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 2015  dicembre 23 Mercoledì calendario

PERSICOPIO

In Europa i tedeschi finiscono in minoranza. L’ultima volta, scoppiò la Seconda guerra mondiale. Gianni Macheda.

Appurato che le diete e basso tenore di grassi aumentano rabbia e depressione, vado a mangiarmi due ciccioli. Camillo Langone. Il Foglio.

Nel 1993 Ferdinand Piëch entrò all’Audi, un marchio al tempo senza gloria, e trasformò l’azienda partendo da un motore che aveva lui stesso sviluppato. La Audi Quattro fu l’inizio del cambiamento che l’ha portata a competere con Bmw e Mercedes. Danilo Taino. Corsera.

Pietà! Faccio appello alla vostra sensibilità con l’autorità morale derivante dai miei 115 chili: vi prego, non invitatemi a pranzi e cene prenatalizi, neppure con la scusa minimalista del «mangiare un boccone insieme», tanto lo sapete benissimo che poi diventa una cofana di roba. Ma come? Ci stiamo avvicinando sì o no al periodo più ipercalorico e più ipercolesterolemico dell’anno? E allora che senso ha anticiparlo con questa ressa di appuntamenti conviviali organizzati da amici, parenti, colleghi, autorità varie, persino medici? Che moda insensata è mai questa di convocare banchetti prim’ancora che il Bambino sia nato, che Santo Stefano sia stato commemorato, che l’anno vecchio sia finito, che quello nuovo sia spuntato, che l’Epifania tutte le feste si sia portata via? Freniamo, fratelli! Stefano Lorenzetto. l’Arena.

Secondo i dati forniti dal ministro del Welfare albanese Erio Veliaj, nel 2014 sono entrati in Albania 22 mila italiani (l’80% per ragioni economiche). Altri 1.700 italiani hanno il permesso permanente per motivi di lavoro. Niccolò Zancan. La Stampa.

Il populismo è un atteggiamento basato su una mentalità che tende a dividere il mondo in due componenti: i buoni da un lato, i cattivi dall’altro. Con una forte componente moralista secondo cui i cattivi sono corrotti, prepotenti, d’élite mentre tra i buoni c’è il popolo disingannato, maltrattato dall’establishment, dall’élite culturale e mediatica. E l’unico modo per risolvere questa divisione è affidarsi alle virtù taumaturgiche di un capo che interpreta i bisogni della gente comune e sconfigge le pratiche della minoranza che opprime per i suoi interessi. Quindi c’è un leader salvifico e c’è una visione manichea, tra puri e impuri, corrotti e onesti. Piero Ignazi, docente di politica comparata all’università di Bologna (Virginia della Sala). il Fatto.

Dante ha sedotto mezzo Novecento. Ricordo che Elsa Morante lo leggeva nei suoi ultimi anni. Cesare Garboli riprese a commentarlo fino all’ultimo dei suoi giorni. Pasolini, seguendo Gianfranco Contini, il più dantesco dei nostri critici, scelse per la sua poesia il «plurilinguismo» e lo «sperimentalismo» di Dante. Giorgio Caproni scelse un’espressione del decimo canto dell’Inferno come titolo di uno dei suoi libri migliori: Il muro della terra. Alfonso Berardinelli, critico letterario. Il Foglio.

Lo scrittore Carlo Castellaneta bazzicava nella Milano della cultura, dice il figlio Dario, 38 anni, nato dall’ultima moglie: «Sono andato via a 18 anni dalla città per studiare filosofia a Padova e ho vissuto a Milano con mio padre nell’adolescenza, dai 14 anni in poi. Era come se volesse trasmettermi dei punti fermi: i concerti al Conservatorio, La Scala, i teatri, le mostre alla Fondazione Mazzotta, ma anche San Siro, per vedere una partita, o l’Ippodromo perché suo padre un tempo ci giocava. Non ci rimase male quando lasciai la città che lui amava tanto. Non mi ostacolò mai, anche se anni dopo, in certi momenti di difficoltà, mi è tornato in mente un detto che lui usava spesso: «Chi volta el cùu a Milan, le volta al pan» (chi volta le spalle a Milano, le volta al pane, ndr.). Alessandra Beretta. Corsera.

Mi sono domandato milioni di volte se avessi agito veramente in modo diverso se fossi stato al corrente di tutto sul nazismo. La risposta che mi do è sempre la stessa. «Avrei continuato ad aiutare Hitler a guadagnare la sua guerra, in qualsiasi modo fosse stato possibile». Questa confidenza fatta da Albert Speer nel 1979, due anni prima della sua morte, testimoniava a che punto era il suo rispetto per il suo Führer che arrivava fino all’adorazione. In effetti, già davanti al tribunale di Nuremberg, Hess aveva rilasciato questa dichiarazione fracassante. «Se Hitler avesse avuto degli amici sarei sicuramente stato uno dei suoi intimi». Albert Speer, Au coeur du Troisième Reich. Pluriel, 2010.

Il ’68 è stato il primo anno del nuovo mondo. E poi il Vietnam che non finiva mai, gli attentati a Monaco, la pillola e il divorzio. Senza tanto clamore la chiesa sembrava essere scomparsa dall’orizzonte quotidiano: era come se avesse prestato servizio troppo a lungo e si trovasse usurata da due millenni di preghiere, di messe e di processioni, i cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Annie Ernaux, Gli anni. L’Orma.

Grossman corre all’indietro verso la sua città natale, Berdicev, dove i tedeschi e i collaborazionisti ucraini hanno ucciso 20 mila ebrei. E Varsavia, Treblinka, viene a conoscere l’inferno di quel che accadde nel lager nazista, un milione di morti nelle camere a gas e la rivolta dei prigionieri. L’articolo di Grossman fu citato come una terribile fonte credibile al processo di Norimberga. E ancora, il ghetto di Lódz, le vendette dei soldati sovietici, gli stupri delle donne tedesche, l’antisemitismo neppure troppo velato dei burocrati stalinisti. Vasilij Grossman, romanziere russo, Uno scrittore in guerra. Adelphi (Corrado Stajano). Corsera.

Quando fuggi dal tuo paese devi far di tutto per non dimenticare chi sei stato e noi venivamo da una famiglia di ebrei slovacchi. Bratislava un tempo si chiamava Pressburg. Da lì veniamo. La genealogia è stata per un lungo periodo la mia ossessione. Ho avuto intrecci familiari interessanti. Siamo imparentati con Marx, la cui madre era una Pressburger, con Heine, il cui bisnonno discendeva da noi, e perfino con Husserl: sua cugina Eva sposò e restò vedova di Giacomo Pressburger. Ma la cosa che più mi colpisce sai qual è? È la storia di Dora Markus. Giorgio Pressburger, scrittore. Antonio Gnoli. la Repubblica.

I preconcetti ci difendono, ci fanno pensare di essere dalla parte giusta. Natalia Aspesi. il venerdì.

Vorrei prendere un punto dell’infinito, ma non so da che parte cominciare. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 23/12/2015