Sergio Rizzo, Corriere della Sera 27/12/2015, 27 dicembre 2015
QUELLA BUVETTE PANORAMICA SUL TETTO DEL PALAZZACCIO
Il nuovo primo presidente della Corte di cassazione Giovanni Canzio, fresco di nomina da parte del plenum del Consiglio superiore della magistratura, troverà il benvenuto sul tetto del Palazzaccio.
A Roma chiamano così, da sempre, la sede della suprema corte edificata fra il 1889 e il 1911 sulla sponda destra del Tevere, dirimpetto a piazza Navona. Dal progetto dell’architetto Guglielmo Calderini era scaturita una costruzione tanto gigantesca e pesante che sessant’anni dopo essere stata inaugurata avrebbe rischiato di sprofondare se non si fosse fatto ricorso a imponenti opere di consolidamento. In grado oggi di reggere, ne siamo sicuri, anche qualche decina di quintali in più.
Tanti, in questi giorni di festa, se ne stanno ammassando sulla parte più bella del palazzo, quella da cui si gode la vista più spettacolare: Castel Sant’Angelo pare di toccarlo e il Cupolone è sullo sfondo.
In quel punto, su una spaziosa piattaforma sopraelevata, sta sorgendo la grande struttura metallica della quale, per la verità, non è ancora possibile apprezzare la forma compiuta. Anche se le sembianze non sono di sicuro quelle di un ambiente lavorativo. Accanto alla struttura principale è stato collocato pure un locale chiaramente funzionale alla destinazione del corpo di fabbrica principale. Che ha tutta l’aria di essere realizzato per ospitare la futura roof-buvette della Cassazione.
Non che all’interno del Palazzaccio manchi un bar o un posto ristoro. Ma c’è una bella differenza fra un bitter bevuto appoggiati al balcone e un aperitivo sorseggiato invece seduti comodamente al tavolino su un terrazzo esclusivo che domina il centro di Roma. Con uno scenario urbano così suggestivo, capace di far passare ogni malinconia generata da un lavoro psicologicamente massacrante come l’amministrazione della giustizia. E la Cassazione, poi, con le responsabilità che oggi comporta il terzo grado di giudizio.
Ci sono soltanto un paio di problemini. Intanto i soldi. Duecentomila, trecentomila, o quattrocentomila euro? Quanto costa quella elegante e leggiadra struttura di ferro (e vetro, possiamo immaginare)? Si è fatta una gara d’appalto? Chi paga, considerando tanto più le condizioni economiche della giustizia italiana? Potremmo continuare. Ma il problema del denaro e di tutto il resto rischia di essere addirittura irrisorio rispetto agli altri interrogativi che sorgono spontanei guardando le immagini.
Chi ha dato i permessi per costruire una cosa del genere sulla terrazza di un edificio vincolato, in una città dove è nel modo più categorico vietato (e giustamente) aumentare le cubature storiche? O forse si è fatto ricorso a quelle normative speciali che consentono di realizzare opere in deroga a qualunque legge, anche quelle che tutelano i centri storici e i beni vincolati, per ragioni di sicurezza? Ragioni di sicurezza per la buvette dei magistrati di Cassazione?
Domande che esigono risposte. Sarà lo stesso ritornello («è tutto in regola») con cui l’amministrazione di palazzo Madama replicò undici anni fa a un articolo del Corriere con il quale il nostro Giuseppe Pullara aveva denunciato la comparsa di un ristorantino abusivo sulla terrazza della biblioteca del Senato, a pochi metri in linea d’aria dalla cupola del Pantheon?
Di sicuro sembra una storia gemella di quella che raccontiamo oggi, e non soltanto per la collocazione della presunta buvette . Perché come i senatori fanno le leggi, i magistrati hanno il compito di farle osservare. E davanti alla legge, dice l’articolo 3 della costituzione, tutti i cittadini «sono eguali». Senatori e magistrati compresi.