Stefano Lorenzetto, L’Arena 27/12/2015, 27 dicembre 2015
IL RITORNO DEI LUPI SUI MONTI VERONESI
Premessa: amo i lupi, quindi il lettore è pienamente avvertito circa i limiti di obiettività del presente articolo. Li amo perché sono magnifici, ardimentosi, perseguitati, e m’è dispiaciuto lunedì scorso apprendere dall’Arena che qualcuno su Facce e bocche, vulgo Facebook, ha brindato alla notizia che ne sarebbero stati uccisi due in Lessinia. Li amo ancor più dopo che un etologo, saputo che nella vita ho avuto una sola donna (Vittorio Messori non ci vuole credere, mi ha consigliato di scriverci un libro), anziché darmi del pirla ha paragonato la mia monogamia a quella del lupo, il quale resta fedele alla propria compagna persino dopo che essa è morta.
In passato mi divertivo a stupire i visitatori del Parco Natura viva, sul Garda, gridando a gran voce «Wooolf, Bellaaa» quando mi avvicinavo al recinto, apparentemente vuoto. Sulla sommità della collina, la coppia si materializzava come per incanto fra gli alberi e poi scendeva di corsa fino alla rete metallica. Un richiamo che ho imparato da Cesare Avesani Zaborra, proprietario dell’oasi protetta. Dal 2002 a oggi Wolf e Bella hanno messo al mondo sette lupacchiotti e forse si saranno anche stufati del visitatore gigione.
Il ritorno dei lupi sui monti veronesi fa discutere per via dei frequenti banchetti a base di animali al pascolo. Gli allevatori sono preoccupati non solo per i bovini, gli equini e gli ovini divorati, ma perché rischiano di ritrovarsi i famelici intrusi sull’uscio di casa. Ha un bel dire Daniele Zovi, comandante regionale del Corpo forestale dello Stato, quando invita la popolazione a mantenere la calma. Tanto per cominciare, egli non abita nel Veronese bensì sull’altopiano di Asiago. E poi è vero che «nel Triveneto non sono documentati da ben due secoli casi di aggressioni», come assicura Zovi, ma nel genoma delle genti lessiniche dev’essere rimasta ben viva la memoria del lupo che nel 1655, a Camposilvano, sbranò una montanara intenta a sciacquare i panni in una pozza vicino alla contrada Buse di Sotto, se non ricordo male l’iscrizione scolpita su un enorme cippo, con tanto di croce, nei pressi della Valle delle Sfingi. Trascorsi 360 anni, disponiamo tuttavia di qualche informazione in più per non temere di dover fare la fine della sventurata lavandaia. Vediamo.
Primo. In un anno le zanzare uccidono nel mondo 725.000 persone, i serpenti 50.000, i cani 25.000, le mosche tsetse 10.000, i coccodrilli 1.000, gli ippopotami 500, gli elefanti 100, i leoni 100, gli squali 10, i lupi 10. Dimenticavo, al secondo posto per pericolosità si piazzano gli uomini: ne ammazzano 475.000 (fonte: Bill Gates, fondatore di Microsoft).
Secondo. Dal XV al XIX secolo i lupi hanno provocato in Italia 77 vittime, di cui cinque per contagio da rabbia. Nessun attacco è stato segnalato negli ultimi 100 anni (fonte: Norsk institutt for naturforskning). Nel Veronese l’aggressione più recente ai danni di un uomo risale al 1825 (fonte: Tar del Veneto).
Terzo. A differenza dei cinghiali o delle nutrie, che hanno invaso i nostri territori per colpa della dissennatezza umana, i lupi non li ha paracadutati in Lessinia qualche associazione di zoofili picchiatelli a scopo di ripopolamento. Vi sono stati riportati dal buon Dio, dalla natura o dal caso (cancellare le opzioni che non interessano). Slavc è giunto dai Balcani, Giulietta dalla Francia. Il lupo infatti è un animale erratico, capace di coprire in pochi mesi distanze chilometriche impensabili.
Quarto. Slavc e Giulietta, con i loro 14 cuccioli (sette nati nel 2014 e sette quest’anno), sono provvisoriamente residenti in quello che viene chiamato Parco naturale regionale della Lessinia. Non vogliamo più averli fra i piedi? Allora per coerenza dobbiamo anche abolire il parco o, almeno, quella pomposa dizione abusiva, «naturale».
Sarò onesto: se abitassi sulle nostre montagne, temo che finirei per provare gli stessi sentimenti di ostilità espressi da chi già sopporta immani fatiche per mantenere vivo l’allevamento in alta quota. Siccome abito a fondovalle, mi sgravo la coscienza sapendo di finanziare, da contribuente, gli indennizzi che la Regione paga fin dal 2006, pari al 100 per cento del valore dei capi predati, oltre al rimborso totale dei costi di smaltimento delle carcasse.
Insomma, il portafoglio degli alpigiani non soffre. Perciò sarei tentato di aderire alla comunità «Io sto con i lupi della Lessinia», che conta già 3.500 adepti su Facebook (non bazzicando Facce e bocche, sto a quello che mi viene riferito). Prima però dovrei accertare la percentuale dei lessinici facenti parte della combriccola. Altrimenti non vale.
Certo è che noi italiani siamo imbattibili nell’estremizzare. C’è chi plaude all’anonimo investitore che sulla strada da Passo Fittanze ad Ala si sarebbe «prodigato con numerose manovre e retromarce» a spiaccicare un povero lupo appena investito, chi tifa per l’asino che ne avrebbe fatto fuori un altro a Velo sferrandogli un calcio, chi inneggia all’ordinanza che autorizzava a sparare ai lupi per scopo difensivo nel territorio del Comune di Verona (poi bocciata dal Tar) e chi, come Mario Messi, si vanta d’aver creato «il miracolo genetico» (ipse dixit) di far nascere il lupo italiano, classificato come canis lupus italicus familiaris.
Mi capitò d’intervistare Messi, presidente dell’Etli (Ente tutela lupo italiano), a Cumiana, nel Torinese. La storia che mi raccontò sembrava tratta da un film di JeanJacques Annaud: «Un cacciatore trovò una cucciola di lupo in provincia di Rieti. Stava in una tana: accanto, altri cuccioli e la loro mamma, morti. Se la portò a casa e la allattò con il biberon. Mi chiamò a vederla. Un amore. Intorno ai 2 anni e mezzo, la feci accoppiare con un pastore tedesco. La lupa partorì una cucciolata. Selezionai il più lupo fra quegli strani cagnolini: Zorro. Un esemplare perfetto. Era il 1966. Zorro coprì due o tre femmine di pastore tedesco, selezionate accuratamente. Poi, scartati i maschi, sposai le femmine figlie di Zorro con il loro papà».
Il risultato di questi incroci innaturali fu il disciplinare del registro anagrafico ufficiale del lupo italiano, approvato dal ministero dell’Agricoltura nel 1994, il quale stabilisce che solo l’Etli può autorizzare gli accoppiamenti. Chi tiene in affido un lupo italiano è tenuto a impedire gli amplessi involontari. Robe da matti.
Un decreto del presidente della Repubblica ha sancito fin dal 1987 la non commerciabilità del lupo italiano. Tutti gli esemplari vengono affidati unicamente alle unità cinofile di carabinieri, polizia, Corpo forestale e Protezione civile. Nel 1998 i sepolti vivi dell’alluvione di Sarno vennero tirati fuori dai lupi italiani Ari e Clea. Nel 1992 fu Lougy, affidato a Jocelyne Pointeau, volontaria francese dell’Action d’urgence internationale, a individuare e salvare un ferito che era sotto le macerie da quattro giorni dopo il terremoto del Cairo. Perciò non venitemi a parlare del lupo cattivo.
L’aspetto più sconcertante di tutta la faccenda è questo: Slavc e Giulietta scorrazzano in Lessinia dal 2012 e in questi tre anni non vi è stato un solo amministratore pubblico che abbia sentito il dovere d’interpellare, pur avendolo in casa, il veronese più esperto di lupi, il padre adottivo di Wolf e Bella, quel Cesare Avesani citato all’inizio, un biologo che accudisce 1.250 animali di 256 specie diverse, responsabile di una struttura unica in Italia, dove 130 persone si prendono cura del maggior numero di esemplari dichiarati a rischio d’estinzione dall’Unione mondiale per la conservazione della natura.
Eppure qualche suggerimento intelligente il titolare del Parco Natura viva avrebbe potuto darlo. Innanzitutto mi ha spiegato che i lupi mangiano vacche e pecore, prede facili, per pigrizia: basterebbe delimitare le aree di pascolo con recinzioni elettriche più moderne per costringerli a dare la caccia a volpi, marmotte, lepri, tassi, donnole, topi e altri roditori. «Esistono segnali sonori dissuasivi molto efficaci, regolati da un software che li modifica in continuazione», ha specificato. Invece di pagare gli indennizzi per le manze dilaniate, la Regione non può stanziare i contributi per installare questi impianti? Alla lunga risparmierebbe.
Poi Avesani mi ha chiarito che i lupi, cibandosi anche di ungulati selvatici di grossa taglia, svolgono una funzione ecologica rilevantissima. Non a caso il numero dei cinghiali nel Veronese si sta drasticamente riducendo. Ho visto con i miei occhi, in Val Bormida, quali danni possono provocare all’ambiente questi suidi: niente è in grado di fermarli, il castigo biblico delle cavallette, al confronto, fu poca cosa.
Ho chiesto ad Avesani se i lupi siano pericolosi per l’uomo. Risata: «L’unico caso recente di presunta aggressione, esaminato dal professor Mauro Delogu del dipartimento di scienze mediche veterinarie dell’Università di Bologna, s’è rivelato una panzana. L’esame del Dna ha dimostrato che la persona ferita era stata attaccata da un cane dopo aver violato una proprietà privata».
Sparare ai lupi può essere una soluzione? Qui Avesani ha raggiunto le vette del lirismo: «Hanno diritto di vivere sul pianeta, esattamente come noi bipedi. Gliel’ha conferito il Creatore. Non vi è alcuna emergenza che giustifichi il ricorso ai fucili. Se pensiamo di salvare l’umanità sterminando le altre creature, non andremo molto lontano». Non c’è nulla da aggiungere.
LORENZETTO Stefano. 59 anni, veronese. È stato vicedirettore vicario del Giornale, collaboratore del Corriere della sera e autore di Internet café per la Rai. Scrive per Panorama, Arbiter e L’Arena. Ultimi libri: Buoni e cattivi con Vittorio Feltri e L’Italia che vorrei (entrambi Marsilio).
LORENZETTO Stefano. 59 anni, veronese. Prima assunzione a L’Arena nel ’75. È stato vicedirettore vicario di Vittorio Feltri al Giornale, collaboratore del Corriere della sera e autore di Internet café per la Rai. Scrive per Panorama, Arbiter e L’Arena. Quindici libri: Buoni e cattivi con Vittorio Feltri e L’Italia che vorrei (entrambi Marsilio) i più recenti. Ha vinto i premi Estense e SaintVincent di giornalismo. Le sue sterminate interviste l’hanno fatto entrare nel Guinness world records.