dai genitori e i nipoti hanno molte occasioni di stare con i nonni».
Perché i figli in Italia non si allontanano mai troppo, a differenza di quanto accade nel resto del mondo?
«Per necessità: si è diffuso il lavoro femminile fuori casa e questo fenomeno, unito alla scarsità di servizi, fa sì che le donne – la cura è ancora molto delegata alle donne, tranne alcune eccezioni virtuose – quando decidono di fare figli, li affidino alle proprie madri. L’aiuto è reciproco perché le donne – sempre loro, sì – a loro volta aiutano i genitori quando diventano troppo anziani e non più autosufficienti».
L’Italia sacralizza la famiglia ma non la aiuta?
«Esattamente: nel nostro paese c’è molto familismo, molta retorica sulla maternità, ma scarsi servizi e soprattutto scarso sostegno economico».
A proposito di sostegno economico, i nonni in Italia non si limitano a fare da baby sitter, ma spesso danno concreti aiuti finanziari alle giovani famiglie: è vero?
«Sì, spesso le pensioni dei nonni pagano la spesa di genitori precari o licenziati: assistiamo negli ultimi anni a un fenomeno generalizzato di mobilità discendente. Mediamente la posizione sociale ed economica dei figli è più bassa di quella dei genitori, un’inversione di tendenza, perché fino agli anni Ottanta e Novanta era sempre stato il contrario».
Quindi anche il welfare dei nonni ha i giorni contati?
«Ah certo, se continua questo trend quando toccherà agli adulti di oggi fare i nonni non potranno garantire lo stesso aiuto che hanno ricevuto: la demografia è contro di noi, sempre meno lavoratori pagheranno per le pensioni dei loro genitori».
Vale a dire che un tempo c’erano moltissimi nipoti per un solo nonno, e ora a volte un solo preziosissimo nipote è conteso da quattro nonni?
«Sì, è un’esperienza sotto gli occhi di tutti: le generazioni attualmente in età feconda – tra i venti e i quarant’anni – hanno molti meno figli, soprattutto in Italia, e molto più tardi. La forbice di età tra nonni e nipoti si sta allargando».
I nonni sono garanti non solo del welfare ma spesso anche della continuità familiare, in anni di famiglie sempre più «liquide». Come mai?
«L’unione di coppia è sempre più debole e in molte separazioni sono i nonni a mantenere un senso di “casa” nei bambini, il che è fondamentale. Questo appoggio arriva più spesso dai nonni materni, perché di solito è la madre il genitore che convive con i figli, mentre rischia di indebolirsi la relazione con i nonni paterni, tanto che in Italia il diritto di relazione nonni-nipoti è riconosciuto giuridicamente. E poi si profila un nuovo pericolo...».
Quale?
«Le separazioni degli over sessanta. Ci sono sempre più donne che dopo aver passato anni ad accudire marito e figli, quando i ragazzi ormai adulti vanno fuori casa dicono basta e vogliono avere un po’ di tempo per sé. O uomini che di fronte a una prospettiva di vita più lunga pensano di poterla vivere in modo diverso, magari con una compagna più giovane».
Nonni che non hanno voglia di fare i nonni?
«Già, il che è del tutto legittimo proprio perché sessant’anni oggi non sono tanti e si è ancora in piena forma fisica e mentale. I giovani anziani sono una minoranza ma esistono: vogliono dedicarsi a se stessi, ai viaggi, ad attività piacevoli. Almeno per una parte del loro tempo. Senza dimenticare che ci sono, soprattutto in Europa, meno in Italia, nonni che lavorano ancora».
Lei sostiene che ci sono nonni di serie A e di serie B, come mai?
«Nella nostra cultura la nonna di serie A, inutile negarlo, è la mamma della mamma. Lo dico io che ho avuto tre figli maschi e cinque nipoti e sono sempre stata la nonna di serie B. Una donna quando diventa madre preferisce avere vicina sua madre, è anche una questione inconscia, di riconoscimento, di odori e sensazioni primordiali. In società più patriarcali la nonna dominante invece è la madre del padre».
I nonni sono anche sempre più globalizzati?
«Assistiamo a fenomeni diversi: ci sono i nonni di paesi più sfortunati dell’Italia, che restano in patria ad occuparsi per mesi e anni dei nipoti, mentre i genitori vengono da noi a cercare lavoro. Ci sono gli anziani del nostro paese che decidono di trasferirsi in paesi dove il costo della vita è più basso e con la pensione possono vivere molto meglio che in Italia. E poi – è un fenomeno degli ultimi tempi – ci sono i nonni italiani in trasferta. Le nuovissime generazioni sono più abituate a pensare su scala europea e non italiana, a trasferirsi, e spesso i nonni per un certo numero di mesi mollano tutto per aiutarli. Io stessa ho un figlio e un nipotino a Bruxelles e conto di andare lì in primavera».
Lei è una di quelle nonne che usa Skype per parlare con i nipoti?
«Certo, sono tantissimi i nonni che si sono avvicinati alle nuove tecnologie grazie ai nipoti. Le mutazioni sociali sono tante e mica necessariamente sempre negative: è un periodo storico di maggior insicurezza ma anche di maggiore elasticità. Una bella sfida per nonni e nipoti».